Gesù parla alle folle che si accalcano per ascoltarlo, ma ha sempre una predilezione per i suoi discepoli che dovranno accogliere, annunciare e testimoniare il suo mandato. Li ammonisce di guardarsi dal prendere ad esempio il comportamento dei farisei, di ripetere la loro ipocrisia. La falsità momentaneamente può anche restare nascosta, trarre in inganno i più semplici e non essere riconosciuta dagli uomini, ma Gesù ammonisce: "Non c'è nulla di nascosto che non sarà svelato, né di segreto che non sarà conosciuto. Pertanto ciò che avrete detto nelle tenebre, sarà udito in piena luce; e ciò che avrete detto all'orecchio nelle stanze più interne, sarà annunziato sui tetti". Il giudizio di Dio riguarderà quindi la nostra interiore sincerità e lealtà e ogni menzogna verrà svelata alla sua luce. Ai suoi occhi dovrà splendere la verità tutta intera per ristabilire la perfezione della giustizia, violata con le menzogne e le ipocrisie. Solo allora scopriremo che le vere vittime non sono coloro che in buona fede hanno subito raggiri, inganni e violenze ma piuttosto coloro che ne sono stati gli autori. È in questa prospettiva che leggiamo la conclusione del brano evangelico di oggi. Il Signore vuole rassicurare i suoi e tutti coloro che subiranno persecuzioni nel corpo e nello spirito: non mancherà per essi una speciale protezione divina: "Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non temete, voi valete più di molti passeri".
Un fratello era assalito da molto tempo dal demone dell'impurità e malgrado molti sforzi non riusciva a sbarazzarsene. Una volta, mentre era alla Sinassi, si sentì come d'abitudine tormentato dalla passione; decise dunque di trionfare sulla macchinazione del demonio e di chiedere ai fratelli di pregare per lui affinché fosse liberato. E, sprezzando ogni vergogna, si mise nudo davanti a tutti i fratelli e mostrò l'azione di Satana: «Pregate per me, padri e fratelli miei», disse, «perché sono quattordici anni che sono così combattuto»; e subito il combattimento si allontanò da lui, grazie all'umiltà che aveva mostrato.
IN QUALI ORE I FRATELLI DEVONO PRENDERE I PASTI Dalla santa Pasqua fino a Pentecoste i fratelli pranzino a sesta e cenino la sera. Da Pentecoste poi per tutta l'estate, se i monaci non devono attendere ai lavori dei campi e se l'eccessivo calore estivo non lo impedisce, il mercoledì e il venerdì digiunino fino a nona; negli altri giorni pranzino a sesta. Ma se avessero lavori nei campi o la calura estiva fosse opprimente, si mantenga il pranzo a sesta anche in quei due giorni; e ciò sia rimesso al provvido giudizio dell'abate; egli appunto deve regolare e disporre le cose in modo che le anime si salvino e quello che i fratelli fanno, lo facciano senza alcun fondato motivo di mormorazione.