Domande frequenti
- Volevo sapere se in una messa e consentita la doppia orazione. Le spiego meglio: essendo la domenica, Pasqua del Signore, non cede posto ad altro, e capitato di celebrare un Trigesimo di una carissima, e consentita dire la prima orazione domenicale e poi la seconda del Trigesimo? Perché non c'è un vero decreto per iscritto? E' considerato come un abuso Liturgico?
- In ogni messale, all'inizio del grande librone dell'altare, si trova un documento con nome Ordo generale del Messale romano. E' un documento di chi, di cosa e di come di tutta la messa.
Proprio lì, al nr. 54 è contenuta la norma in cui espressamente si specifica: "Nella messa si dice sempre una sola colletta".
A mio parere non è un abuso, è l'ignoranza dei preti, miei confratelli, che non leggono le norme liturgiche. OGMR è un documento stupendo, non solo per la parte storico-dogmatico-dottrinale ma anche per quel che riguarda i ruoli, le persone, la gestualità, e tutto quanto concerne la celebrazione eucaristica.
Il documento è facilmente disponibile in rete, anche sul sito del vaticano qui: OGMR v.3
Qui parliamo della messa ma ogni sacramento ha un documento simile, ed è contenuto all'inizio di ogni libro liturgico in mano al celebrante...
----
AD: 1
Deduco allora che non c'è nessun divieto di farne due o più di orazioni...
RE: 1
----
No, non credo la spiegazione sia questa.
Il linguaggio del OGMR è quello canonico del diritto romano. Quando dice: "si legga una sola colletta" intende che si debba leggerne proprio UNA SOLA e basta, con lo stesso vietandone una seconda. Bisogna capire bene che cosa significano le tre orazioni maggiori della messa. E' una celebrazione della Chiesa, non è una celebrazione personale, non è che se non nominiamo il nome del defunto "preghiamo di meno"... Il Signore sa cosa ciascuno di noi porta nel cuore... Ma se vogliamo essere nella Chiesa e fare quel che vuole la Chiesa dobbiamo rispettare anche le disposizioni, non perché "c'è scritto così" ma per essere sempre più uniti nella Chiesa sparsa nel mondo.
E' bello pensare che la domenica, partendo dall'Australia o delle più sperdute isole dell'Indonesia, manmano il sole si sposta verso occidente, in tutte le grandi basiliche ma anche nelle piccole capanne del bush, per tutto il giorno, viene celebrata la stessa lode, nel mondo intero, con le stesse preghiere e le stesse orazioni... Questo significa una sola Chiesa con una sola liturgia. - Come mai nelle Lodi mattutine: nei giorni della settimana (I, II, III ect) lunedì, martedì, mercoledì ect ect le preghiere sono quelle del giorno di riferimento, mentre le lodi della domenica e dei giorni festivi si pregano sempre gli stessi salmi (62,2,9, cantico di Daniele e ancora il salmo 149) perché?
- Anche la liturgia domenicale è propria per ogni settimana, diversa per le quattro settimane del salterio. L'orazione è la stessa, perché corrisponde alla colletta della messa che ne fa parte (dell'ufficio divino).
La divisione a quattro settimane è una conquista della riforma liturgica del Vaticano II che chiedeva di aprire i tesori delle sacre scritture ai più. Prima, il breviario, era settimanale, si ripeteva cioé ogni settimana, e non solo i salmi ma anche altri testi e orazioni, ciò che rendeva la preghiera molto ripetitiva.
Nella storia alcuni salmi hanno ottenuto un rango più importante, ad esempio per la loro bellezza letteraria, teologica ma anche per la funzione propedeutica del Nuovo testamento. C'è una spiegazione abbondante dei Padri della Chiesa che a ciò danno anche una fondamentazione teologica. Questo per esempio riguarda i cosiddetti salmi festivi. Lei nomina il salmo 149 ma l'ufficio festivo si concludeva sempre con la triade 148-149-150. I tre nel breviario si recitavano sempre insieme.
