Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire, Bassano Romano (VT)  
02 - 08 Marzo 2008
Tempo di Quaresima IV, Colore rosa
Lezionario: Ciclo A, Salterio: sett. 4

Commento alle Letture

Domenica 02 marzo 2008

Credo, Signore! E si prostrò dinanzi a lui.

Così finisce il miracolo di Gesù, narrato nel Vangelo di San Giovanni, riportato in questa quarta domenica del tempo quaresimale. Consideriamo tutto l'episodio per comprendere, nella sua completezza, questo atto di fede di un cieco nato, guarito miracolosamente da Gesù. Egli, passando con i discepoli, nota la presenza di questo cieco. È l'occasione per i discepoli di porre un interrogativo importante. Secondo la mentalità dell'epoca, la malattia è segno di un castigo divino. Il loro pensiero è immediato. Qualcuno deve aver peccato, forse lo stesso cieco; la sua malattia però è congenita e quindi può anche essere – secondo il filo di questo ragionamento – che egli subisca la pena per delle eventuali colpe dei genitori. Gesù risponde ai discepoli e ribalta il loro ragionamento. In una malattia vi è senz'altro il segno della permissione divina ma è anche un evento naturale che può e deve essere vissuto nella fede e per la fede. La guarigione fisica è importante ma non determinante. La guarigione è efficace se ad essa corrisponde un altro cambiamento. Gesù invita i discepoli a cambiare prospettiva. Non devono solo guardare la malattia ma rivolgere il loro sguardo su Gesù stesso. Già in questa esortazione vi è un atto di fede, perché la fede è guardare a Gesù per affidargli la nostra vita. Nella sua risposta, Gesù si proclama poi la vera luce del mondo, venuto a dipanare le tenebre del male. In questa risposta ruota tutto l'episodio, narrato con una particolare vivacità dall'evangelista. I Giudei che hanno assistito all'episodio interrogano prima i genitori e poi il cieco stesso e dimostrano così una durezza di cuori che impedisce loro di contemplare l'azione di Dio. Per loro gli occhi della fede brancolano ancora nel buio. Differente è invece l'atteggiamento del cieco dopo che ha riavuto la vista. Egli riconosce e poi testimonia della potenza di Gesù. Bella è questa figura del Cieco Nato che dimostra, con forza e simpatia, anche una certa ironia verso coloro che non si arrendono di fronte all'evidenza dei fatti. Il miracolato poi con il suo atto di fede finale testimonia Gesù come il Figlio di Dio. I miracoli da lui effettuati allora non sono espressioni di capacità inspiegabili alle menti delle persone ma rappresentano la presenza di Dio incarnata. Gesù, quando opera i suoi miracoli, ha presente sempre due aspetti. Da un lato vi è la necessità umana di soccorrere chi è nel bisogno. È l'amore di un Dio Padre che si rende vivo e visibile nel Figlio. È un Dio che ha lo sguardo misericordioso, che legge la profondità dell'animo umano e che vuole sempre la salvezza dell'anima. Gesù mostra questo Volto di Dio nel suo volto umano. Egli vede il cieco dalla nascita e vuole intervenire a suo favore. Proprio l'atto di fede del cieco miracolato è la risposta alla domanda dei discepoli. Possiamo allora anche noi aprire i nostri cuori, riconoscere in Gesù la vera Luce che illumina la nostra strada.


Apoftegmi - Detti dei Padri

«Abba Giovanni ha detto: "Se Mosè non fosse entrato nelle tenebre, non avrebbe visto il Signore. Intendiamo con le tenebre la cella del monaco. Se tu resterai nella tua cella, tu vedrai tutte le meraviglie del Signore"».


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

COME CELEBRARE LE VIGILIE NOTTURNE NELLE DOMENICHE

Dopo il quarto responsorio l'abate intoni l'inno Te Deum laudamus; terminato il quale l'abate faccia la lettura del vangelo, mentre tutti stanno in piedi con onore e riverenza. Al termine tutti rispondano Amen e l'abate aggiunga subito l'inno Te decet laus e, data la benedizione, comincino le Lodi mattutine. Questo schema delle Vigilie domenicali lo si mantenga invariato in tutte le stagioni, sia d'estate che d'inverno; eccetto il caso - non sia mai! - che si alzino in ritardo e allora bisognerà abbreviare qualcosa delle letture e dei responsori. Ma si abbia la massima cura che ciò non accada; se però dovesse succedere, il responsabile di tale negligenza ne faccia adeguata penitenza davanti a Dio nell'oratorio.

Cap.11,8-13.