Nel contesto di un pranzo nella casa di un fariseo, Luca colloca sorprendentemente una serie di invettive durissime di Gesù contro i farisei e gli scribi a seguire. L'occasione si presenta quando Gesù, sedutosi alla tavola del fariseo non si attiene alle abluzioni rituali. Certo ogni religione ha i suoi riti; sono i gesti che riflettono e favoriscono l'incontro dell'uomo con Dio, che è presente nella nostra storia quotidiana. Ogni rito però corre il rischio di divenire un assoluto. Formalizzando il gesto esteriore si dimentica l'importanza decisiva del cuore. Gesù lo nota: "Voi farisei purificate, sì, l'esterno della coppa e del piatto, ma il vostro interno è pieno di rapina e d'iniquità". Il fariseo, all'esterno, riconosce il dono di Dio anche nelle cose minime. In realtà, all'interno, egli rapina addirittura la gloria di Dio ed è duro con i fratelli. E' uno che ha sostituito la misericordia di Dio con la propria impeccabilità. Invece di porre Dio e il suo amore nel suo intimo, ha posto se stesso e l'amore della propria immagine. A una luminosità esteriore, fatua, Gesù contrappone la luce del dono di sé e della misericordia che viene dal di "dentro" da un cuore che si sente graziato. Paolo, nella sua conversione, getta via ogni suo tesoro di grandezza come immondizia, di fronte alla sublimità della conoscenza e della condiscendenza del suo Signore. "Piuttosto allora - date in elemosina quello che c'è dentro, ed ecco tutto per voi sarà mondo". L'elemosina è l'aspetto materiale della misericordia. La ricchezza da possesso, che ci divide dal Padre e dai fratelli, torna a essere dono, che riceviamo e doniamo. "L'elemosina salva dalla morte che è nel cuore dell'uomo e purifica da ogni peccato", perché ci rende misericordiosi come "il Padre che è nei cieli".
Un fratello era assalito da molto tempo dal demone dell'impurità e malgrado molti sforzi non riusciva a sbarazzarsene. Una volta, mentre era alla Sinassi, si sentì come d'abitudine tormentato dalla passione; decise dunque di trionfare sulla macchinazione del demonio e di chiedere ai fratelli di pregare per lui affinché fosse liberato. E, sprezzando ogni vergogna, si mise nudo davanti a tutti i fratelli e mostrò l'azione di Satana: «Pregate per me, padri e fratelli miei», disse, «perché sono quattordici anni che sono così combattuto»; e subito il combattimento si allontanò da lui, grazie all'umiltà che aveva mostrato.
IN QUALI ORE I FRATELLI DEVONO PRENDERE I PASTI Dalla santa Pasqua fino a Pentecoste i fratelli pranzino a sesta e cenino la sera. Da Pentecoste poi per tutta l'estate, se i monaci non devono attendere ai lavori dei campi e se l'eccessivo calore estivo non lo impedisce, il mercoledì e il venerdì digiunino fino a nona; negli altri giorni pranzino a sesta. Ma se avessero lavori nei campi o la calura estiva fosse opprimente, si mantenga il pranzo a sesta anche in quei due giorni; e ciò sia rimesso al provvido giudizio dell'abate; egli appunto deve regolare e disporre le cose in modo che le anime si salvino e quello che i fratelli fanno, lo facciano senza alcun fondato motivo di mormorazione.