Gesù è solo sul monte a pregare. Bisogna ogni tanto cercare solitudine e silenzio per entrare in comunione vera con Dio e sperimentare la profondità della preghiera. Quando poi Egli scende dai suoi non soffre più i condizionamenti della natura: cammina sulle acque e non è un fantasma. Pietro invece che è ancora legato alla pesantezza della sua umanità ed è forse appesantito anche da una dose di presunzione, al soffiare del vento, rischia di affondare nelle acque del mare. Anch'egli allora deve pregare, deve lanciare il suo grido di aiuto: "Signore, salvami". È confortante il gesto immediato di Gesù in risposta alla preghiera di Pietro: "E subito Gesù tese la mano...". Questa mano tesa verso di noi è ormai il segno visibile della sua redenzione, della sua misericordia, del suo aiuto continuo. Occorre la luce speciale della fede, quella di cui Pietro fa difetto, per comprendere che la mano di Gesù è infinitamente più forte del vento che àgita le onde, di tutte le difficoltà o tentazioni che possono affliggerci. La stessa fede che può convincerci che Dio non è nel vento impetuoso, non è nel terremoto, ma nel mormorìo di un vento leggero: Egli si rivela essenzialmente nella pace profonda del suo amore infinito. Lo stesso amore che spinge l'apostolo Paolo a desiderare le pene peggiori pur di essere di giovamento per il suo popolo. Ancora una volta è la fede che interviene ed opera sapientemente nell'apostolo: "Passa la scena di questo mondo". Resta l'inestimabile dono della divina adozione a figli come caparra di vittoria e di risurrezione finale. Quanto è urgente per tutti noi riscoprire l'inestimabile valore della preghiera, alimento indispensabile alla nostra fede, luce e lampada ai nostri passi verso la meta finale, capacità di discernere i valori per i quali dobbiamo spendere le energie migliori!
«Abba Poemen ha riportato queste parole di abba Ammone: "Un uomo passa tutto il suo tempo a portare la scure e non riesce ad abbattere l'albero; c'è un altro invece che è esperto nel tagliare e con pochi colpi lo fa cadere". E diceva che la scure è il discernimento».
L'UMILTÀ Quindi, fratelli, se vogliamo toccare la vetta della più grande umiltà, se vogliamo giungere velocemente alla esaltazione celeste a cui si sale attraverso l'umiltà della vita presente, dobbiamo innalzare, ascendendo con le nostre azioni, quella scala che apparve in sogno a Giacobbe e per la quale egli vide angeli che scendevano e salivano (cf. Gen 28,12). Per noi quel discendere e quel salire stanno senz'altro a significare che con la superbia si discende e con l'umiltà si sale.