"Chi di voi, se un figlio o un bue gli cadesse in un pozzo, non lo tirerebbe subito fuori, in giorno di sabato?" Se mangiare significa vivere, mangiare di sabato significa partecipare alla vita di Dio. E' il nostro mangiare - sacro banchetto - nel giorno del Signore. Allora si può capire il gesto del fariseo nell'invitare Gesù a tavola e come egli l'abbia accettato volentieri per restituirlo, perché invitato, invita al banchetto del regno del Padre suo. Ma sotteso c'era un inganno, annidato spesso nel cuore dell'uomo, che a Gesù ugualmente offrì l'occasione di un insegnamento sul modo di intendere il riposo sabbatico. La gente stava ad osservarlo, sapeva che Gesù era imprevedibile nei suoi gesti, soprattutto quando si trattava di fare del bene, anche a rischio della propria incolumità. "Davanti a lui stava un idropico" e anche quella volta Gesù mise in questione la guarigione di questo malato alla considerazione dei dottori della legge. "E' lecito o no curare di sabato?" Non ci fu risposta. "Egli lo prese per mano, lo guarì e lo congedò". Operata la guarigione, Gesù interpella ancora i suoi interlocutori e giustifica quanto ha fatto con parole forti e strettamente personali: "Chi di voi, se un figlio o un bue gli cadesse in un pozzo, non lo tirerebbe subito fuori in giorno di sabato?" Meglio di ogni discorso, questo gesto ci illumina circa il senso del suo Regno. La pienezza di Dio non viene nel mondo attraverso un'osservanza rigorosa di riti. Dio è prima di tutto, amore che crea. E solo dove esiste la forza creatrice di un amore che aiuta e conforta i diseredati si può dire che là si manifesta il Regno. E' una lezione da non dimenticare. Anche a noi può succedere di essere troppo obbedienti a delle legge che ci esimono dalla vera generosità. Anche a noi può succedere di ragionare come i dottori della legge, ma Gesù lo troveremo sempre dall'altra parte, sulla sponda di chi soffre. Non c'è giorno, non c'è momento della vita in cui non si debba amare, e quando si agisce perché si ama, si è certamente sulla via del Regno, sulla via della comunione fraterna, e quindi con Dio. Da questo sfondo si potrà parlare realmente del senso del banchetto, che il Signore gratuitamente ha preparato per tutti gli uomini.
Alcuni anziani si recarono in visita da Abba Poemen e chiesero: "Secondo te, quando in chiesa sorprendiamo i nostri fratelli a sonnecchiare, è opportuno pizzicarli per farli svegliare?". L'anziano rispose: "Se vedessi un fratello sonnecchiare, gli appoggerei la testa sulle mie ginocchia e lo lascerei riposare".
IL SEGNALE PER L'ORA DELL'UFFICIO DIVINO La cura di dare il segnale per l'Ufficio divino di giorno e di notte l'abate la prenda lui personalmente, oppure la affidi a un fratello molto sollecito, in modo che tutto si compia alle ore stabilite. In quanto ai salmi e alle antifone, le cantino da soli dopo l'abate soltanto i fratelli che ne hanno avuto il compito, seguendo il loro turno. E non ardisca cantare o leggere se non chi è in grado di compiere tale ufficio in modo da edificare chi ascolta; e ciò sia fatto con umiltà e gravità e riverenza; e soltanto da chi ne abbia avuto l'incarico dall'abate.