Ci sono poi molti schemi della preghiera della Liturgia delle ore. Certamente il più usato è quello che utilizzano i sacerdoti diocesani. Ma ad esempio noi, benedettini, abbiamo altri breviari, addirittura a scelta tra i quattro schemi di preghiera diversi. E noi i salmi, secondo il comandamento di san Benedetto, li recitiamo tutti e 150 ogni settimana.
Ci sono molti studi che riguardano l'odierna liturgia delle ore, o il breviario. Se è interessato troverà ovunque una bibliografia abbondante. Si potrebbe ad esempio partire dai documenti contenuti all'inizio del I volume della Liturgia delle ore, che spiegano il come e il perché e anche in che modo della Liturgia delle Ore della Chiesa. Sono molto belli. - Mi chiamo F. sono un infermiere. Da ormai 16 anni prego la liturgia delle ore. La mia domanda è questa: quando faccio il turno del pomeriggio uscendo alle 22 dal lavoro, posso ancora celebrare i Vespri? Solitamente li ascolto in macchina, bel viaggio di ritorno verso casa.
- Nell'introduzione del Libro della Liturgia delle Ore si chiede che siano rispettate le ore della preghiera. Le lodi di mattino e i vespri la sera. Addirittura, alcune ore sono state modificate, e ad esempio l'ora delle letture o di ascolto è stata aggiornata perché si possa celebrare in altri momenti della giornata e non come era di tradizione nelle veglie di notte.
La preghiera dei vespri è la preghiera della sera. Dalle quattro in poi, certamente lo si può fare anche alle 22.
C'è un altro argomento che mi sembra importante... il concetto della preghiera...
Con i nuovi mezzi di comunicazione è subentrato un concetto di preghiera un po' strano... mentre cioé faccio una cosa mi metto pure il rosario in sottofondo... Mentre faccio le pulizie, mi ascolto la messa per televisione...
Io credo che questo sia un grande pericolo... perché ci acquieta la coscienza ma: è veramente la nostra preghiera? Io prego o do le briciole di tempo al Signore che tanto si accontenterà. Questo specialmente quando parliamo della preghiera liturgica, qual'è la Liturgia delle Ore. Non mi capisca male... non giudico la preghiera... cerco solo di attirare l'attenzione all'orazione, alla preghiera, al metterci di fronte a Dio, tu per tu e non fermarci al mero meccanismo di diversi metodi o modi...
Certamente la preghiera di una madre di famiglia, che, magari dopo ore di lavoro deve spicciare pure la casa... sarà differente dalla preghiera di una monaca di clausura o di un parroco... Ciascuno di noi però, secondo il proprio stato, deve crearsi i propri spazi per dedicarli a Dio. - Mi sono trasferita dall'estero e ora da poco vivo vicino a Milano. Ogni tanto frequento una chiesa dove si prega bene. Ma mi sono accorta che le messe non sempre sono come quelle della mia parrocchia. Mi hanno detto che la chiesa è di rito ambrosiano. Che cosa significa?
- In due parole potremmo rispondere che è il modo di vivere e di celebrare di una Chiesa. Ma comprende anche la sua tradizione, il pensiero teologico e non solo il modo in cui vengono celebrate le messe e amministrati i sacramenti. Ogni rito ha il suo calendario, ha i suoi propri santi, spesso si serve anche della propria lingua locale, anche se antica e magari non più in uso. Molti sono ancora in uso i riti delle chiese orientali che le caratterizzano...
Noi siamo abituati al rito romano, che si celebra in tutto il mondo, in tutta la Chiesa latina. Ma anche la Chiesa latina, nostra, occidentale, era ricca dei riti. Giusto per nominare qualcuno: rito celtico, gallicano, di Aquileia o rito africano della odierna Tunisia. Era la ricchezza della Chiesa... Anche noi Silvestrini, avevamo un nostro rito silvestrino, con i propri libri liturgici, conserviamo ancora un messale con il rito proprio.
