Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire, Bassano Romano (VT)  
10 - 16 Luglio 2016
Tempo Ordinario XV, Colore verde
Lezionario: Ciclo C | Anno II, Salterio: sett. 3

Commento alle Letture

Domenica 10 luglio 2016

Chi è il mio prossimo?

La liturgia della parola di questa domenica è molto ricca e molto attuale. Mosè afferma che la parola di Dio è molto vicina all'uomo. Non occorre andare a cercarla lontano perché essa è nel suo stesso cuore, nella sua coscienza. Nella seconda lettura San Paolo, scrivendo ai Colossési, rivela la vera essenza della persona di Gesù, immagine del Dio invisibile. Per mezzo di Lui sono state create tutte le cose. Egli è prima di tutto e tutte le cose sussistono in Lui. Nella parabola del buon samaritano Gesù ci presenta un esempio meraviglioso di amore verso il prossimo, anzi verso il nemico. Come il dottore della legge, anche noi siamo tentati a volte a chiederci: Chi è il mio prossimo? Siamo pronti a dimostrarci pieni di preoccupazione per le persone lontane, per i bisognosi del mondo, per combattere la fame nei vari continenti... senza poi accorgerci che intorno a noi, forse tra i nostri familiari o parenti vi sono di quelli ai quali neghiamo amore, aiuto e comprensione. È facile amare chi è lontano che non disturba la nostra vita... ma quanto è difficile donarci disinteressatamente a chi vive al nostro fianco che con le proprie esigenze potrebbe portare pesanti cambiamenti ai nostri programmi di vita. Voglia il Signore aprirci gli occhi! Ogni uomo è nostro prossimo perché figlio dello stesso Padre, ma la nostra carità e comprensione deve iniziare in famiglia, nella comunità, tra i parenti, nelle nostre associazioni, in parrocchia e così estenderci sempre di più in tutte le direzioni. Accade spesso che uscendo di casa ci mettiamo una maschera di perbenismo da cui ci liberiamo appena rientrati tra le mura domestiche dove ci sentiamo in dovere di essere nervosi, irascibili, intrattabili. Quale ipocrisia! Gesù ce la rimprovera pesantemente come a moderni farisei...


NEL NOSTRO MONASTERO ORDINAZIONE DIACONALE DEI MONACI DON ALESSANDRO E DON MAURIZIO

IMPOSIZIONE DELLE MANI E PREGHIERA DI ORDINAZIONE

Quindi l'eletto si avvicina al vescovo, che sta in piedi alla sede con la mitra in capo, e si inginocchia davanti a lui. Il vescovo impone le mani sul capo dell'eletto senza dire nulla. Poi, mentre l'eletto sta in ginocchio davanti al vescovo, questi, senza la mitra, con le braccia allargate canta o dice:

Dio onnipotente, sorgente di ogni grazia, dispensatore di ogni ordine e ministero, assistici con il tuo aiuto.
Tu vivi in eterno e tutto disponi e rinnovi con la tua provvidenza di Padre. Per mezzo del Verbo tuo Figlio, Gesù Cristo nostro Signore, tua potenza e sapienza, compi nel tempo l'eterno disegno del tuo amore.
Per opera dello Spirito Santo tu hai formato la Chiesa, corpo del Cristo, varia e molteplice nei suoi carismi, articolata e compatta nelle sue membra; così hai disposto che mediante i tre gradi del ministero da te istituito cresca e si edifichi il nuovo tempio, come in antico scegliesti i figli di Levi a servizio del tabernacolo santo.
Agli inizi della tua Chiesa, gli apostoli del tuo Figlio, guidati dallo Spirito Santo, scelsero sette uomini stimati dal popolo, come collaboratori nel ministero. Con la preghiera e con l'imposizione delle mani affidarono loro il servizio della carità, per potersi dedicare pienamente all'orazione e all'annunzio della parola. Ora, o Padre, ascolta la nostra preghiera: guarda con bontà questo tuo figlio, che noi consacriamo come diacono perché serva al tuo altare nella santa Chiesa.
Ti supplichiamo, o Signore, effondi in lui lo Spirito Santo, che lo fortifichi con i sette doni della tua grazia, perché compia fedelmente l'opera del ministero.
Sia pieno di ogni virtù: sincero nella carità, premuroso verso i poveri e i deboli, umile nel suo servizio, retto e puro di cuore, vigilante e fedele nello spirito.
L'esempio della sua vita, generosa e casta, sia un richiamo costante al Vangelo e susciti imitatori nel tuo popolo santo. Sostenuto dalla coscienza del bene compiuto, forte e perseverante nella fede, sia immagine del tuo Figlio, che non venne per essere servito ma per servire, e giunga con lui alla gloria del tuo regno.
Egli è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.

Apoftegmi - Detti dei Padri

Un monastero si era ridotto in tutto all'abate e a quattro monaci, già anziani. L'abate, disperato, pensò di chiedere consiglio a un saggio rabbino suo amico. «Vi posso solo dire - rispose costui - che il Messia è tra voi». I monaci, udito questo, cominciarono a trattarsi l'un l'altro con straordinario rispetto e venerazione, poiché c'era la possibilità che sotto l'apparenza di uno di essi si nascondesse il Messia. La fama di quello straordinario amore fraterno si diffuse e alcuni visitatori cominciarono ad arrivare al monastero, curiosi di vedere quel luogo privilegiato. Poi ne arrivarono altri. Dopo qualche tempo, uno di loro chiese di entrare nell'Ordine. A questo seguirono altri, sempre più numerosi. In pochi anni, il monastero diventò un meraviglioso centro di amore fraterno e un focolare di nuove vocazioni...


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

PROLOGO ALLA REGOLA DI SAN BENEDETTO

Dobbiamo dunque costituire una scuola del servizio del Signore; e nell'organizzarla noi speriamo di non stabilire nulla di penoso né di pesante. Se tuttavia, per giuste ragioni, si dovrà introdurre anche qualcosa un pochino più dura per correggere i vizi e conservare la carità, tu non lasciarti subito prendere dallo spavento, così da abbandonare la via della salvezza, la quale all'inizio non può essere che stretta. Ma col progredire nella vita monastica e nella fede, il cuore si dilata e si corre nella via dei comandamenti di Dio (cf. Sal 118,32) con una dolcezza d'amore inesprimibile. Cosicché, non allontanandoci mai dal suo magistero e perseverando nel suo insegnamento in monastero fino alla morte, possiamo partecipare mediante la pazienza alle sofferenze di Cristo, per meritare di condividere anche il suo regno.

Prol.45-50.