Celebriamo oggi la Festa, la Solennità dell'Epifania del Signore, la festa della manifestazione. Manifestazione del Signore a tutto il mondo. La liturgia oggi è piena di luce, della luce di colui che illumina, che ha illuminato il mondo intero. Già il profeta, e subito all'inizio delle letture ci incoraggia, ci sprona: «Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te». Sono finite le tenebre, ci dice Isaia. È finita la notte. Sta per arrivare il giorno, sta arrivando la luce vera... E' la luce vera è arrivata... Inizialmente questa luce ha brillato, ha illuminato solo il popolo di Israele,... Betlemme, pastori, pochi eletti che hanno visto questa luce. Ma la vera luce, la luce cosi grande non poteva rimanere per pochi eletti. Il Signore è nato per tutti gli uomini, per tutte le genti. Ecco, la festa di oggi ci ripresenta, ci fa partecipi, attraverso il mistero della liturgia, ci fa partecipi di questo mistero dell'Epifania, della manifestazione.
Erano studiosi i re magi, sapevano guardare il cielo, scrutare le stelle, «Dov'è il re dei giudei, dov'è nato?» Sono in cerca e in ricerca di Dio, in ricerca della Verità. Ed egli si lascia trovare, non si nasconde, perché il nostro Dio è l'Emmanuele. E' il Dio con noi... Fa vedere loro la guida, li fa vedere i segni, la stella, la stella che ogni tanto si perde, sparisce dai loro occhi, allora loro perdono la strada, ma chiedono, domandano gli altri, per andare avanti, per camminare su, per andare verso il Signore.
Ecco, anche noi come i magi, siamo in ricerca, in ricerca di Lui, in ricerca di quella luce, della luce della fede... Dobbiamo saper riconoscere nella nostra vita i segni, i prodigi del Signore, quei piccoli e quei grandi, quelli di ogni giorno e i grandi miracoli che il Signore compie per noi (e in noi). E se ogni tanto ci capita di perdere la stella, come ai re magi, quella luce che ci guida verso lui, sappiamo dove trovarla, dove ri-trovarla, sappiamo che quella vera, la luce vera e solo la sua. Alla fine i re magi lo ritrovano, ritrovano la povera stalla, il bambino che non è solo un bambino ma è Cristo Signore, Luce del mondo. Hanno fatto lunga strada, sono venuti dalle regioni lontane. E tutto questo per offrirgli l'oro, l'incenso e la mira, per dargli qualcosa, per fa significare, per dar onore alla sua regalità, alla sua divinità e la sua umanità. Ecco allora i magi diventano i prototipi, i modelli, diventano esempi di tutti i cercatori di Dio, e in modo particolare dei cercatori del Dio Incarnato, dell'Emanuele, del Dio vicino che non ha paura di calarsi nei panni dell'uomo per sanare l'uomo, per illuminare l'uomo, per dargli la salvezza. Ma è significativo anche che questi vengono da lontano, che appartengono a un popolo mondo, ad un popolo pagano. Perché la fede colma le distanze, annienta le appartenenze, non fa conto delle frontiere decretate dagli uomini. Come il presepe che non ha porte, è una Chiesa aperta, dove per tutti c'è posto, tutti sono accetti, tutti accolti, se sono mossi dalla fede, dalla fede anche se fragile, sbavata, anche se piccola e debole... come lo stoppino, come il lucignolo che solo dopo prenderà luce, la luce forte dalla Luce che è Cristo. Alla Pasqua diventerà una grande luce. Non mancheranno mai le difficoltà, contrasti per noi, per tutti coloro che si mettono sui percorsi del Signore, alla sua sequela. Perché dopo la luce della stella, dopo la luce vera capita anche oggi, capita di incontrare un Erode, uno preoccupato solo del suo umano potere, uno pronto a tutto, anche alle cose più atroci, quando suppone che qualcuno... fosse solo un piccolo bambino, potesse infastidirlo... Abbiamo bisogno tutti di una stella che ci faccia strada: la stella della fede; la «stella della passione di cercare Dio nella sua Parola»; la stella di andare oltre l'oscurità del mondo; la stella che ci fa osare l'incredibile. Ma la verità è che è Dio che alla fine si manifesta. Questa luce, questo segno, questa passione dobbiamo chiedere. Chiediamo a lui, all'Emmanuele perché ci riveli la nostra stella, la nostra guida la nostra strada che ci porterà direttamente a Lui.
E abba ha detto: Saper parlare è un dono di molti. Saper tacere una saggezza di pochi. Saper ascoltare una generosità di pochissimi.
PROLOGO ALLA REGOLA DI SAN BENEDETTO Ma interroghiamo con il salmista il Signore chiedendogli: «Signore, chi abiterà nella tua tenda, chi dimorerà sul tuo santo monte?» (Sal 14,1). Dopo tale domanda, fratelli, ascoltiamo il Signore che ci risponde mentre ci indica la strada per arrivare alla stessa tenda, dicendo: «Colui che cammina senza colpa e agisce con giustizia; che pronunzia la verità nel suo cuore, che non dice calunnia con la lingua; che non fa danno al suo prossimo, che non lancia insulto al suo vicino (Sal 14,2-3); colui che, respingendo dagli occhi del proprio cuore, insieme con le sue suggestioni il maligno diavolo che lo tentava, lo riduce al nulla (Sal 14,4 Volg.) e i suggerimenti di lui, appena nati, li afferra e li spezza contro Cristo; coloro che, pieni del timore del Signore (Sal 14,4 Volg.), non si insuperbiscono per la loro buona osservanza, ma, convinti che le loro buone azioni non provengono da se stessi quanto piuttosto da Dio, glorificano il Signore che opera in loro, dicendogli col profeta: «Non a noi, Signore, non a noi ma al tuo nome da' gloria» (Sal 113B,1). Così pure l'apostolo Paolo non si attribuiva alcun merito della sua predicazione, affermando: «Per grazia di Dio sono quello che sono» (1 Cor 15,10); e ancora: «Chi si vanta, si vanti nel Signore» (2 Cor 10,17). Per questo anche il Signore proclama nell'Evangelo: «Chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia: strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa ed essa non cadde perché era fondata sopra la roccia» (Mt 7,24-25).