Dopo la riforma del Concilio di Trento, che ha ordinato la celebrazione liturgica in tutta la Chiesa latina, istituendo un solo rito romano, ha comunque promosso in alcune chiese, specialmente ove i riti propri erano molto presenti, la possibilità di conservarli.
Non sono rimasti molti oggi i riti nella Chiesa latina. E forse uno dei più conosciuti, oltre a quello romano, è proprio il rito della Chiesa milanese, detto ambrosiano. Ma è ancora in uso il rito mozarabico in Spagna o l'antichissimo rito della arcidiocesi portoghese di Braga che ha una tradizione risalente al sesto secolo. Oltre ai riti antichi c'è anche un rito della giovane chiesa africana zairese, composto dopo il Concilio Vaticano II, usato non solo in Africa ma anche in Roma, nella chiesa zairese. - Le scrivo per chiederLe se la Santa Messa in orario serale del 25 dicembre sia valida come prefestiva per domenica 26 dicembre 2021
- Per rispondere a questa domanda bisogna capire che cosa sia la messa serale, detta erroneamente prefestiva. Le feste, secondo l'antica tradizione, ancora ebraica, iniziano con il calar del sole del giorno prima. Cioè secondo il calendario liturgico, la domenica non inizia alle ore 24 ma la sera di sabato. Ed è per questo che le feste e le solennità liturgiche, inclusa la domenica, hanno i primi vespri. Parlo di domenica per capirci più facilmente ma vale anche per le feste e solennità. Praticamente cosa significa: che noi già da sabato sera, se partecipiamo alla messa di domenica (non a qualsiasi messa che viene celebrata sabato sera... potrebbe infatti capitare che ci siano messe dei gruppi, di un matrimonio o di qualche altra circostanza che non celebrano la messa di domenica ma di un'altra messa), dicevo, se partecipo alla messa domenicale (le letture di domenica, il formulario, le orazioni della messa di quella data domenica), già da sabato sera soddisfaccio il precetto.
E quando finiscono le feste? Finiscono domenica notte.
Ora passiamo al Natale 2021. Il Natale è iniziato venerdì 24 sera con le messe vespertine, con i Primi vespri di Natale, con la Messa dei Pastori alla mezzanotte... e finisce il 25 sera. E il Natale è più grande, più importante di un Santo Stefano o di una qualsiasi domenica. Il Natale non permette nessuna altra celebrazione se non quella della Nascita del Signore. Anche la sera di Natale si celebra il Natale. E chi partecipa alla messa serale del 25 partecipa al Natale.
Torniamo un attimo al "brutto" precetto che deve ricordare al cristiano l'obbligo della messa. Brutto perché noi dovremmo desiderare di partecipare alla messa e non esserne obbligati per precetto... La facoltà di celebrare la messa festiva nel vespro del giorno precedente è stata concessa ai soli vescovi negli anni sessanta. Negli anni settanta la Chiesa stabiliva che nelle città viene data la facoltà di celebrare una messa "prefestiva" in una chiesa prescelta e tutti i fedeli, che non possono partecipare alla messa del giorno di domenica, possono partecipare a questa messa. Oggi, ormai in tutte le chiese si celebrano le messe "prefestive" ma la concessione iniziale era "a chi non può partecipare la domenica, perché impegnato seriamente altrove". Questo per dire che dobbiamo ricuperare il giorno di domenica, il giorno di festa, il giorno di riposo, il giorno in cui compiamo il Terzo comandamento del Decalogo: "Ricordati di santificare le feste", che non si esprime nel solo precetto della messa ma nel riposo, come quello Suo, descritto nella Genesi, di cosa ha fatto il Settimo giorno: godette della Creazione. - Nella mia comunità celebrando le lodi o i vespri, chi guida dice: l versetti del salmo li preghiamo liberamente, così pure il gloria finale. In un corso di esercizi spirituali il sacerdote ha obiettato che i salmi della liturgia si pregano a cori così pure il gloria finale si recita insieme, i due cori.
