I fatti più salienti della vita di S. Tommaso sono quasi tutti narrati nel Vangelo di Giovanni, in occasione di grandi misteri della vita di Gesù. Questo apostolo si può descrivere come un uomo capace di grande slancio nella sua adesione al Signore, come quando nell'ora della morte di Lazzaro esorta gli altri discepoli ad andare tutti insieme a morire con Gesù. Tommaso è rappresentato altresì come tipo dell'incredulità del credente, il cui cammino verso la pienezza della fede può compiersi soltanto ascoltando e aderendo assiduamente alla testimonianza della comunità. La sua domanda, nell'ultima cena: "Signore, non sappiamo dove vai, e come possiamo conoscere la via?" dà occasione a Gesù di formulare una delle più alte rivelazioni circa la sua persona. "Io sono la via, la verità e la vita". Ma nonostante la grandezza della rivelazione ricevuta, dopo la resurrezione, Tommaso non crede alla testimonianza degli altri discepoli; egli esige di vedere ciò che i suoi orecchi hanno udito dagli altri. Non è tanto un atteggiamento di un incredulo, quanto di un uomo schietto e sincero che vuole essere sicuro delle cose e rifugge dai "si dice". Gesù trarrà dalla sua incredulità motivo d'una importantissima lezione. Infatti otto giorni dopo, il Maestro riappare ancora nel cenacolo. Va verso di lui e gli dice: "Guarda le mie mani forate. Metti le tue dita nel mio costato". Tommaso, con lo slancio del suo carattere generoso, esclama convinto: "Mio Signore e mio Dio". Ecco il grande insegnamento che vale per tutti. Il Signore ci conduce per mano, conosce i nostri ritardi, ma sa attendere e ci prepara ad altri incontri. "Perché tu hai veduto, tu hai creduto gli dice Gesù felici coloro che crederanno senza aver visto!". Credere (dare il cuore) prima di vedere, credere per vedere. Tommaso rivedrà ancora sul lago di Tiberiade il maestro risuscitato. Lo vedrà nel giorno dell'Ascensione, sparire nei Cieli e andrà missionario si pensa, verso l'india- a predicare quello che ha visto, a coloro che non han veduto, ma che crederanno tramite la sua forte e indimenticabile esperienza.
Disse abba Eulogio: «Non parlatemi dei monaci che non ridono mai. Non sono seri».
PROLOGO ALLA REGOLA DI SAN BENEDETTO Innanzitutto chiedi con preghiera insistente che sia lui a portare a compimento ogni opera buona che ti accingi a fare; perché egli, che si è degnato di annoverarci nel numero dei suoi figli, non debba mai rattristarsi per la nostra indegna condotta. Dobbiamo infatti obbedirgli sempre, avvalendoci dei doni che ci ha fatto, in modo che egli non debba un giorno, non soltanto come padre sdegnato privarci dell'eredità dei figli, ma neppure, come padrone tremendo, irritato dalle nostre colpe, consegnarci alla pena eterna, quali servi malvagi che non hanno voluto seguirlo alla gloria.