Che cosa è più grande, l'offerta o l'altare che rende sacra l'offerta? L'evangelista Matteo, riporta la reazione di Gesù ad alcun pratiche giudaiche del tempo. La violenza delle sue frasi vuol evidenziare l'ipocrisia di alcuni responsabili religiosi dell'epoca. Gesù non entra nel merito dei dibattiti che sorgevano tra le diverse correnti dell'ebraismo del tempo; non troviamo insegnamenti dottrinali ma l'esortazione ad una religiosità vera e pura e che sgorga direttamente dal cuore. Leggiamo queste frasi e possiamo trovarci delle utili esortazioni anche per la nostra preghiera, sia personale che comunitaria. È l'esortazione ad un rapporto sincero con il Signore; l'incoraggiamento ad aprire completamente il nostro cuore perché in noi si realizzi il suo piano d'amore. Riconoscere Dio come nostro Signore ed affidarsi completamente a Lui, significa guardare il nostro prossimo, e non solo quello più vicino a noi, come veri figli di Dio, accomunati nella fratellanza in Cristo. Poniamo, anche durante la Celebrazione Eucaristica, la nostra offerta sull'Altare del Signore con cuore sincero e retto e sarà resa sacra proprio da Cristo; in essa poniamo le gioie ed i dolori della nostra quotidianità che si sviluppa nel rapporto con i fratelli e le sorelle. Alla luce del Volto di Cristo, sulla mensa eucaristica della sua Offerta, ci riuniremo con le nostre offerte.
Camminare nel fuoco della preghiera. «Il padre Lot si recò dal padre Giuseppe a dirgli: "Padre, io faccio come posso la mia piccola liturgia, il mio piccolo digiuno, la preghiera, la meditazione, vivo nel raccoglimento, cerco di essere puro nei pensieri. Che cosa devo fare ancora?". Il vecchio, alzatosi, aprì le braccia verso il cielo e le sue dita divennero come dieci fiaccole. "Se vuoi - gli disse - diventa tutto di fuoco"».
L'UMILTÀ Il decimo gradino dell'umiltà si sale quando non si è facili e pronti al riso, perché sta scritto: «Lo stolto alza la voce mentre ride» (Sir 21,23). L'undicesimo gradino dell'umiltà si sale se il monaco, quando parla, lo fa pacatamente e senza ridere, con umiltà e gravità, usando poche e sensate parole e senza alzare la voce, come sta scritto: «Il saggio si riconosce per la sobrietà nel parlare».