Con questo passo del vangelo di Matteo si entra in un punto cruciale dello svolgimento della narrazione e del discorso sul Regno di Dio. L'identità di Gesù appare sfocata benché vi siano state parole e fatti che l'abbiano manifestata. Tuttavia, per gli altri rimane un grande profeta, un taumaturgo. La persona di Gesù, anche per coloro che ne hanno fatto esperienza diretta resta contraddittoria, indefinibile. C'è qui però la risposta di Pietro che dà una svolta decisiva e pone Gesù come il Messia, il Salvatore. Ma l'affermazione di Pietro non ha niente a che fare con una semplice comprensione umana o amicale, essa si pone su un altro livello. Il Cristo lo si può conoscere e proclamare, come sottolineerà lo stesso Gesù, solo attraverso la fede e la luce che ci viene da questa. La profondità del Cristo ci è rivelata lungo un cammino che passa per la croce e ci conduce alla pienezza della conoscenza. Questo è sottolineato dal fatto che nel medesimo passo è detto che Gesù inizia a parlare apertamente della sua passione. L'esperienza di fede non è una passeggiata senza impegno, ma interpella tutto il nostro essere e richiede una risposta (di vita) che non può essere vaga!
"L'abba Poimen disse: 'Quando medito, tre misteri si presentano ai miei occhi: che è cosa buona pregare senza sosta in ogni tempo davanti al Signore; porre la mia morte sotto il mio sguardo, ogni momento; e pensare che quando morrò sarò gettato nel fuoco a causa dei miei peccati'" Ma Dio mi sarà misericordioso.
L'OBBEDIENZA DEI DISCEPOLI Perciò tali monaci, lasciando immediatamente le loro cose e rinunziando alla propria volontà, liberate subito le mani e lasciando incompiuto quanto stavano facendo, con piede pronto all'obbedienza, adempiono con i fatti la voce di chi comanda. E così tutte e due le cose, cioè l'ordine del maestro e la perfetta esecuzione del discepolo, si compiono insieme, prestissimo, quasi in uno stesso momento, con quella velocità ispirata dal timor di Dio: è l'anelito di camminare verso la vita eterna che li incalza. Perciò essi intraprendono la via stretta di cui il Signore dice: «Angusta è la via che conduce alla vita» (Mt 7,14); di modo che, non vivendo a proprio arbitrio e non regolandosi secondo i propri gusti e le proprie voglie, ma lasciandosi guidare dal giudizio e dal comando altrui, rimanendo stabili nel monastero, desiderano che un abate li governi. Senza dubbio uomini simili fanno proprio quel detto del Signore: «Non sono venuto a fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato» (Gv 6,38).