Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire, Bassano Romano (VT)  
03 - 09 Agosto 2014
Tempo Ordinario XVIII, Colore verde
Lezionario: Ciclo A | Anno II, Salterio: sett. 2

Commento alle Letture

Giovedì 07 agosto 2014

La fede interpella tutta la nostra esistenza.

Con questo passo del vangelo di Matteo si entra in un punto cruciale dello svolgimento della narrazione e del discorso sul Regno. L'identità di Gesù appare sfocata benché vi siano state parole e fatti che l'abbiano manifestata. Tuttavia, per gli altri rimane un grande profeta, un taumaturgo. La persona di Gesù, anche per coloro che ne hanno fatto esperienza diretta resta contraddittoria, indefinibile. C'è qui però la risposta di Pietro che dà una svolta decisiva e pone Gesù come il Messia, il Salvatore. Ma l'affermazione di Pietro non ha niente a che fare con una semplice comprensione psicologica o amicale, essa si pone su un altro livello. Il Cristo lo si può conoscere e proclamare, come sottolineerà lo stesso Gesù, solo attraverso la fede e la luce che ci viene da questa. La profondità del Cristo ci è rivelata lungo un cammino che passa per la croce e ci conduce alla pienezza della conoscenza. Questo è sottolineato dal fatto che nel medesimo passo è detto che Gesù inizia a parlare apertamente della sua passione. L'esperienza di fede non è una passeggiata senza impegno, ma interpella tutto il nostro essere e richiede una risposta (di vita) che non può essere vaga!


Apoftegmi - Detti dei Padri

Io non temo più Dio, lo amo. Perché l'amore caccia il timore.

Antonio

Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

L'OBBEDIENZA DEI DISCEPOLI

Facciamo quel che dice il profeta: «Ho detto: veglierò sulla mia condotta per non peccare con la mia lingua; ho posto un freno alla mia bocca mentre l'empio mi sta dinanzi; sono rimasto in silenzio, mi sono umiliato e ho taciuto anche di cose buone» (Sal 38,2-3 Volg.). Qui il profeta ci mostra che, se per amore del silenzio dobbiamo alle volte astenerci dai discorsi buoni, tanto più per la pena del peccato, dobbiamo evitare quelli cattivi. Pertanto, per custodire la gravità del silenzio, ai discepoli perfetti si conceda raramente il permesso di parlare, fosse pure di argomenti buoni, santi ed edificanti; poiché sta scritto: «Nel molto parlare non eviterai il peccato» (Pr 10,19); e altrove: «Morte e vita sono in potere della lingua» (Pr 18,21).

Cap.6,1-5.