- Il modo antico, affermato è quello a due cori alterni, inizialmente a stichi a due, oggi più di frequente a strofe. Noi monaci preghiamo in questo modo. Nel frattempo, io penso per far protagonisti tutti in preghiera, è subentrato il modo, prima con un solista, e successivamente anche individuale. Sono segni dei nostri tempi. Non ci sono problemi se la recita "liberamente" esprime il senso della preghiera comunitaria. Se invece fosse segno del protagonismo individualistico dei membri della comunità sarebbe da evitare.
- Ho letto che l'imposizione delle due mani sui doni durante l'epiclesi è un gesto consacratorio. Dunque, senza di quello la consacrazione non avviene e la messa è invalida?
Ed è valida la consacrazione nel caso in cui durante l'epiclesi il sacerdote stende solo una mano invece che due perchè una è impegnata a mantenere il microfono che serve a diffondere la voce? Stessa domanda se durante l'epiclesi ci sono anche altri sacerdoti che stendono entrambe le mani ma il sacerdote che ha il microfono è anche quello che fa il segno della croce sui doni. - In effetti, nel rito della messa, tutta la preghiera eucaristica è consacratoria... C'è però una grande differenza culturale tra le chiese orientali, alle quali questo concetto è alquanto congegnale e la Chiesa latina/romana, segnata dalla precisione e dalla sua indole del Diritto, da tempi immemorabili. I romani avevano bisogno di sapere con precisione il momento in cui il pane diventa corpo di Cristo, ciò che per gli orientali, non dico che non importa, ma non è essenziale... Pertanto nei secoli si è passato dalla epiclesi al racconto dell'Ultima cena ed alla elevazione, chiamata "consacrazione". Anche noi oggi la consideriamo in questo modo. Ma lo Spirito Santo non è un computer.Io personalmente credo che il primo fatto è l'intenzionalità del celebrante, cioé: "io voglio fare quel che fa la Chiesa". In questo senso, se per un motivo valido ometto una parola o un gesto, ma voglio fare quel che fa la Chiesa, il sacramento è valido e degno.
Per quel che riguarda invece la gestualità in genere, a vedere oggi i preti che celebrano, sembrerebbe che qualunque cosa scritta nei libri liturgici è facoltativa... "Faccio così o cosà e va bene uguale"... E se questo dovesse derivare dal suo approfondito studio della cosa, dalla sua convinzione profonda che quel che faccio è giusto, sarei pure d'accordo... Infatti tanti gesti oggi hanno perso il loro significato oppure non vengono più capiti da chi vi partecipa. Ma se questo comportamento derivasse dalla sua ignoranza, cioé "faccio così perché oggi mi va di farlo in questo modo", penso che si potrebbe anche dubitare nella verità del sacramento, perché tu non fai "come fa la Chiesa" ma sei prete ignorante...
Come dovrebbe essere?
La liturgia distingue due gesti di imposizione delle mani. Uno consacratorio, dell'epiclesi appunto e uno di partecipazione. E mentre il gesto che accompagna l'epiclesi è obbligatorio e va fatto da tutti i concelebranti con due mani e con le palme rivolti verso i doni sul corporale, il gesto di partecipazione non è obbligatorio, anche se è un gesto di tradizione e va partecipato dai concelebranti, con la sola destra, con il pollice rivolto verso esterno. Il Caerimoniale episcoporumo lo chiarisce così:
Cf. Messale Romano, Principi e norme, nn. 174 a, c, 180 a, c, 184 a, c, 188 a, c. Alla epiclesi prima della consacrazione, bisogna stendere le mani in modo che le palme siano aperte rivolte e sopra le offerte (cf. Missale Romanum, ed. 1962, Ritus servandus in celebratione Missæ, VIII, 4). Alla consacrazione invece la palma della mano destra sia rivolta a lato (cf. Notitiæ, I, 1965, p. 143).
