Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire, Bassano Romano (VT)  
17 - 23 Agosto 2003
Tempo Ordinario XX, Colore verde
Lezionario: Ciclo B | Anno I, Salterio: sett. 4

Commento alle Letture

Domenica 17 agosto 2003

Il corpo e il sangue per dimorare in Dio.

Avremmo potuto pensare che la comunione che Dio voleva realizzare con tutti noi si potesse esprimere esaurientemente nell'incarnazione del Verbo, nella prodigiosa nascita di Cristo dal seno purissimo della Vergine Maria. Il Figlio di Dio diventa il primogenito di tanti fratelli! L'annuncio della sua passione e della sua morte costituisce un ulteriore testimonianza d'amore e anche in questo avremmo potuto credere che l'Amore avesse raggiunto il massimo della sua manifestazione verso di noi. Lo stesso Gesù aveva detto: "Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici.". Nessuno al mondo avrebbe potuto pensare che lo stesso Dio nella persona del Figlio potesse e volesse diventare nostro cibo e nostra bevanda, fondendo in UNO la sua natura divina con la nostra. Egli ha voluto così manifestare in modo inequivocabile il suo infinito amore per noi: non solo ha voluto garantirci la sua presenza diventando uno di noi, non solo ha accettato per noi l'ignominia della croce e la morte, ma ha voluto essere dentro ciascuno di noi, dentro la nostra storia per unirla intimamente alla sua e dargli lo stesso infinito valore di vita e di risurrezione. Dopo averci adornato della sua somiglianza dotandoci di anima, di intelligenza e di volontà, creandoci come esseri liberi, ora vuole deificare la nostra natura, vuole inabitare in noi, prendere stabile dimora nel nostro spirito affinché il suo Spirito aliti in noi deificandoci. Questo nelle semplicità di un pezzo di pane e di poche gocce di vino offerte come sacrificio, come un memoriale dai prescelti del Signore per sfamare l'umanità intera. Solo l'esperienza ci consente di verificare il mirabile mistero del Corpo e del sangue del Signore. Solo con le fede possiamo credere a tale e tanto dono. Solo mangiando e bevendo a quella interminabile cena possiamo sentire che la vita divina si trasfonde in noi elevandoli alla dignità di Figli. Peccato che troppo pane rimane chiuso negli altari e troppi affamati vivono ramenghi nel mondo. Peccato che quell'invito alla mensa sia da tanti dissertato e non possano godere la gioia della fraternità vera e della pace di Cristo! Gesù però non smette di ripetere a tutti il suo accorato invito: "Prendete e mangiatene tutti: questo è il mio corpo, questo è il mio sangue!".


Apoftegmi - Detti dei Padri

«Un anziano disse: "Se vedi uno cadere e puoi aiutarlo, tendigli il tuo bastone e fallo risalire. Ma se non puoi tirarlo su, lasciagli il tuo bastone e non perderti anche tu insieme a lui. Se gli dai la mano e non puoi trarlo su, sarà lui a trascinarti in basso e morirete tutti e due". Questo diceva per quelli che vogliono aiutare gli altri, al di là delle loro possibilità».


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

L'UMILTÀ

Il quarto gradino dell'umiltà si sale quando nell'esercizio della stessa obbedienza, anche incontrando durezze e difficoltà e persino ricevendo delle ingiurie, si abbraccia nel silenzio del proprio cuore la pazienza, e sopportando tutto, non si viene meno né si indietreggia, perché la Scrittura dice: «Chi persevererà sino alla fine sarà salvato» (Mt 10,22); e ancora: «Si rinfranchi il tuo cuore e sopporta la prova del Signore» (Sal 26,14 Volg.). E per mostrare che il fedele deve sostenere per il Signore anche tutte le contrarietà possibili, la Scrittura dice nella persona di quelli che soffrono: «Per te ogni giorno siamo messi a morte, stimati come pecore da macello» (Sal 43,23); e, certi della speranza della ricompensa divina, essi proseguono con gioia: «Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati» (Rm 8,37). Così pure in un altro passo la Scrittura dice: «Dio, tu ci hai messi alla prova; ci hai passati al crogiuolo come l'argento. Ci hai fatti cadere in un agguato, hai messo un peso ai nostri fianchi» (Sal 65,10-11). E per indicare che dobbiamo sottostare a un superiore, prosegue: «Hai posto un uomo sulle nostre teste» (Sal 65,12).

Cap.7,35-41.