La natura ci viene incontro. Nella creazione che parla del suo creatore troviamo gli esempi per spiegare quello che è infinitamente più grande di noi. È il Signore stesso che invita a guardarci intorno per poterci guardare dentro con più chiarezza. La similitudine della vite e dei tralci non lascia spazio ad equivoci: noi da soli non portiamo frutto e il legame vitale tra noi e il Signore è costituito da una dolce e insostituibile dipendenza. La grazia trasforma tronchi insignificanti in sostegni ammirabili... le foglie di una vite rigogliosa nascondono le brutture di un legno consumato dalle intemperie e lo rendono gradevole agli sguardi di chi attende di nutrirsi di frutti sugosi e abbondanti. Se il tralcio non svolgesse più il ruolo assegnatogli, quei frutti verrebbero meno! "Rimanere" è un invito a perseverare, ad essere fedeli, perché la nostra vita abbia un significato. Essere fedeli alla vocazione a cui Dio ci ha chiamati, con il pensiero sempre rivolto a Lui, realizza in noi il desiderio del Signore, ovvero vivere con i suoi stessi sentimenti di bontà, di misericordia, di carità. È un invito a trovare posto nel suo cuore, in adorazione, ringraziamento, contrizione. Il Signore non ci nasconde che quei grappoli maturi saranno premuti, ma ci fa comprendere che il succo che ne uscirà sarà vino salutare per molte anime assetate di Verità, giustizia e di amore puro. È l'offerta di sé che la nostra Chiesa attende...
L'Abba Hor disse al suo discepolo: Bada di non portare mai in questa cella le parole di un altro.
NORME PER L'ACCETTAZIONE DEI FRATELLI Allora se, dopo matura riflessione, promette di osservare tutto e di obbedire a ogni comando che riceverà, sia accolto nella comunità, ben sapendo che anche l'autorità della Regola stabilisce che da quel momento non gli è più lecito uscire dal monastero, né scuotere il collo dal giogo della Regola che in sì lungo periodo di riflessione era libero di rifiutare o di accettare.