E se nella celebrazione non viene fatto così? Forse la transustanziazione non avviene? Ma io dubito. Credo però che nelle cose di Dio dobbiamo, per quanto la nostra condizione umana ce lo permette, essere perfetti, perché questo, da noi preti, esige la dignità e la santità di Dio stesso... è il Corpo di Cristo che teniamo in mano. Ma il Signore verrà anche nelle mani di un prete ignorante, così come è nato nella povera stalla di Betlemme. Lui, Vero e Santo, Intero. - Padre, buongiorno. Vorrei chiedere che cosa pensa a proposito della confessione via telefono. Siamo in tempi di guerra e non è possibile uscire di casa. Andiamo anche verso la Pasqua, non solo per soddisfare il "precetto pasquale" ma vivere meglio la Risurrezione. Secondo lei si potrebbe usufruire della confessione via mezzi informatici odierni?
- Grazie della domanda. E' un argomento molto interessante e in questi giorni anche importante. Certo, secondo il rituale, per avere un sacramento il penitente deve incontrare il sacerdote personalmente. Esiste da secoli, certo, non come sacramento ma nell'ambito suo, la richiesta di scioglimento dalle censure, peccati riservati, VIA LETTERA, indirizzati direttamente alla Penitenzieria vaticana. "Partecipiamo", tramite i mezzi di comunicazione alla celebrazione eucaristica, riceviamo le benedizioni, anche "URBI ET ORBI", certo è un'altra cosa... Ma, come ha detto anche lei, viviamo in tempi di guerra e i mezzi telematici ci accompagnano ormai quotidianamente. Io credo che nell'impossibilità di incontrare il sacerdote "de visu", si potrebbe chiedere l'assoluzione sacramentale a distanza. Papa Francesco qualche giorno fa ha parlato del chiedere il perdono direttamente a Dio, ma anch'io prete, da penitente, ho bisogno di sentire "IO TI ASSOLVO DAI TUOI PECCATI...". Certamente sarà un sacerdote che conosco, magari il mio padre spirituale o confessore abituale... Ma nei tempi di guerra penso sia possibile...
- Quali sono le parti del canone della messa assegnate al concelebrante n.1 e n.2 o n.3, se ci fosse.
- Non esistono rubriche né disposizioni in proposito. Ci sono diversi usi, più o meno consueti, uno di questi è quello di cui parla lei. Ma ci sono anche altri, ad esempio nei monasteri benedettini intervengono sempre i due sacerdoti più grandi nella professione, indipendentemente dove si trovano... oppure un altro ancora in cui il celebrante principale, o il cerimoniere, prima della celebrazione dispongono: nella prex eucaristica intervengono Don Camillo e Don Pepone....
Questo per dire che basta mettersi d'accordo...
Per quel che riguarda 1-2-3: io sono del parere che si dovrebbe attenere a quanto dispone il messale. Non è detto che ciascun sacerdote concelebrante DEBBA "fare" qualche cosa, perché già concelebra, e ditemi se è poco.
Nel caso presente, sempre se non si tratti del canone romano, devono intervenire solo il sacerdote 1 e 2, anche se ci sono altri concelebranti.
A tal proposito mi viene in mente un altro uso. Qualche volta si vede che il celebrante principale, per la dossologia, porge la patena ad uno e il calice ad altro, e magari se ci sono pissidi anche queste ad altri concelebranti. Secondo me è una pratica sbagliata... Qui dovrebbero intervenire solo il celebrante principale e il diacono, se c'è, altrimenti il concelebrante che si trova alla sua destra, in modo che il calice venga innalzato alla destra del celebrante principale. - Si possono celebrare le memorie dei santi non soltanto nel giorno della memoria liturgica annuale ma anche in altri giorni ad esempio nel giorno anniversario della loro nascita?
- Nel decreto della beatificazione viene specificato il giorno della celebrazione/memoria liturgica del santo. E per la liturgia è questo. Non sempre corrisponde alle date della vita o della morte del santo stesso. Per gli altri giorni invece, sempre se non sono liturgicamente impediti, si può celebrare una messa votiva del santo, specialmente nei luoghi o momenti importanti. Il formulario sarà permesso, a giudizio del celebrante, sempre quando è permessa la messa votiva.
