Ci associamo anche noi ai due discepoli, che lasciato il Cenacolo, s'incamminano verso Èmmaus. I due stanno andando in senso contrario e stanno percorrendo un tratto di sette miglia, una distanza incolmabile! Eppure Gesù si affianca a loro; è pronto ad andare anche con coloro che si stanno allontanando dal Cenacolo, dalla comunione dei fratelli, dalla Chiesa. Da risorto non smette di essere il Pastore buono che va in cerca delle pecore smarrite. Egli sente il loro chiacchiericcio su tutto quello che era accaduto. Parlano di un morto e non si accorgono che il risorto è con loro: «Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo». Di Lui sanno soltanto dire che «I sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi l'hanno crocifisso». Egli, con divina sapienza, devìa prima i loro discorsi, li illumina ricorrendo alle divine scritture, fa rinascere in loro la speranza e fa loro toccare con mano che il Cristo, che loro considerano morto da tre giorni, è veramente colui che è venuto «a liberare Israele». Non basta aver visto un sepolcro vuoto, aver ascoltato la testimonianza delle donne che vanno dicendo che Gesù è vivo, non convincono neanche le testimonianze degli altri discepoli perché «Hanno trovato come avevan detto le donne, ma lui non l'hanno visto». Fin quando non si entra in un rapporto personale con il Signore, le verità che lo riguardano, possono sconvolgerci, stupirci, ma non generano ancora la vera conversione e l'autentica convinzione che sboccia solo con la fede. Questa sgorga in tutta la sua intensità quando lo riconoscono nello spezzare il pane; questo gesto è solo di Cristo, gli uomini impareranno da Lui a ripeterlo nel sacrificio eucaristico e nella concretezza della carità cristiana. La parola, il pane e la condivisione nella carità di Cristo aprono gli occhi ai ciechi! Accade ancora oggi, nelle celebrazioni che facciamo nelle nostre chiese e in quelle che si cèlebrano nello stesso amore per le strade del mondo. Sono queste le esperienze che fanno ardere il cuore nel petto, che nutrono abbondantemente ed efficacemente la nostra fede. Questa è ancora la via per farci desiderare che il Risorto resti sempre con noi, soprattutto quando cala la sera e il timore del buio ci assale. È ancora questa la via sicura per tornare al Cenacolo, alla comunione con i fratelli, per diventare testimoni veraci e credibili: «Partirono senz'indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane».
Fu domandato a un anziano: «Come avviene che io mi scoraggi senza tregua?». «Perché non hai ancora visto la meta», rispose.
QUALE DEVE ESSERE IL CELLERARIO DEL MONASTERO Come cellerario del monastero sia scelto uno dei membri della comunità che sia saggio, maturo, sobrio, non mangione, non superbo, non turbolento, non insolente, non gretto, non prodigo, ma pieno di timor di Dio e che sia come un padre per tutta la comunità. Abbia cura di tutti; non faccia nulla senza il consenso dell'abate; si attenga agli ordini ricevuti. Non contristi i fratelli; se per caso uno di loro gli chiede qualcosa fuori posto, non lo rattristi respingendolo con disprezzo, ma con buone ragioni e con umiltà dica di no alla sua richiesta inopportuna. Abbia cura della propria anima, memore sempre di quel detto dell'apostolo che chi avrà ben servito si acquisterà un grado onorifico (1 Tm 3,13). Riservi ogni premura con la massima sollecitudine specialmente agli infermi, ai fanciulli, agli ospiti e ai poveri, ben sapendo che di tutti questi dovrà rendere conto nel giorno del giudizio.