Nella veglia pasquale il triduo raggiunge il suo culmine sacramentale. Infatti nel nucleo più originale della Pasqua, questa veglia è come una sintesi di tutta la liturgia annuale, perché, attraverso una prolungata celebrazione della Parola e poi della Luce e dell'Acqua, ricupera tutta la ricchezza del simbolismo, che ci permette di accostarci realmente al mistero. L'introduzione della liturgia della luce (benedizione del fuoco e del cero pasquale) con il canto dell'annuncio della resurrezione ci introduce nella nuova ed eterna alleanza ricostituita fra Dio e l'umanità in Cristo Gesù. La luce è la prima opera della creazione. Ora dal fuoco-luce si accende il cero pasquale, simbolo della luce di Cristo, luce che ha attraversato le tenebre del mondo, della storia e del peccato. La storia della salvezza viene rievocata a tappe nelle letture bibliche in chiave pasquale. La creazione diviene ora ricreazione dalla risurrezione del Signore. Il sacrificio di Abramo è figura del sacrificio di Cristo, vero agnello che toglie il peccato del mondo. L'alleanza, figura nuziale fra Dio e il popolo, è destinata ora a divenire una comunità di discepoli con il Signore. La benedizione dell'acqua del fonte, che richiama il compimento di tanti riferimenti biblici, ci prepara alla celebrazione del Battesimo, o almeno alla rinnovazione dei nostri impegni battesimali. Cristo è risalito dalle acque della morte come noi risorgeremo dal sepolcro, divenuto come il seno materno, fecondo di vita nuova. La commensalità col Risorto diventa per noi il segno sacramentale più efficace per un cammino verso il nostro compimento. Alleluia! Il Signore della vita è risorto. Come Simon Pietro e l'altro discepolo corriamo anche noi verso quel sepolcro vuoto. Davanti ad esso è stata proclamata la grande rivelazione angelica alle donne, lì accorse per prime: "E' risorto! Non è qui!" La celebrazione eucaristica del Risorto ci invita a comprendere che l'oggetto della nostra fede non è solo "confessare con le labbra che Gesù è il Signore", ma anche a credere col cuore, che la salvezza, che proviene dal Risorto, passa attraverso questo memoriale della Pasqua del Cristo. Il Risorto ci ha donato la vita, ma ci comunica anche il potere di dare anche noi la vita ai fratelli per amore, a imitazione sua, "l'amore di Cristo ci spinge verso l'altro".
Si domandò al nostro santo padre Atanasio, l'arcivescovo di Alessandria: «In qual modo il Figlio è uguale al Padre?». Rispose: «Come la vista nei due occhi».
LE COLPE PIÙ GRAVI Il fratello invece che si macchia di colpe più gravi venga escluso sia dalla mensa che dall'oratorio. Nessuno dei fratelli abbia alcun rapporto con lui, né gli rivolga la parola. Egli se ne stia solo al lavoro che gli è stato assegnato mantenendosi nell'afflizione della penitenza, memore di quella terribile sentenza dell'apostolo che dice: «Un tal individuo sia consegnato alla morte della carne, affinché il suo spirito possa ottenere la salvezza nel giorno del Signore» (1 Cor 5,5). Prenda il cibo da solo, nella misura e nell'ora che l'abate giudicherà più opportuna per lui. Nessuno incontrandolo lo benedica e non sia benedetto neppure il cibo che gli viene dato.