Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire, Bassano Romano (VT)  
18 - 24 Gennaio 2015
Tempo Ordinario II, Colore verde
Lezionario: Ciclo B | Anno I, Salterio: sett. 2

Commento alle Letture

Giovedì 22 gennaio 2015

Con la sua morte, Gesù ci ha salvati.

Oggi, nel nostro Monastero festeggiamo San Vincenzo, Diacono e Martire. Per comodità dei nostri lettori inseriamo il commento alle letture del giorno e non a quelle della solennità che può essere reperita sul sito. Da alcuni giorno stiamo seguendo la Lettera agli Ebrei. Oggi l'autore sacro ci spiega che l'originalità del sacerdozio di Cristo è radicata nella sua persona: è santo, innocente, senza macchia, separato dai peccatori ed elevato sopra i cieli; e si manifesta nell'efficacia della sua mediazione salvifica: non ha bisogno di offrire sacrifici per i propri peccati e ha offerto se stesso per noi una volta per sempre nella sua morte. Ed ora, trasfigurato nella sua umanità, vive presso Dio. Perciò è in grado di intercedere per noi, suoi fratelli. A questo punto si innesta la parte centrale della mediazione sul modo di attuazione del sacerdozio di Gesù. Esso si svolge come mediazione di salvezza universale e piena nel santuario celeste, quello della sua umanità gloriosa. Il tempio o la tenda con la relativa liturgia terrena del popolo ebraico erano solo un'anticipazione profetica di questa nuova e definitiva liturgia celeste, attuata da Gesù, sacerdote per eccellenza. Gesù ha vissuto per fare la volontà di Dio: morire a ciò che è disumano e far crescere l'umanità in noi come Dio l'ha creata. Diventare uomini comporta questo morire, opponendosi a ciò che è disumano. Dio non chiede di rinunciare ad essere uomini, ma di esserlo veramente, vivendo come Gesù, uomo perfetto. Questo è il nostro traguardo sulla terra per, grazie all'intercessione di Cristo Signore, avere LA Vita.


Nel nostro Monastero: Solennità di San Vincenzo M., Patrono della chiesa e del monastero.

...Per loro io consacro me stesso, perché siano anch'essi consacrati nella verità.

Nel cosiddetta preghiera sacerdotale, Gesù prega il padre per i suoi discepoli e per il mondo intero. È una preghiera stupenda e ricca di spunti. Solo Gesù poteva pregare il Padre in modo così intimo e profondo; è una preghiera che diventa efficace. Gesù consacra se stesso, la sera prima della sua Passione. Gesù, Figlio di Dio e figlio dell'uomo è l'unico che può consacrare, con la sua divinità la sua umanità. Il suo essere uomo non toglie nulla alla sua divinità e Gesù lo ribadisce proprio quando sta per compiere il gesto della donazione totale; è in questo atto supremo che Gesù può consacrarsi; Lui il Figlio di Dio, il Santo per eccellenza, intende qui specificare il suo essere divino e la sua donazione che rende possibile questa consacrazione. La Sua gloria sarà manifesta proprio nel momento dove la sua umanità sembra sconfitta nell'atto totale di dono. È dono totale e Gesù lo dice; non ha bisogno di essere consacrato; lo fa «per loro», per i suoi discepoli e per noi tutti. Egli prega il Padre perché i suoi discepoli siano consacrati nella verità. Gesù può consacrare, il Padre può consacrare e al Padre Egli affida i suoi discepoli. La consacrazione è nella verità; Gesù si è proclamato Via, Verità e Vita. La consacrazione nelle verità è la consacrazione nel Suo nome. È un affidamento totale, compiuto in modo totale da Gesù e richiede la stessa nostra consacrazione; cioè la stessa nostra donazione. La preghiera al Padre è preghiera efficace ma è invito, è partecipazione, è appello definitivo, per i suoi discepoli e per noi. È invito a partecipare alla sua Croce nella nostra donazione ed è appello per la nostra vita.

Apoftegmi - Detti dei Padri

"Un fratello chiese ad un anziano: 'Come trovare il Nome del mio Signore Gesù Cristo?'. L'anziano gli disse: 'Se tu non ami prima la fatica, non puoi trovarlo'".

Si giunge, paradossalmente, ad amare la fatica, non in sé, ma guardando alla meta.

Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

QUALE DEVE ESSERE L'ABATE

Sappia l'abate che si è assunto l'incarico di guidare le anime e perciò deve prepararsi a renderne conto; e di quanti fratelli egli sa affidati alle sue cure, sia ben certo che nel giorno del giudizio dovrà appunto rendere conto a Dio di tutte e singole queste anime, compresa naturalmente la sua. E così, nel continuo timore dell'esame che, quale pastore, subirà circa le anime a lui affidate, mentre si dà pensiero per il rendiconto altrui, si fa sollecito per il proprio; e mentre con i suoi ammonimenti bada alla correzione degli altri, egli stesso viene emendandosi dei propri difetti.

Cap.2,37-40.