La scena che oggi ci presenta il vangelo è fonte di grande speranza per noi credenti in Cristo, ma anche per tutta l'umanità: molta gente, una grande folla, si raduna intorno a Gesù "recando con sé zoppi, storpi, ciechi, sordi e molti altri malati; li deposero ai suoi piedi, ed egli li guarì". Il redentore, che si era autodefinito "medico", adempie così la sua missione: guarisce i corpi malati e suscita la fede negli astanti, ridona la vista ai ciechi. Quest'opera divina non è mai cessata: è ancora Lui che sana corpi e anime, è ancora lui a sentire compassione di tutte le nostre miserie e di tutte le nostre infermità. Ha compassione anche della nostra fame e, come allora, è ancora lui che è miracolosamente provvido per soccorrere tutte le nostre necessità fisiche e spirituali. Dinanzi alla folla di allora, dinanzi agli affamati di oggi, egli ripete ancora: «Sento compassione di questa folla e non hanno da mangiare. Non voglio rimandarli digiuni, perché non svengano lungo la strada». Se però molti svengono e muoiono lungo le strade del mondo, ciò è dovuto ai nostri egoismi, alla mancanza di amore a Dio e al nostro prossimo. Dipende ancora dalla mancanza di portatori, di coloro che si fanno carico delle altrui infermità per portarle a Cristo. Troppo spesso e per troppo tempo lasciamo gemere nell'attesa i poveri del mondo. Dobbiamo ancora accrescere e dilatare la catena della solidarietà e godere nel costatare come anche oggi i miracoli della carità cristiana, diventino motivo di fede nell'unico vero Dio. Gesù così ha pregato per noi: "Risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli". Ecco come anche noi possiamo ridare la vista ai ciechi e diventare guaritori delle umane infermità.
L'abba diceva: "Grande sicurezza contro il peccato è la lettura delle Sacre Scritture".
I MONACI PELLEGRINI Se un monaco pellegrino arriva da regioni lontane e chiede di abitare come ospite in monastero, se è soddisfatto delle usanze che trova nel posto senza turbare la comunità con le sue pretese, ma si accontenta con semplicità di quello che trova, sia accolto per quanto tempo desidera. Che se poi ragionevolmente e con umile carità fa qualche osservazione o dà qualche suggerimento, l'abate rifletta prudentemente se il Signore non lo abbia mandato proprio per questo.