Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire, Bassano Romano (VT)  
17 - 23 Settembre 2006
Tempo Ordinario XXIV, Colore verde
Lezionario: Ciclo B | Anno II, Salterio: sett. 4

Commento alle Letture

Giovedì 21 settembre 2006

Dal banco delle imposte alla sequela di Cristo

Fra le tante curiosità che vorremmo soddisfare sulla persona di Cristo c'è anche quella di poter ascoltare la sua voce; ciò non tanto per sentirne l'accento, ma per poterne comprendere la profondità e il fascino che esercitava sugli ascoltatori. Oggi lo sentiamo ancora una volta scandire un comando a una persona che per il ruolo che svolgeva, molti evitavano e non suscitava sicuramente simpatia; poi l'immediata risposta: «Egli si alzò e lo seguì». Il banco delle imposte dove sedeva Matteo poteva essere anche considerato una comoda poltrona e un buon mestiere, che garantiva un reddito sicuro e un discreto prestigio oltre che incutere timore. Non è perciò facile distogliere dalla loro posizione persone così ben accomodate e apparentemente soddisfatte. Gesù lo fa con un imperativo categorico: «Seguimi». Evidentemente il Signore voleva sin dal primo impatto rivelare una grandissima verità al suo futuro apostolo ed evangelista: la forza divina della sua Parola, quella parola che Matteo riporterà fedelmente nel suo Vangelo e che risuona ancora, grazie a lui, in tutto il mondo. Voleva poi che egli in prima persona potesse godere di una predilezione sicuramente immeritata ed insperata affinché potesse raccontare al mondo che Gesù non è venuto per i sani che non hanno bisogno del medico, ma per i malati. Voleva fare di Matteo, convertito dai suoi meschini e forse anche illeciti guadagni, un cantore della misericordia divina; voleva che proprio un pubblicano intonasse quel canto, che tanti e tante hanno poi ripreso e cantato con identico fervore. Voleva infine far comprendere a tutti che i chiamati da Cristo non sono santi prefabbricati, ma anime che, avendolo incontrato e ascoltato la sua voce, hanno il coraggio di seguirlo da vicino dando con tutta la vita una risposta di gratitudine al bene ricevuto dalla divina misericordia. Vediamo perciò in Matteo un primo anello di una catena d'oro, che ha portato la voce viva di Cristo fino a noi, con l'immediatezza con cui egli stesso l'ha accolta e ne ha goduto. Egli ci invita ad accogliere le sollecitazioni divine che ancora giungono a noi per farci conoscere la verità e renderci capaci di viverla nella gioia.


Seguimi!

L'evangelista San Matteo descrive la sua chiamata in modo abbastanza impersonale: tutto è racchiuso nella forza di quell'invito di Gesù cosi netto e perentorio. Non è un ordine da eseguire come potrebbe fare un robot. Quella di Gesù è una forte chiamata d'amore che trova una disponibilità pronta ed immediata. La scena si svolge in un brevissimo intervallo e si gioca, probabilmente su una serie di sguardi reciproci. L'intensità dell'episodio può essere meglio apprezzata se riusciamo a raffigurarci la situazione ed i personaggi coinvolti. Siamo nel centro della solita polemica: vi sono gli scribi e i farisei astiosi; vi è Gesù che cerca di dimostrare che la salvezza è per tutti e non certo per chi cerca, ipocritamente, di adattare le leggi alle proprie esigenze. Il Gesù misericordioso tratteggiato da San Matteo è alla ricerca sempre degli emarginati e di chi è posto, nella considerazione generale, agli ultimi posti della scala sociale. San Matteo è un pubblicano ed esattore delle tasse e risponde a queste caratteristiche. Gesù intuisce il cuore profondo di San Matteo, che è certamente alla ricerca del giusto e del concreto e che svolge il suo lavoro, così odioso per gli ebrei, in modo comunque onesto. Da quest'incontro nasce subito una comunione forte che porterà il Santo alla sequela di Cristo per diventarne uno degli Apostoli.

Apoftegmi - Detti dei Padri

Gregorio disse: «Che la tua opera sia pura per la presenza del Signore e non per l'ostentazione».


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

QUALE DEVE ESSERE IL GRADO DELLA SCOMUNICA

La misura della scomunica o del castigo corporale deve essere proporzionata alla gravità della colpa; e la valutazione di questa dipende esclusivamente dal giudizio dell'abate. Se un fratello comunque si rende colpevole di colpe leggere sia privato della partecipazione alla mensa comune. Per chi viene escluso dalla mensa si usi questa norma: non canti da solo in coro né salmo né antifona né proclami le letture, finché non abbia fatto la soddisfazione; inoltre prenda il pasto da solo dopo la refezione dei fratelli; così, per esempio, se i fratelli mangiano all'ora sesta, egli mangi a nona; se i fratelli a nona, egli a vespro, finché, dopo un'adeguata soddisfazione, non abbia ottenuto il perdono.

Cap.24,1-7.