Potrebbe capitarci che benché sorretti ed illuminati dalla fede, rimanga poi sterile di opere buone la nostra vita: possiamo dare a parole la nostra adesione a Cristo, ma senza tradurla in atti concreti di amore... Come il figlio, di cui parla il vangelo di oggi. Proclama la propria disponibilità alla richiesta del suo padrone, ma poi all'atto pratico non adempie l'opera. L'obbedienza a Dio esige non solo il docile ascolto della sua parola, ma la conformazione della vita al suo volere. Agli occhi di Dio è meglio un sincero pentimento dopo un momentaneo diniego, che non l'assenso che resta solo verbale. Gesù stesso sarà ancora più esplicito quando affermerà: "Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli".
Il padre Elia disse: "Io ho timore di tre cose: di quando l'anima uscirà dal corpo, di quando mi incontrerò con Dio, di quando la sentenza sarà profferita su di me".
IL PRIORE DEL MONASTERO Capita abbastanza spesso purtroppo che per la nomina del priore nascano nel monastero gravi scandali. Ci sono infatti alcuni che, gonfi del malvagio spirito di superbia, si considerano come un secondo abate e, arrogandosi un potere assoluto, provocano scandali e divisioni nella comunità; e questo succede soprattutto in quei luoghi dove il priore viene designato dallo stesso vescovo o dagli stessi abati che hanno stabilito in carica l'abate. Quanto ciò sia assurdo è facile capirlo, perché così si dà al priore motivo per insuperbirsi già dall'inizio della sua carica; difatti i suoi pensieri gli insinueranno che egli è indipendente dall'autorità del suo abate, dal momento che anche lui è stato stabilito in carica da quelli stessi che hanno stabilito l'abate.