Nella grande veglia pasquale del Sabato santo il diacono o lo stesso celebrante, nel preconio, canta: «O felice colpa, che meritò di avere un tanto nobile e grande redentore!». In queste parole troviamo la sintesi della nostra storia. Ci ricordano la nostra colpa con cui ci siamo allontanati da Dio. Ci ricordano soprattutto il suo intervento misericordioso, che culmina con la venuta di Cristo e la sua immolazione sulla croce per tutti noi. La misericordia è un
dono gratuito, immeritato, che sgorga soltanto ed unicamente dall'amore infinito del Signore, un amore che non si arresta dinanzi al peccato, anzi, assume una intensità inattesa e insperata, proprio quando l'amore è offeso e ripudiato. Senza l'esperienza del peccato non avremmo mai potuto scoprire a fondo e tanto meno sperimentare, l'amore che perdona gratuitamente. Entrare nell'essenza stessa di Dio. Per questo, rasentando l'assurdo, osiamo dire «felice colpa!». Sulla scia di questa esperienza e di questa memoria, oggi ci sentiamo ripetere da Gesù: «Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro». Non possiamo impunemente essere fruitori di perdono da parte di Dio e poi negarlo ai nostri fratelli. Ogni volta che leggiamo la parabola del servo ingrato, suscita sdegno in noi il suo comportamento, servo al quale viene condonato un grosso debito e che poi lui afferra per il collo un suo conservo, che gli doveva solo pochi spiccioli. Noi rischiamo lo stesso comportamento quando, perdonati da Dio per i nostri debiti, non li rimettiamo ai nostri debitori. Gesù ci mette in guardia dai pericoli che insorgono spontaneamente in noi come pretesti per negare il perdono al nostro prossimo: sono il giudizio e la condanna. Mettiamo in atto soltanto la nostra povera logica e trasformiamo il perdono cristiano in codice penale. A quel punto la misura dell'amore diventa minuscola e volontariamente ci priviamo della misericordia divina: «Perché con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio». La grettezza dello spirito è capace di distruggere l'amore.
Un anziano disse: «Lo sforzo e la sollecitudine di non peccare hanno un solo scopo: non scacciare dalla nostra anima Dio che vi abita».
LA SCOMUNICA PER LE COLPE Se un fratello si mostra ribelle o disobbediente o superbo o mormoratore o contrario a qualche punto della santa Regola e alle disposizioni degli anziani, e per di più anche sprezzante, costui sia ammonito in segreto dai suoi superiori una prima e una seconda volta, secondo il comandamento di nostro Signore (cf. Mt 18,15-17). Se non si corregge, sia ripreso pubblicamente davanti a tutti. Se neppure così si sarà emendato, sia sottoposto alla pena della scomunica, se è capace di comprenderne la portata; se invece non è sensibile ad essa, sia punito con un castigo corporale.