La liturgia della parola di questa domenica è molto ricca e molto attuale. Mosè afferma che la parola di Dio è molto vicina all'uomo. Non occorre andare a cercarla lontano perché essa è nel suo stesso cuore, nella sua coscienza. Nella seconda lettura San Paolo, scrivendo ai Colossési, rivela la vera essenza della persona di Gesù, immagine del Dio invisibile. Per mezzo di Lui sono state create tutte le cose. Egli è prima di tutto e tutte le cose sussistono in Lui. Nella parabola del buon samaritano Gesù ci presenta un esempio meraviglioso di amore verso il prossimo, anzi verso il nemico. Come il dottore della legge, anche noi siamo tentati a volte a chiederci: Chi è il mio prossimo? Siamo pronti a dimostrarci pieni di preoccupazione per le persone lontane, per i bisognosi del mondo, per combattere la fame nei vari continenti... senza poi accorgerci che intorno a noi, forse tra i nostri familiari o parenti vi sono di quelli ai quali neghiamo amore, aiuto e comprensione. È facile amare chi è lontano che non disturba la nostra vita... ma quanto è difficile donarci disinteressatamente a chi vive al nostro fianco che con le proprie esigenze potrebbe portare pesanti cambiamenti ai nostri programmi di vita. Voglia il Signore aprirci gli occhi! Ogni uomo è nostro prossimo perché figlio dello stesso Padre, ma la nostra carità e comprensione deve iniziare in famiglia, nella comunità, tra i parenti, nelle nostre associazioni, in parrocchia e così estenderci sempre di più in tutte le direzioni. Accade spesso che uscendo di casa ci mettiamo una maschera di perbenismo da cui ci liberiamo appena rientrati tra le mura domestiche dove ci sentiamo in dovere di essere nervosi, irascibili, intrattabili. Quale ipocrisia! Gesù ce la rimprovera pesantemente come a moderni farisei...
Un monastero si era ridotto in tutto all'abate e a quattro monaci, già anziani. L'abate, disperato, pensò di chiedere consiglio a un saggio rabbino suo amico. «Vi posso solo dire - rispose costui - che il Messia è tra voi». I monaci, udito questo, cominciarono a trattarsi l'un l'altro con straordinario rispetto e venerazione, poiché c'era la possibilità che sotto l'apparenza di uno di essi si nascondesse il Messia. La fama di quello straordinario amore fraterno si diffuse e alcuni visitatori cominciarono ad arrivare al monastero, curiosi di vedere quel luogo privilegiato. Poi ne arrivarono altri. Dopo qualche tempo, uno di loro chiese di entrare nell'Ordine. A questo seguirono altri, sempre più numerosi. In pochi anni, il monastero diventò un meraviglioso centro di amore fraterno e un focolare di nuove vocazioni...
PROLOGO ALLA REGOLA DI SAN BENEDETTO Dobbiamo dunque costituire una scuola del servizio del Signore; e nell'organizzarla noi speriamo di non stabilire nulla di penoso né di pesante. Se tuttavia, per giuste ragioni, si dovrà introdurre anche qualcosa un pochino più dura per correggere i vizi e conservare la carità, tu non lasciarti subito prendere dallo spavento, così da abbandonare la via della salvezza, la quale all'inizio non può essere che stretta. Ma col progredire nella vita monastica e nella fede, il cuore si dilata e si corre nella via dei comandamenti di Dio (cf. Sal 118,32) con una dolcezza d'amore inesprimibile. Cosicché, non allontanandoci mai dal suo magistero e perseverando nel suo insegnamento in monastero fino alla morte, possiamo partecipare mediante la pazienza alle sofferenze di Cristo, per meritare di condividere anche il suo regno.