E' una pagina di Vangelo che fa sempre bene leggere, perché anima profondamente la nostra speranza. La descrizione della situazione iniziale ci pone in un contesto ecclesiale: i discepoli, lasciati soli, sono nelle tenebre, sono esposti all'assalto di forze avverse. Anche loro, come ogni uomo, troveranno sicurezza e protezione solo in Gesù. "Il mare era agitato perché soffiava un forte vento". I fatti ci insegnano che molto spesso veramente il mare è agitato. L'esistenza è quella che è; abbiamo problemi, difficoltà, sofferenze di ogni genere e continuiamo a sentirci soli. A questo punto la nostra fede può porsi delle domande a cui non sa dare una adeguata risposta. Dov'è Gesù? Perché Dio non interviene nelle nostre cose o nelle situazioni difficili di tanti poveracci? "Dopo aver remato circa tre o quattro miglia, videro Gesù che camminava sul mare e che si avvicinava alla barca, ed ebbero paura". Ai discepoli affaticati e spaventati che lo vedono giungere, il Signore dice: "Io sono". E' una frase tipica con la quale Gesù rivela il suo vero essere, qualificandosi come presente e operante per il bene dei suoi, come già nell'Antico Testamento Dio si era rivelato a Mosè, accingendosi a compiere la grande opera di liberazione. Gli apostoli avevano bisogno di un segno per riconoscere la divinità e non restare invischiati in concezioni messianiche terrestri. D'altra parte dovevano perdonargli di non voler essere il loro re, secondo le loro aspirazioni; dovevano prepararsi all'estremo insuccesso della croce. Il miracolo dei pani, del vangelo di ieri, rievocava e compiva quello della manna. Il camminare sulle acque, richiama il passaggio del Mar Rosso. E Gesù stesso ne fornisce l'interpretazione, dicendo: "Io sono". Nelle vicende umane la fede deve sempre far risuonare quel: "Io sono".
Un fratello interrogò un anziano: «Che fare? Una moltitudine di pensieri mi fa guerra e non so come resistere». Disse l'anziano: «Non lottare mai contro tutti, ma contro uno solo. Poiché tutti i pensieri degli uomini hanno una testa sola. Bisogna dunque esaminare quale sia realmente quell'unico pensiero e quale la sua natura, poi lottare contro di esso. Allora tutti gli altri pensieri perderanno la loro forza».
QUELLI CHE GIUNGONO TARDI ALL'UFFICIO DIVINO O ALLA MENSA Quando è l'ora dell'Ufficio divino, appena si sente il segnale, si lasci subito quanto si ha tra le mani e si corra con la massima sollecitudine, ma sempre con gravità, per non dare adito alla leggerezza. Nulla quindi si anteponga all'Opera di Dio. Se qualcuno alle Vigilie notturne arriverà dopo il Gloria del salmo 94 - che appunto per questo vogliamo sia detto in modo molto pacato e lento - non occupi in coro il posto suo, ma se ne stia all'ultimo oppure in disparte, in un posto che l'abate avrà destinato proprio per tali ritardatari, in modo che sia visto da lui e da tutti, fino a che, terminato l'Ufficio divino, dia soddisfazione con una pubblica penitenza.