È interessante cercare di mettere insieme gli ammonimenti e le promesse che Cristo ci sta offrendo in questi giorni di immediata preparazione alla santa Pasqua: egli si è definito «Io sono», luce del mondo, acqua che rigenera, risurrezione e vita, verità che rende liberi. Sono le grandi affermazioni che ci sta proponendo come motivi di fede e di salvezza. Sono anche chiari preannunci della sua e nostra risurrezione. La prima sovrana libertà Gesù la conferma già in se stesso, nei suoi comportamenti: egli non tace e non si ritrae dinanzi alla minacce e alle assurdità dei suoi avversari. La verità va affermata e difesa; per le verità di Dio poi dobbiamo essere pronti anche a rischiare la vita. Egli non dubita di creare scompiglio nelle menti ottuse dei suoi avversari, privi di fede, quando afferma di esistere prima di Abramo e ancor più quando, riprendendo la parola con cui Dio si era manifestato a Mosè, dichiara di essere «Io sono», cioè uguale al Padre nella sua divinità. Come è vero che, senza la fede, tutto ciò che è divino e soprannaturale trascende ogni umana comprensione per cui tutto ci appare assurdo e ci colma solo di sbigottimento. Ecco perché Gesù è la luce del mondo, luce che irradia in profondità lo spirito dell'uomo, lo adorna del dono della fede e ne esalta e vivifica tutte le potenzialità elevandole alla serena accettazione di tutto ciò che Egli è e di tutto ciò che ci rivela. L'orgoglio, la presunzione di conoscere, di sapere, di comprendere anche l'incomprensibile alla mente umana, sono il nemico dichiarato della fede. È allora che l'errore attecchisce come gramigna nel cuore dell'uomo e lo rende sterile e schiavo. Quando poi i nostri occhi sono chiusi alla luce di Dio possiamo definirci tranquillamente già morti dentro. Gesù invece ci dichiara: «In verità, in verità vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà mai la morte». Egli parlava evidentemente della morte dello spirito e della vita dell'anima, che trascende la fine del nostro corpo votato alla corruzione. Il nostro compito primario rimane ancora quello di preparare il terreno al seme sempre buono e fecondo della parola di vita.
L'abba Antonio scrutava la profondità dei giudizi di Dio; e domandò: «Signore perchè alcuni muoiono dopo breve vita, mentre altri giungono all'estrema vecchiezza? Perché alcuni mancano di tutto, e altri abbondano di ogni bene? Perchè i malvagi sono ricchi, e i buoni schiacciati dalla povertà?». Una voce gli rispose: «Antonio, occupati di te stesso: questi sono i giudizi di Dio e non ti è utile capirli».
LA MISURA DEL CIBO Nel caso si fossero eseguiti lavori più pesanti, l'abate avrà piena facoltà, se lo ritiene opportuno, di aggiungere qualcosa, purché assolutamente non si arrivi all'intemperanza e il monaco non sia colto dall'indigestione; nulla infatti è tanto sconveniente a ogni cristiano quanto l'ingordigia, come dice il Signore nostro: «State bene attenti che i vostri cuori non si appesantiscano per l'eccesso di cibo» (Lc 21,34). Ai fanciulli più piccoli non si dia la stessa quantità di cibo, ma inferiore a quella degli adulti; e in tutto si conservi la sobrietà. Quanto poi alle carni di quadrupedi, tutti se ne astengano in modo assoluto, ad eccezione di coloro che sono molto deboli o ammalati.