Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire, Bassano Romano (VT)  
13 - 19 Luglio 2003
Tempo Ordinario XV, Colore verde
Lezionario: Ciclo B | Anno I, Salterio: sett. 3

Commento alle Letture

Venerdì 18 luglio 2003

Misericordia io voglio e non sacrificio…

Gesù riporta questa frase dell'Antico Testamento al termine di una ennesima controversia con i farisei. Abbiamo sentito nel vangelo come si sono scandalizzati contro i discepoli di Gesù che in giorno di festa coglievano spighe per sfamarsi. I farisei erano certi di essere nel giusto, di fare la volontà di Dio perché compivano alla lettera le innumerevoli prescrizioni legali. Ma questo non è saggezza evangelica, non è caratteristica cristiana. Dio si è manifestato come liberatore e vuole che il nostro slancio verso di lui sia obbedienza, ma non un'obbedienza legalistica ma piuttosto l'obbedienza dei figli, l'obbedienza figliale. Noi siamo obbedienti ai suoi comandamenti proprio perché egli ci ha reso liberi, capaci di conoscere le situazioni, capaci di giudicarle, capaci di prendere le decisioni giuste per il bene nostro e degli altri. Il Signore vuole che viviamo nella carità ed ogni precetto, ogni comandamento è subordinato ad essa. Così la nostra vita renderà testimonianza a lui, Dio che crea gli uomini liberi.


Apoftegmi - Detti dei Padri

«Un giorno il santo padre Antonio, mentre sedeva nel deserto, fu preso da sconforto e da fitta tenebra di pensieri. E diceva a Dio: "O Signore! Io voglio salvarmi, ma i miei pensieri me lo impediscono. Che posso fare nella mia afflizione?". Ora, sporgendosi un po', Antonio vede un altro come lui, che sta seduto e lavora, poi interrompe il lavoro, si alza in piedi e prega, poi di nuovo si mette seduto ad intrecciare corde, e poi ancora si alza e prega. Era un angelo del Signore, mandato per correggere Antonio e dargli forza. E udì l'angelo che diceva: "Fa' così e sarai salvo". All'udire quelle parole, fu preso da grande gioia e coraggio; così fece e si salvò».


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

QUALE DEVE ESSERE L'ABATE

Non faccia preferenze di persone in monastero; non ami uno più dell'altro, eccetto chi avrà trovato migliore nelle buone opere e nell'obbedienza; non preferisca chi è nato libero a chi entra in monastero venendo dalla condizione servile, a meno che non ci sia un altro motivo ragionevole; che se, per dovere di giustizia, l'abate riterrà opportuno agire così, lo faccia per qualsiasi classe sociale; altrimenti ognuno conservi il proprio posto; perché, schiavi o liberi (Ef 6,8), tutti siamo uno in Cristo (Gal 3,28) e portiamo il medesimo peso della milizia e del servizio sotto un unico Signore: non vi è infatti presso Dio preferenza di persone (Rm 2,11); soltanto in una cosa possiamo distinguerci davanti a lui: se siamo trovati più umili e migliori degli altri nelle buone opere. Abbia dunque l'abate verso tutti uguale carità e, tenendo conto dei meriti di ciascuno, segua per tutti una medesima linea di condotta.

Cap.2,16-22.