La nascita di Giovanni Battista, presentata parallelamente a quella di Gesù, è anch'essa legata a un intervento divino; il suo nome, come quello di Gesù, è dato da Dio, e significa "Dio fa grazia". La storia umana è nelle mani di Dio, che conduce tutti ad un fine di liberazione e di pace. Il segno di questo potere è il miracolo della fecondità dei due anziani coniugi. Da questa fecondità nasce questo bambino la cui missione sarà strettamente profetica. Su questo sfondo si comprende il nome di questo neonato, che sarà chiamato Giovanni, nome al di fuori della parentela, che gli stessi genitori si premurano di chiamarlo. La gioia della paternità essi la ridonano a Dio, datore di ogni bene, perché hanno capito che quel bimbo sarà a sevizio di Dio. Ora infatti termina l'incapacità di parola di Zaccaria. Era un segno dell'opera di Dio, che quando agisce mette a tacere tutte le possibili ragioni umane. La presenza di Dio, arricchita da questo bambino, non ha menomato la realtà umana di Zaccaria, anzi prorompe sotto la forza dello Spirito in un cantico di lode, che riassume e rinnova tutto il progetto salvifico. "E tu, bambino sarai chiamato profeta dell'Altissimo perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade". A ben riflettere, il primo atto di fede in Gesù viene da Giovanni. Egli non è il messia, non è la luce: è colui che gli va avanti, un semplice testimone. E' lampada che orienta, è voce che grida nel deserto, anche per chi non vuole ascoltare. Noi, come Giovanni, non siamo la risposta a tutte le domande. Siamo solo un'eco del Cristo. Non possediamo Dio, siamo da lui afferrati. Gesù è gia in mezzo agli uomini, nelle loro gioie e nelle loro speranze. Gesù illumina ogni uomo che viene in questo mondo. Tante volte ci crediamo protagonisti della nostra salvezza. Questo vangelo ci ricorda che siamo pensati, amati e ciò non viene dai nostri meriti. A noi il compito, per sua scelta, di preparare la via a Uno che è più grande di noi. Tutti possiamo condurre a Gesù, come Giovanni.
Disse il padre Silvano: "guai a quel uomo, la cui fama è maggiore della sua opera".
SE A UN FRATELLO VENGONO COMANDATE COSE IMPOSSIBILI Se per caso a un fratello vengono comandate delle cose molto difficili o addirittura impossibili, egli accetti ugualmente l'ordine con tutta docilità e obbedienza. Se poi vede che il peso di quel carico impostogli è veramente al di sopra della sue forze, faccia presente al superiore i motivi della sua impossibilità, con pazienza e a tempo opportuno, senza arroganza o resistenza o opposizione. Ma se, anche dopo questa sua obiezione, il superiore rimane fermo nel comando, sappia il monaco che per lui è bene così e, per amore, confidando nell'aiuto di Dio, obbedisca.