Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire, Bassano Romano (VT)  
02 - 08 Luglio 2000
Tempo Ordinario XIII, Colore verde
Lezionario: Ciclo B | Anno II, Salterio: sett. 1

Commento alle Letture

Lunedì 03 luglio 2000

L'incredulità di Tommaso.

Lo ricordiamo tutti come l'Apostolo incredulo, come colui che volle mettere la mano al posto della ferita della lancia e il dito al posto dei chiodi. Egli volle così attingere la fede piena alla fonte stessa dell'amore. È importante credere alla altrui testimonianza, ma non possiamo assolutamente condannare chi vuole comprendere il prezzo dell'amore e toccare i segni della grazia. Molto probabilmente Tommaso, più degli altri era rimasto salutarmene scosso dalle parole che il suo Gesù aveva pronunciato non molti giorni prima, nella sera dell'ultima cena: "questo è il mio corpo, questo è il mio sangue sparso per voi". Ora Tommaso vuole comprendere fino in fondo, per quanto è possibile alla fragilità umana, il significato pieno di quel dono. Volendo toccare il corpo di Cristo con i segni della sua passione, egli vuole stabilire una intensa ed indefettibile comunione con Cristo. Egli vuole riconoscere quel corpo, che non aveva visto inchiodato alla croce, ma che desidera legare e fondere con il suo, per essergli poi fedele fino alla morte. I segni dei chiodi e le ferite del costato che egli tocca gli consentono di salire con il suo maestro fino al Calvario, fino alla croce per poi godere nel vederlo vivo e risorto, lì presente dinanzi a lui, ancora pronto a fugare ogni dubbio. L'intensità dell'amore talvolta supplisce alla debolezza della fede. Vediamo infatti nella storia di Tommaso l'esplosione simultanea della fede e dell'amore quando dichiara che Cristo è il suo Signore e il suo Dio: «Mio Signore e mio Dio!». E', tutto considerato, un bel percorso quello che Tommaso compie; egli volge lo sguardo e poi tocca Colui che hanno trafitto. Ci porge un invito che tutti possiamo raccogliere: guardare il crocifisso per immergerci in Cristo, per imprimere nel nostro cuore i germi fecondi della gratitudine della fede e dell'amore.


Apoftegmi - Detti dei Padri

Disse abba Eulogio: «Non parlatemi dei monaci che non ridono mai. Non sono seri».


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

PROLOGO ALLA REGOLA DI SAN BENEDETTO

Innanzitutto chiedi con preghiera insistente che sia lui a portare a compimento ogni opera buona che ti accingi a fare; perché egli, che si è degnato di annoverarci nel numero dei suoi figli, non debba mai rattristarsi per la nostra indegna condotta. Dobbiamo infatti obbedirgli sempre, avvalendoci dei doni che ci ha fatto, in modo che egli non debba un giorno, non soltanto come padre sdegnato privarci dell'eredità dei figli, ma neppure, come padrone tremendo, irritato dalle nostre colpe, consegnarci alla pena eterna, quali servi malvagi che non hanno voluto seguirlo alla gloria.

Prol.4-7.