Il Vangelo di oggi riporta la straordinaria pagina delle beatitudini. Questo seguito di annunci che cominciano tutti con la stessa parola: "beati" o meglio "felici" ha avuto sempre il potere di toccare nel profondo il cuore dell'uomo, proprio perché la felicità rimane la nostra aspirazione più profonda e la nostra delusione più amara, non potendola completamente raggiungere la desidera ardentemente. Ma proprio con le beatitudini Gesù ci fa comprendere che questa felicità comincia quaggiù. Dio non attende lo stato celeste per donarsi all'uomo. Offre già il suo amore a coloro che vivono sulla terra. La prima verità che bisogna cogliere dalle beatitudini è che la felicità discende da Dio; non vi è altra sorgente di felicità. Noi non avremmo certo sottoscritto nessuna delle beatitudini così come ci sono state proposte. Semmai avremmo suggerito, con un po' di presunzione, che, per essere felici, occorrono diverse cose e subito. Altro che povertà. Afflizioni, persecuzioni, misericordia, mitezza in un mondo di violenza! Eppure le beatitudini sono un'autobiografia di Gesù, l'uomo della pace. Chi lo segue su questa strada, pone i segni del mondo nuovo che egli è venuto a inaugurare. Ma non è una nuova legge. E' il cuore nuovo, promesso dai profeti. Proclamando le vere beatitudini, egli attira l'attenzione sulla vanità delle false beatitudini e invita l'umanità a riflettere sul genere di felicità che persegue. La felicità che infonde Gesù non danneggia nessuno, tutt'altro. E' una forza dall'alto che carica di significato e di luce la già angustiata vita umana. Nella misura in cui ci apriamo alla grazia, possiamo comprendere il senso delle beatitudini, enunciate da Gesù e viverle in unione con lui.
Il padre Poemen disse a chi voleva vivere santamente: "Non misurare te stesso, aderisci piuttosto a chi sa vivere bene".
L'ORDINE DELLA COMUNITÀ I più giovani pertanto rispettino i più anziani; gli anziani amino i più giovani. Nello stesso modo di chiamarsi nessuno si permetta di rivolgersi all'altro col semplice nome, ma i più anziani chiamino i più giovani con l'appellativo di «fratelli» e i più giovani chiamino gli anziani «nonni», che significa «reverendo padre». L'abate poi, giacché sappiamo per fede che tiene le veci di Cristo, sia chiamato «signore» e «abate», non per sua pretesa ma per onore e amore di Cristo. Ma egli rifletta sulla sua dignità e si dimostri degno di tale onore.