"Voi sapete ciò che è accaduto", ...e "noi siamo testimoni"; è la sintesi dell'evento centrale della storia, della nostra storia. È l'evento che diventa per sublime eccellenza "il giorno che ha fatto il Signore", per cui ci rallegriamo ed esultiamo. È la Pasqua, la nostra Pasqua. Per ognuno finalmente risorge la visione, la speranza e la ricerca delle "cose di lassù, dove è Cristo seduto alla destra di Dio". Ci è chiara finalmente l'ultima mèta della nostra esistenza, la nostra vera patria. È il momento in cui sentiamo l'abbraccio di Dio, che ci accoglie come figli. Si rotola la pesante pietra dal sepolcro e si riaprono per noi le porte del Cielo. Gesù, l'uomo Dio, il Verbo che si è fatto carne, ha subito la crudele passione causata dal peccato del mondo, ma oggi vivo appare a Maria di Màgdala, la peccatrice redenta e già risorta, chiamata a rappresentarci come eredi della stessa sorte. Corrono al sepolcro Pietro e Giovanni, il sepolcro è vuoto, il peccato è stato redento, la morte ha subito una definitiva sconfitta: Cristo Signore è vivo, è risorto e noi con Lui. I due discepoli delusi e con loro tutti i titubanti di oggi e di ogni epoca, tutti coloro che non camminano con la chiesa, non hanno fatto esperienza dell'amore di Dio che rigenera, che privi della lampada della fede, vanno in senso contrario per sette miglia, hanno ormai la fondata speranza che il risorto si affianchi a loro, li illumini con la luce della parola rivelata, li convinca definitivamente nel gesto mirabile dello spezzare il pane. Il gesto del Risorto che la chiesa è chiamata a celebrare e testimoniare nei secoli: la chiesa che annuncia la verità di Dio, la chiesa che celebra il Risorto sugli altari del mondo e lo testimonia ovunque con la carità operosa e fattiva che sfama e racconta la risurrezione e la vita più di ogni altro discorso. Gesù ci chiede la fede nella sua risurrezione, ma vuole che i suoi siano portatori di vita e di risurrezione per ogni uomo: il cristiano risorto è e deve essere già da questa vita un cantore dell'amore di Dio, della sua infinita misericordia, un annunciatore di una festa perenne che si celebra in cielo e in terra per ogni ritorno, per ognuno che risorge, ogni volta che un figlio di Dio viene fuori dal sepolcro del suo peccato, esce dalla miseria, dall'abbandono, si sente amato soccorso e consolato e risorge con Cristo e con la schiera dei credenti. Per questo la Pasqua si celebra ininterrottamente, non dura un giorno: è si legata al tempo, ma è già entrata da quel primo radioso mattino nell'ambito dell'eternità. È il memoriale sempre vivo, sempre vero, eternamente efficace, da vivere ora nella speranza e come già posseduto nella fede.
Un guerriero dal passato piuttosto torbido chiese ad un anacoreta se pensava che Dio avrebbe mai potuto accogliere il suo pentimento. E l'eremita, esortato che l'ebbe con molti discorsi, gli domandò: «Dimmi, ti prego, se la tua camicia è lacerata, la butti via?...» «No», rispose l'altro: «la ricucio e torno ad indossarla.» «Dunque», soggiunge il monaco, «se tu hai riguardo al tuo vestito di panno, vuoi che Dio non abbia misericordia per la sua immagine?»
QUELLI CHE GIUNGONO TARDI ALL'UFFICIO DIVINO O ALLA MENSA E nessuno ardisca prendere alcunché di cibo o di bevanda prima o dopo l'ora stabilita. Se però il superiore offre qualcosa a un fratello e questi la rifiuta, quando poi desidera ciò che prima ha rifiutato o altro, non riceva assolutamente nulla, finché non si sia sufficientemente emendato.