La vocazione dei dodici è finalizzata alla missione e Gesù sta all'origine dell'una e dell'altra. Ora Egli compie un gesto decisivo per la continuazione della Chiesa: "chiamò a sé i Dodici". Dal folto gruppo dei discepoli che erano attorno a lui, Gesù fa una 'scelta' e a questo gruppo di 'chiamati' conferisce poteri, affida una missione. "Li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli infermi". L'invito ha come scopo la predicazione del Regno, come quella di Gesù, accompagnata dai segni che rendevano evidente la novità predicata. Per Luca vi è stretta connessione fra annuncio e opere: il regno di Dio viene dove è stata operata una liberazione dal potere maligno. Gli apostoli partono senza equipaggiamento confidando solo sulla parola del Maestro. Tutto infatti è subordinato all'annuncio della buona novella. Non sono portatori di una dottrina, né maestri di una filosofia religiosa. Sono annunciatori di un messaggio, sono araldi di un proclama: il regno di Dio è arrivato nella venuta di Gesù di Nazareth. Comprendiamo allora che quelle poche norme date al vero evangelizzatore, preludevano alla visione del suo ultimo e doloroso viaggio verso la morte. Egli sapeva che in quel viaggio non avrebbe fato miracoli, ma da quel viaggio tutto il male sarebbe stato inesorabilmente sconfitto. Grande lezione per tutti noi. Non dilateremo il regno di Dio con l'abbondanza dei beni materiali e con l'abilità delle nostre capacità sia pure unite a quelle di Cristo, ma con la generosità di un amore crocifisso. Ciascuno di noi ha certo un po' di amore crocifisso da mettere a disposizione del regno di Dio, perché la vita, in qualche modo, tutti ci crocifigge.
L'abate Giovanni ha detto: «Questa parola è scritta nel Vangelo: "Quando Gesù chiamò Lazzaro fuori dal sepolcro, le sue mani e i suoi piedi erano legati e il suo viso cinto da un lino; Gesù lo sciolse e lo congedò. Noi dunque abbiamo le mani e i piedi legati e il nostro viso è stato coperto con un lino dalle mani del nemico? Se dunque ascoltiamo Gesù, Egli ci slegherà da tutto questo e ci libererà dalla schiavitù di tutti questi cattivi pensieri. Saremo allora figli del Signore, riceveremo le promesse in eredità e saremo figli del Regno Eterno».
SE I FRATELLI USCITI DAL MONASTERO DEVONO ESSERE ACCETTATI DI NUOVO Se un fratello, che per propria colpa ha lasciato il (o è stato espulso dal) monastero, vorrà rientrare, prima prometta di emendarsi totalmente del difetto per cui è uscito; e allora sia accettato, ma all'ultimo posto per provare così la sua umiltà. Se poi uscirà di nuovo, potrà essere riammesso alle stesse condizioni fino alla terza volta; ma sappia che in seguito gli sarà negata ogni possibilità di ritorno.