Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire, Bassano Romano (VT)  
28 Marzo - 03 Aprile 2010
Tempo di Quaresima VI, Colore rosso
Lezionario: Ciclo C, Salterio: sett. 2

Commento alle Letture

Venerdì 02 aprile 2010

Tutto è compiuto...

Il racconto della Passione di Gesù Cristo, costituisce, anche da punto di vista cronologico, il primo nucleo della predicazione apostolica, il punto fondamentale della proclamazione della fede della chiesa. Nella liturgia di oggi, la proclamazione della passione assume una importanza centrale: il valore della parola, come segno sacramentale della presenza attuale del Cristo, prende grande evidenza e polarizza a sé tutta la celebrazione di oggi. Sulla croce il Cristo realizza la suprema manifestazione del nome di Dio: Agapè. Il poema descrive la sofferenza Salvatrice e gloriosa del servo di Jahvè. Il suo dolore è un mistero. Quel dolore però rivela non il suo proprio peccato – egli è innocente – ma il peccato del popolo. Il servo accetta questa piano di Dio, consapevole che lo condurrà alla morte e ad una sepoltura. Cristo è il servo di Jahvè, è lui che si consegna alla morte per il popolo. La risurrezione costituisce la sua esaltazione.

La chiesa oggi non celebra l'Eucaristia, ma invita i fedeli a rivivere nel silenzio adorante e nel modo più intenso possibile il mistero della morte di Cristo, la sua assurda condanna, l'atroce passione e la sua ignominiosa morte sul patibolo della Croce. E' così che potremmo trarne la più logica ed impegnativa conclusione: noi, responsabili in prima persona di quella morte, con i nostri peccati, re e Dio immerso nell'amore! L'adorazione che poi segue nell'altare della riposizione assume per tutti le caratteristiche della doverosa riparazione e della migliore gratitudine. Le chiesa spoglie e disadorne ci aiutano ulteriormente a comprendere da una parte la gravità della tragedia che si sta consumando nel mondo e dall'altra l'attesa di un evento risolutivo che già intravediamo nella fede e nella speranza ed è il mattino di Pasqua.

Lo vediamo come il servo: su di lui pesano le nostre colpe, ma dalla sua umiliazione viene il nostro riscatto. Dalle piaghe di Gesù sono risanati tutti gli uomini. Oggi è il giorno della immensa fiducia: Cristo ha conosciuto la sofferenza, da lui riceviamo misericordia e in lui troviamo grazia. E la imploriamo per tutti gli uomini nella preghiera universale. Oggi è il giorno della solenne adorazione della croce: lo strumento del patibolo è diventato il termine dell'adorazione da che vi fu appeso il Salvatore del mondo. Siamo sempre sotto la croce. Non c'è momento, non c'è situazione dove non entri la croce a liberare e a salvare. Infatti essa si manifesta in noi ogni giorno, se siamo discepoli fedeli del Signore. Non chiediamogli tanto di discendere dalla croce, quanto di avere la forza di restarci con lui, nella speranza della risurrezione.


Silenti nell'attesa.
La chiesa oggi ci conduce ai piedi della croce. Assume e realizza il mandato di predicare al mondo Cristo, e Cristo crocifisso. L'umanità intera è invitata a prostrarsi, ad adorare il mistero, a comprendere, per quanto ci è dato dalla fede, l'immensità del dono e tutta la gravità del male. Siamo invitati a vedere con umana e divina sapienza la croce di Cristo, ma anche le nostre croci: oggi il confronto è urgente se non vogliamo restare schiacciati dai nostri pesi. Abbiamo bisogno di illuminare di luce divina le vicende più tristi della nostra umana esistenza. Sorbire la luce della croce significa dare un senso, scoprire le finalità arcane e rivelate della sofferenza che ci accompagna, significa andare oltre le umane considerazioni che sappiamo fare con la nostra limitata intelligenza sul dolore, sul dolore dell'innocente, sulle vittime dei giudizi e dei pregiudizi umani. Dobbiamo confrontare e sovrapporre le nostre croci a quelle di Cristo per scoprire che anche il dolore, la passione, la stessa morte può diventare fonte di vita e germe di immortalità e di risurrezione. Quella croce piantata sul monte è conficcata anche nella nostra carne, nel nostro cuore; prima di essere di Cristo è nostra quella croce, ma ora è diventata l'albero fecondo della vita. Privi di questa luce e di questo salutare confronto s'intristisce il nostro mondo, bruciano le foreste e si rimboschiscono di croci; il dolore riassume tutta la sua cruda ed assurda realtà, i crocifissi restano perennemente appesi a quelle croci, i crociati senza speranza restano chiusi nella morsa della morte, il mondo diventa un triste cimitero. Adorare la croce di Cristo vuol dire allora far rinascere la speranza, convincersi che il peso maggiore è già stato assunto volontariamente dal nostro redentore, vuol dire che le croci non hanno più il potere di schiacciarci e di configgerci e gli stessi sepolcri sono aperti per lasciarci liberi di tornare a Dio.

OGGI RICORDIAMO ANNIVERSARIO DELLA MORTE DEL SERVO DI DIO GIOVANNI PAOLO II, PAPA.

Apoftegmi - Detti dei Padri

L'abate Agatone dava sovente questo consiglio al suo discepolo: Non appropriarti mai di un oggetto che non vorresti cedere immediatamente a chiunque.


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

GLI ATTREZZI E GLI ALTRI OGGETTI DEL MONASTERO

Per tutto quanto il monastero possiede in attrezzi o vestiario o altri oggetti di vario genere, l'abate scelga dei fratelli su cui possa fare affidamento per la loro vita e i loro costumi e a suo giudizio consegni a ciascuno le singole cose perché le tengano in ordine e le raccolgano. E di tutto l'abate tenga un inventario, perché quando i fratelli si avvicendano nell'incarico, sappia quello che dà e quello che riceve. Se poi uno tratta con poca pulizia o con negligenza gli oggetti del monastero, sia ripreso; e, se non si corregge, sia sottoposto alla disciplina regolare.

Cap.32,1-5.