Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire, Bassano Romano (VT)  
08 - 14 Agosto 2004
Tempo Ordinario XIX, Colore verde
Lezionario: Ciclo C | Anno II, Salterio: sett. 3

Commento alle Letture

Domenica 08 agosto 2004

Dalla paura alla fede

[…] Che cosa sarà di noi? Gesù verrà all'improvviso. Siamo noi tra coloro che lo temono? O siamo tra coloro che lo aspettano? Ascoltando questo vangelo, il nostro cuore è stato preso dalla paura? Oppure ha trasalito di gioia?
Ma come discernere i movimenti del nostro cuore? Come sapere se siamo buoni o cattivi servitori? Chi potrebbe dire se è degno di amore o di odio? Come pretendere di essere senza peccato se anche il giusto, a detta della Scrittura, pecca sette volte al giorno?
Il problema non consiste nell'essere classificati tra i buoni o tra i cattivi, tra i giusti o tra i peccatori. Il problema sta solamente nel sapere se temiamo Gesù scossi dalla paura, o se lo attendiamo nella gioia. Tutti più o meno peccatori, se noi temiamo l'ora in cui Gesù verrà, non lo conosciamo ancora veramente, non siamo mai stati inondati dalla sua misericordia.
Tutti più o meno peccatori, se tuttavia, osiamo, malgrado tutto, attendere con grande desiderio l'ora della sua venuta, non è temerarietà da parte nostra, ma semplicemente perché un giorno siamo stati accolti nel suo perdono, senza garanzie, senza condizioni, al di là di tutto quanto potevamo meritare, al di là di tutto quanto abbiamo saputo sperare o chiedere. Come ha accolto tutti i peccatori e le peccatrici del Vangelo, tutti i pubblicani e tutte le prostitute che ci hanno preceduti nel Regno; noi tutti, ad eccezione di uno solo, forse più imperdonabile degli altri, il buon ladrone, che si era dimenticato fino all'ultima ora quando non gli fu richiesto che una sola cosa: dimenticare più profondamente ancora per abbandonarsi ciecamente all'amore di Gesù: «Signore! Ricordati di me quando entrerai nel tuo Regno». E da ultimo che era, diventò il primo. «Da oggi, gli rispose Gesù, sarai con me in paradiso».
Il buon servitore era lui, non chi si crede in regola, nel giusto. Ma colui che, malgrado tutto, osa attendere Gesù nella gioia e abbandonarsi al suo amore. «Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà al suo lavoro».
Poco importa allora se Gesù verrà all'improvviso e se non sapremo mai l'ora. Anche l'improvvisata fa parte del linguaggio d'amore e aumenta l'attrattiva. Gesù non vuole fare paura. Vuole semplicemente fare una sorpresa come il fidanzato alla sua amata che acuisce la qualità dell'attesa e moltiplica in anticipo la gioia dell'incontro. Quando la malattia ci colpisce, sia passeggera che definitiva, Gesù si fa più vicino. La sua voce si fa sentire al di là degli avvenimenti. Il mondo diventa così trasparente e gli esseri sono inondati da una nuova, strana luce. Anche la nostra attesa si fa più insistente: Gesù è là.
Ma, sia che siamo ammalati o in buona salute, Gesù è sempre là. Dovremmo vivere nello stesso clima, interamente assorti dalla vicinanza di Gesù da cui un velo tanto tenue ci separa. La preghiera nella fede e la comunione ci avvicinano: esse già ci saziano, ma aumentano nuovamente la nostra fame e la nostra attesa. Ci inondano di gioia e ci placano un istante prima di rimetterci sulla strada dell'incontro definitivo con Gesù. Beati coloro che vegliano in questo modo.
(da A. LOUF, Solo l'amore vi basterà. Commento spirituale al Vangelo di Luca, PIEMME 1985, 161-162)


Apoftegmi - Detti dei Padri

Un fratello ha detto ad un anziano: «Io non vedo lotte nel mio cuore». L'anziano gli rispose: «Tu sei un edificio aperto da tutti i lati. Chiunque entra da te e ne esce a proprio piacimento. E tu, tu non sai ciò che accade. Se tu avessi una porta, se tu la chiudessi ed impedissi ai cattivi pensieri di entrare, allora li vedresti fermi all'esterno e combattere contro di te».

Avere una porta per sapere ciò che accade.

Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

L'OBBEDIENZA DEI DISCEPOLI

E difatti parlare e insegnare è compito del maestro, tacere e ascoltare è dovere del discepolo. Quindi, se si deve chiedere qualcosa al superiore, lo si faccia con tutta umiltà e sommo rispetto, in modo da non parlare più di quanto sia conveniente. Quanto poi alle volgarità, alle parole inutili o alle buffonerie, le escludiamo nel modo più assoluto da tutto l'ambito del monastero e non permettiamo che il discepolo apra la bocca a tali discorsi.

Cap.6,6-8.