C'è una triste realtà nella vita di noi esseri umani: non solo siamo capaci di fare il male contro Dio e contro noi stessi, ma spesso, con accresciuta malvagità, coinvolgiamo gli altri nel nostro male, induciamo altri ad essere complici del nostro peccato. Ai nostri giorni assistiamo sgomenti a forme molto subdole di adescamento, che non risparmiano neanche i più piccoli e indifesi. Il Pontefice si è sentito personalmente confuso ed umiliato per gli scandali perpetrati anche da alcuni sacerdoti. Il Signore condanna severamente gli scandali e dice: «Chi scandalizza uno di questi piccoli che credono, è meglio per lui che gli si metta una macina da asino al collo e venga gettato nel mare». Poi passando al male che ognuno di noi può compiere con se stesso, usando gli organi del proprio corpo, afferma: «Se la tua mano ti scandalizza, tàgliala: è meglio per te entrare nella vita monco, che con due mani andare nella Geenna, nel fuoco inestinguibile. Se il tuo piede ti scandalizza, tàglialo: è meglio per te entrare nella vita zoppo, che esser gettato con due piedi nella Geenna. Se il tuo occhio ti scandalizza, càvalo: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, che essere gettato con due occhi nella Geenna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue». Vengono citati mani, occhio, piedi a mo' d'esempio, ma tutto il nostro corpo deve essere sempre considerato come tempio sacro dello Spirito in cui inàbita la divinità. San Paolo esortava così i primi cristiani: «Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale». Troviamo in queste sacrosante verità ulteriori motivi per convincerci della sacralità del nostro corpo, fermo restando il primato indiscutibile della nostra anima, dotata di immortalità. Senza fare del facile e futile moralismo, sarebbe ora che anche i mass-media facessero la dovuta pulizia, se non altro, per non svilire ciò che è dono, vita, corpo, spirito. In buona misura dipende però anche da ciascuno di noi: pare sia vero che ad ogni popolo viene dato ciò che più desidera e risulta più facilmente appetibile.
Come pregare? «Alcuni chiesero al padre Macario: "Come dobbiamo pregare?". L'anziano rispose loro: "Non c'è bisogno di dire vane parole, ma di tendere le mani e dire: - Signore, come vuoi e come sai, abbi pietà di me. Quando sopraggiunge una tentazione, basta dire: - Signore, aiutami!. Poiché egli sa cosa è bene per noi e ci fa misericordia".
L'UMILTÀ Il dodicesimo gradino dell'umiltà si sale quando il monaco non solo è umile nel suo cuore, ma anche nell'atteggiamento esteriore dà sempre prova di umiltà a chi lo osserva; e cioè: durante l'Ufficio divino, in chiesa, all'interno del monastero, nell'orto, per via, nei campi, dappertutto insomma, stando seduto o camminando o in piedi, tiene sempre il capo chino e lo sguardo fisso a terra; ritenendosi sempre colpevole per i suoi peccati e i suoi vizi e vedendosi già comparire di fronte al tremendo giudizio di Dio; e ripete continuamente in cuor suo ciò che, con gli occhi fissi a terra, diceva il pubblicano del vangelo: «Signore, non sono degno io peccatore di alzare gli occhi al cielo» (cf. Lc 18,13); e ancora col profeta: «Mi sono curvato e umiliato fino all'estremo» (Sal 37,9 Volg.).