Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire, Bassano Romano (VT)  
30 Marzo - 05 Aprile 2003
Tempo di Quaresima IV, Colore rosa
Lezionario: Ciclo B, Salterio: sett. 4

Commento alle Letture

Giovedì 03 aprile 2003

La testimonianza degli uomini e quella di Dio.

I testimoni sono assertori di verità e sulla parola di due di loro veniva stabilito il giudizio. Giovanni è stato l'ultimo dei profeti e il primo del nuovo testamento, ma anche la sua voce, che ha proclamato Cristo agnello di Dio, è scemata come una meteora. L'oblio, la dimenticanza ci possono rendere responsabili dinanzi a Dio e dinanzi agli uomini. Gesù però può legittimamente vantare una testimonianza superiore. Il Padre l'ha proclamato Figlio suo prediletto mentre lo stesso Giovanni lo battezzava nelle acque del Giordano. A conferma di quella voce sono poi intervenute le opere che lo stesso Gesù va compiendo durante la sua missione terrena. "Ma voi non avete mai udito la sua voce, né avete visto il suo volto, e non avete la sua parola che dimora in voi, perché non credete a colui che egli ha mandato". Ecco la denuncia e l'accusa che Gesù deve scandire nei confronti dei Giudei del suo tempo, ma che conserva tutta la sua attualità ancora ai nostri giorni per ciascuno di noi. Non udiamo e non vediamo, ecco in sintesi descritto il peccato del mondo. Tutto ci è stato rivelato in Cristo, tutta la scrittura si è adempiuta in Lui, la sua testimonianza è inequivocabile, eppure ancora persiste il rifiuto ancora non andiamo a Lui per avere la vita, che pur tanto bramiamo. Non vediamo il suo volto e ci fermiamo a rimirare i nostri volti sfigurati dal male e segnati dalle nostre passioni. Il commino verso la pasqua è segnato dalla sofferenza e dalla crudeltà, ma non possiamo più dubitare della meta finale a cui ci conduce. Dobbiamo solo alimentare la fede per non perdere mai la speranza.


Apoftegmi - Detti dei Padri

L'abba Antonio predisse all'abba Amun: «Tu farai molti progressi nel timore di Dio». Poi lo condusse fuori dalla cella e gli mostrò una pietra: «Mettiti a ingiuriare questa pietra», gli disse, «e colpiscila senza smettere». Quando Amun ebbe terminato, sant'Antonio domandò se la pietra gli avesse risposto qualcosa. «No», disse Amun. «Ebbene! anche tu», aggiunse l'anziano, «devi raggiungere questa perfezione».


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

SE I MONACI POSSONO AVERE ALCUNCHÉ DI PROPRIO

Nel monastero bisogna estirpare fin dalle radici soprattutto questo vizio: che nessuno ardisca dare o ricevere qualcosa senza il permesso dell'abate; né avere alcunché di proprio, nulla nel modo più assoluto: né libro, né tavolette, né stilo, proprio niente insomma; dal momento che ai monaci non è lecito disporre nemmeno del proprio corpo e della propria volontà. Tutto il necessario invece lo devono sperare dal padre del monastero; e non sia lecito avere alcuna cosa che l'abate non abbia data o permessa. Tutto sia comune a tutti - come sta scritto - e nessuno dica o ritenga qualcosa come sua proprietà (At 4,32). E se si scoprirà un fratello che asseconda questo pessimo vizio sia ripreso una prima e una seconda volta; se non si corregge, sia sottoposto alla disciplina regolare.

Cap.33,1-8.