La parabola riportata nella liturgia odierna chiarisce il pensiero di Gesù sull'amore al prossimo. Lo scriba aveva chiesto chi fosse il suo prossimo. Gesù risponde capovolgendo la questione. Non è quanto gli altri sono prossimi a noi, il così detto prossimo, il vicino a vari titoli, ma quanto noi siamo prossimi, premurosi verso gli altri. In che modo lo siamo? Il racconto parabolico non presenta interesse, che lo sfortunato incappato nei briganti sia o no il nostro prossimo. La domanda di Gesù allo scriba è significativa: "Chi di questi tre ti sembra che sia stato il prossimo, l'interessato di colui che è incappato nei ladroni?" E' il samaritano, il nemico giurato dei Giudei, che si è dimostrato prossimo all'infortunato. E' la risposta a cui giunge lo scriba. Infatti un samaritano, passandogli accanto, lo vide e ne ebbe compassione. In questa piccola, ma rivoluzionaria frase è svelata con grandissima evidenza la qualità propria dello sguardo cristiano. E' la compassione che si prende cura di lui, lasciando per il momento i propri affari, il proprio viaggio. E' la compassione che tira fuori di tasca due denari e li da all'albergatore, dicendo: "Abbi cura di lui, il resto te lo rifonderò al mio ritorno". Sappiamo bene che il buon Samaritano è Gesù, quando venne e ci vide, ebbe tanta compassione di noi da condurre avanti il grande disegno del Padre suo che era proprio quello di dare la vita per i fratelli. Ora anche lo scriba, che chiedeva ambiguamente: "chi è il mio prossimo?" sa chi è, e Gesù lo conferma: "va' e anche tu fa' lo stesso". E' la nostra missione.
Un anziano diceva: «Non far mai nulla senza pregare e non avrai rimpianti».
I FRATELLI INFERMI Per gli infermi ci sia un locale a parte destinato a tale scopo e un fratello infermiere pieno di timor di Dio, diligente e premuroso. L'uso dei bagni agli infermi si conceda ogni volta che è necessario; ai sani invece, specialmente ai più giovani, si permetta più di rado. Ai fratelli molto malati e ai più deboli si conceda anche di mangiare carne per rimettersi in forze; ma appena si siano ristabiliti, tutti si astengano dalle carni, come di consueto. Quindi l'abate abbia sommamente a cuore che gli infermi non siano trascurati dal cellerario o dagli assistenti; è responsabile lui di ogni mancanza dei discepoli.