Immagini di grandezza, di potenza e di gloria ci accompagnano quando pensiamo ai regni umani e ai grandi della terra. Gesù viene ancora una volta a sconvolgere i nostri pensieri dicendoci che il Regno di Dio, infinito nella sua grandezza e in tutte le sue perfezioni e simile a un granellino di senapa gettato nell'orto. L'infinitamente grande diventa infinitamente piccolo! È un monito per noi che siamo caduti nel peccato a causa della superbia per le nostre manie di grandezza. Ci dice chiaramente che se volgiamo far parte di quel Regno di redenti e di salvati da Cristo dobbiamo sprofondarci negli abissi dell'umiltà vera, diventare come bambini, puri e semplici come colombe. Ci stupisce che poi questa ci venga indicata come la via certa per conseguire la vera grandezza agli occhi del Signore. Quel piccolo seme, quasi invisibile, diventerà un albero fecondo. È la grandezza che s'identifica con la santità. Questo è un discorso che nel nostro mondo risuona arduo e perfino assurdo agli orecchi di molti. È troppo intensa e senza tregua la sfida che abbiamo ingaggiato da tempo per primeggiare l'uno sull'altro. Pare che la virtù dell'umiltà oggi sia quasi improponibile anche perché, tra l'atro, viene spesso confusa con la debolezza o la pusillanimità. La seconda immagine del Regno è il lievito nella massa. Qui il linguaggio di Cristo diventa estremamente impegnativo per noi perché il lievito siamo noi, piccola porzione di eletti in una massa che attende di fermentare nel bene sotto gli impulsi convincenti del buon esempio. Per far questo non possiamo e non dobbiamo far affidamento nelle nostre forze, che risulterebbero inevitabilmente inefficaci, ma solo nella grazia divina che ci fortifica e faconda. Una grande responsabilità e un grande impegno, ma anche un innegabile privilegio ci ha dato Cristo. I primi dodici hanno cambiato la storia del mondo... e noi?
Un monaco egiziano disse a un anacoreta siriano, tutto eccitato, che voleva andare in città a vedere un santo che operava miracoli e che, con la sua preghiera, risuscitava i morti. L'altro monaco, sorridendo disse: "Che strane abitudini avete da queste parti: chiamate santo chi piega Dio a fare la propria volontà. Da noi invece, chiamiamo santo chi piega la propria volontà a quella di Dio".
COME DEVONO FARE LA SODDISFAZIONE GLI SCOMUNICATI Chi per una colpa grave è scomunicato dall'oratorio e dalla mensa, quando nell'oratorio sta per terminare l'Opus Dei, si metta prostrato a terra, davanti alla porta, senza dire nulla, ma soltanto se ne stia prostrato lì, col capo a terra, chino ai piedi di tutti i fratelli che escono dall'oratorio. E così faccia finché l'abate non avrà ritenuta sufficiente la soddisfazione. Quando poi l'abate lo farà entrare, egli si getti ai piedi dell'abate e quindi ai piedi di tutti, perché preghino per lui.