A conclusione dell'anno liturgico Cristo, nella sua maestà regale, fa una grande universale convocazione. La prevede con il suo occhio penetrante San Giovanni nell'Apocalisse: "Tutte le genti verranno e si prostreranno davanti a te, perché i tuoi giusti giudizi si sono manifestati". Dopo aver ripercorso con Cristo i grandi eventi della salvezza, dopo un anno di grazie e di prove, arriva il momento solenne dell'incontro con lo sposo. Egli siede su un trono di gloria insieme ai suoi angeli. Noi siamo dinanzi alla corte celeste, al re dei re e al Signore dei signori. Il primo atto è una doverosa separazione tra pecore e capri, tra eletti e reietti. Subito dopo si aprono le porte dell'amore divino per gli eletti, "Venite benedetti dal Padre mio", ma la motivazione del premio contiene una grande inattesa sorpresa. "Perché Io ho avuto fame e tu mi hai dato da mangiare...". "Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere?". Come avremmo potuto immaginare che soccorrendo gli ultimi della terra avremmo incoronato Re il nostro Signore Gesù Cristo e meritato tanta ricompensa, tanta "eredità"? Egli ci aveva detto che il suo Regno non è di questo mondo e aveva ulteriormente precisato che chi vuole essere il primo deve farsi servo e ultimo di tutti, ma non potevamo supporre che Egli, il Figlio di Dio, avesse bisogno del nostro cibo, della nostra bevanda, delle nostre cure e ancor meno, potevamo credere che gli dopo aver celato la sua presenza nel pane di Vita, andasse a nascondersi anche sotto le spoglie dei poveri e dei disgraziati del mondo. Il nostro Re e Signore, tutto si dona nell'assoluta gratuità fino all'annientamento di sé, ma non ha voluto negarci la gioia di contraccambiarlo con le nostre piccole cortesie, rese a coloro con i quali egli si identifica. Ha voluto poi che la nostra fede nella sua regalità e nella sua divina presenza si espandesse, con lo stesso impegno, dal Pane di vita ai poveri del mondo affinché il suo memoriale trovasse la piena attuazione sugli altari delle nostre chiese e nel cuore dei suoi fedeli, nelle concrete espressioni di solidarietà e amore. Ci vengono offerti così i modi concreti per affermare l'assoluta signoria e la suprema regalità del nostro Salvatore e Re. Scopriamo con maggiore evidenza che il suo Regno non è di questo mondo e non è paragonabile ai regni umani anche se tutti noi ci sentiamo personalmente e comunitariamente impegnati ad affermare già quaggiù il suo primato assoluto, memori della bella espressione di San Giovanni: "Dio è amore" e di conseguenza, dov'è carità e amore lì c'è Dio, lì egli stabilisce la sua dimora, instaura il suo Regno e innalza il suo trono regale. Siamo ancora in attesa che questo si compia, ma viviamo l'attesa nella speranza cristiana, anche quando gli eventi del nostro povero mondo ci vorrebbero indurre al più nero pessimismo.
Uno degli anziani disse: Proprio come l'ape, dovunque vada, fa il miele, così il monaco, dovunque vada, se va a fare la volontà di Dio produce sempre la dolcezza delle opere buone.
NORME PER L'ACCETTAZIONE DEI FRATELLI Se egli promette di perseverare nella sua stabilità, dopo due mesi gli si legga di seguito questa Regola e gli si dica: «Ecco la legge sotto la quale tu vuoi militare: se puoi osservarla, entra; se non puoi, va' pure via liberamente». Se rimane fermo nella sua decisione, lo si riconduca nel suddetto locale del noviziato e di nuovo sia messa alla prova in tutto la sua pazienza. Passati sei mesi, gli si rilegga la Regola, affinché sappia che cosa abbraccia. E se ancora persevera, dopo altri quattro mesi gli si rilegga di nuovo la Regola.