In questo passo evangelico abbiamo un'immagine in due tempi. Gesù descrive l'arrivo del pastore all'ovile in antitesi con l'arrivo del ladro; poi ci mostra l'attività del pastore che, entrato nel recinto "dalla porta", ne fa uscire il gregge e lo conduce al pascolo: cosa che un estraneo non potrebbe mai ottenere, perché "le pecore fuggono dagli estranei". Egli invece, il buon pastore, "cammina davanti" alle sue pecore, chiamandole "una per una" dentro la realtà della loro storia personale. Come aveva fatto Dio al tempo del grande esodo con il suo popolo, che lo precedeva nel deserto con una colonna di nube e di fuoco, e così lo guidava verso la terra della libertà e della salvezza. E "le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce" . L'ascolto descrive totalmente l'atteggiamento umano di fronte alla Parola. La radice dell'ascolto infatti sta non nel conoscere, ma in quella fiducia e piena docilità del cuore che si apre a Dio. E' l'esperienza di una profonda comunione che spinge a trasformare la nostra vita fino a metterla in sintonia con la volontà di Dio. In antico si parlava del cristiano come del cervo che pascola nei prati spirituali delle Scritture: esse non sono testi datati, composti in tempo lontano, ma sono quella Parola che si adempie in lui. Al contrario, il discorso, rivolto ai farisei, - "ma essi non capirono che cosa significava ciò che diceva loro" si tramuta per essi in un giudizio. La venuta del pastore messianico mette in risalto il loro modo di agire egoistico e brutale. Vengono smascherati ed appaiono per quello che sono: ladri e briganti. Passando invece attraverso Cristo, "porta dell'ovile", si entra nella chiesa, gregge per il quale Cristo ha "offerto" la sua esistenza. Lui solo, in quanto buon pastore, ci apre "la porta" della salvezza, della libertà e della vita. Con la morte e la risurrezione ci ha preceduti nella vita, affinché possiamo seguirlo. "Sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza".
Disse un anziano: «Senza la sorveglianza delle labbra è impossibile all'uomo progredire anche in una sola virtù; poiché la prima delle virtù è la sorveglianza delle labbra».
LA MISURA DEL CIBO Per il pasto quotidiano - abbia esso luogo a sesta o a nona - noi pensiamo che siano sufficienti in tutte le stagioni due pietanze cotte, per riguardo alle infermità dell'uno o dell'altro dei fratelli; cosicché chi non può cibarsi di una, si nutra con l'altra. Quindi due pietanze cotte bastino a tutti; e se ci fosse la possibilità di avere frutta e legumi freschi, se ne aggiunga una terza. Di pane sarà sufficiente una libbra di buon peso al giorno, sia quando si fa un pasto solo sia quando si pranza e si cena. Che se si deve anche cenare, il cellerario metta da parte un terzo di quella libbra e lo passi a cena.