Gesù riporta questa frase dell'Antico Testamento al termine di una ennesima controversia con i farisei. Abbiamo sentito nel vangelo come si sono scandalizzati contro i discepoli di Gesù che in giorno di festa coglievano spighe per sfamarsi. I farisei erano certi di essere nel giusto, di fare la volontà di Dio perché compivano alla lettera le innumerevoli prescrizioni legali. Ma questo non è saggezza evangelica, non è caratteristica cristiana. Dio si è manifestato come liberatore e vuole che il nostro slancio verso di lui sia obbedienza, ma non un'obbedienza legalistica ma piuttosto l'obbedienza dei figli, l'obbedienza figliale. Noi siamo obbedienti ai suoi comandamenti proprio perché egli ci ha reso liberi, capaci di conoscere le situazioni, capaci di giudicarle, capaci di prendere le decisioni giuste per il bene nostro e degli altri. Il Signore vuole che viviamo nella carità ed ogni precetto, ogni comandamento è subordinato ad essa. Così la nostra vita renderà testimonianza a lui, Dio che crea gli uomini liberi.
Ad un Abba chiesero: cosa è la rabbia? E lui rispose: è una punizione che noi diamo a noi stessi per l'errore di qualcun altro.
QUALE DEVE ESSERE L'ABATE L'abate pertanto non deve insegnare né stabilire né ordinare nulla che sia contrario - ciò non sia mai! - alla legge del Signore; ma i suoi comandi e i suoi insegnamenti infondano nell'animo dei discepoli un fermento della giustizia divina. Ricordi sempre l'abate che tanto della sua dottrina quanto dell'obbedienza dei discepoli, di tutte e due le cose si farà un esame rigoroso nel tremendo giudizio di Dio.