"La regina Ester cercò rifugio presso il Signore". È umile, intensa ed accorata la sua preghiera. È piena di fiducia. Prega per se e per il suo popolo: "Non consegnare, Signore, il tuo scettro a dei che neppure esistono. Non abbiano a ridere della nostra caduta; ma volgi contro di loro questi loro progetti e colpisci con un castigo esemplare il primo dei nostri persecutori". È in gioco il prestigio di Dio e l'onore del suo popolo. Sappiamo dell'esito di questa preghiera. Il re Assuero sarà sconfitto dalla umile ancella. Lo scrittore sacro vuole inculcare così l'urgenza e l'efficacia della preghiera. Lo stesso argomento torna nel brano evangelico. Gesù si fa garante come nostro avvocato presso il Padre della efficacia della nostra preghiera. Tutto infatti noi chiediamo nel suo nome come egli stesso ci ha suggerito. La risposta alla nostra preghiera è il vero bene, il Bene, Dio stesso che viene e interviene a nostro favore. Egli ci dà "cose buone". Non sempre quindi quello che noi chiediamo, ma sempre il bene migliore che ci manca, secondo la visione sapiente e provvida dello stesso Signore. È determinante, ai fini del buon esito della preghiera, la nostra perseveranza. Così ci esorta Gesù: "Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto; perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto". L'unica cosa di cui dobbiamo "convincere" Dio e soprattutto convincere noi stessi, è che noi credenti non riponiamo la nostra fiducia in noi stessi, ma solo ed elusivamente in Lui che tutto può. La costanza e l'intensità della nostra orazione serve a creare una intimità di comunione che cresce nella misura in cui il nostro dialogo con il Signore e il nostro ascolto delle sue amorevoli indicazioni crescono in noi. La vita di ogni giorno ci insegna che nelle nostre relazioni umane la comunicazione con la parola fa nascere e accresce i legami di conoscenza, di amicizia e di amore tra di noi. Con la preghiera possiamo raggiungere gli stessi obiettivi con il Signore.
Discrezione «Il padre Antonio disse: "Vi sono di quelli che martoriano il corpo nell'ascesi e, mancando di discernimento, si allontanano da Dio"».
L'UMILTÀ Essi, inoltre, nelle avversità e nelle umiliazioni mettono in pratica con la pazienza l'insegnamento del Signore: percossi in una guancia porgono l'altra, a chi vuol togliere loro la tunica lasciano anche il mantello, costretti ad andare per un miglio ne percorrono due (cf. Mt 5,39-41), come l'apostolo Paolo sopportano i falsi fratelli e le persecuzioni e benedicono quelli che li maledicono.