- Volevo chiedervi: ma oggi è la prima domenica del Tempo ordinario? Dalla liturgia non risulta.
- No!. La prima domenica del Tempo ordinario non esiste. Infatti il Tempo ordinario inizia domani, lunedì, senza la "sua" domenica. Oggi invece, la Festa del Battesimo del Signore, è l'ultima domenica del Tempo di Natale che essa conclude. Una cosa simile la avremo con la conclusione del Tempo pasquale e la domenica di Pentecoste. Anche essa conclude il tempo pasquale e dal lunedì riprenderà il tempo "per annum" (la sua seconda parte, quella dopo pasqua appunto).
- Alcune religiose della comunità sostengono che la novena di Natale sostituisce l'ora canonica del Vespro, e x questo, durante la novena qualche superiora abolisce l'ora del Vespro. E' giusto? È vero?
- La novena di Natale è un pio esercizio non la liturgia. Ma personalmente credo niente vieti che in questo periodo tanto speciale, particolarmente per chi non è obbligato dal diritto alla celebrazione della Liturgia delle ore, a sostituirla con la Novena di natale, tanto più se questa è costruita con i testi liturgici, e celebrata con lo schema del vespro. La cosa più importante in comunità, della quale tutti siamo responsabili, superiori e no, è lo spirito di orazione. A questo tutti dobbiamo contribuire, a prescindere dal tempo liturgico. Se la decisione in comunità crea scompiglio già qui mi interrogherei sull'opportunità dell'una o dell'altra soluzione.
- Concelebrando in un grande Santuario è capitato che il Diacono durante l'offertorio è andato in Sacrestia ed ha portato sull'altare un secondo calice col vino per i concelebranti. Il calice è stato posto sull'altare dopo la preghiera sulle offerte. Dopo la S. Messa c'è stata una discussione tra noi sacerdoti. Qualcuno diceva che il vino del secondo calice non era consacrato poiché non era stato offerto nell'offertorio. La maggior parte riteneva che la preghiera di consacrazione è stata completa pertanto anche il vino del secondo calice è diventato Sangue di Cristo. Chi ha ragione?
- Mi mette in difficoltà... inserirmi in un discorso già dibattuto, tra i sacerdoti di una lunga esperienza spirituale...
:)
Il mio modesto parere è che chi dice che il secondo calice è stato consacrato ha ragione. Il vero offertorio è nella prex eucaristica, non certo nel rito di presentazione dei doni. Noi siamo latini con mentalità romana. Abbiamo bisogno del momento preciso QUANDO avviene la transsubstantiatio: nel rito di Istituzione? o forse nel momento dell'Epiclesi? Le chiese orientali credono che tutta la preghiera eucaristica è consacratoria, anche perché quel che conta è l'intenzione del celebrante, se vuole o no consacrare quell'ostia sacra, con le briciole o senza, che vuole consacrare quel calice di vino, e non anche le ampolline che stanno li' vicino, ma sempre sull'altare... L'intenzione che a volte anche a noi romani dei tempi nostri, distratti come siamo anche sull'altare, potrebbe sfuggire... in quel caso ci viene in aiuto l'"intenzione abituale", certamente presente dal giorno della nostra ordinazione che: "quando salgo sull'altare voglio fare quel che fa la chiesa". E anche se qualche volta qualcuno lo potrebbe fare in modo indegno, lo farà validamente perché fa quel che fa la chiesa.
P.S.:
Una battuta... ci raccontava un nostro professore di sant'Anselmo di un sacerdote che, dopo aver litigato con il suo vescovo, è sceso giù in cantina della curia e ha consacrato tutte le botti di vino che il vescovo usava per i suoi pranzi...
:))) - Ho visto che i sacerdoti durante la consacrazione stendono le mani due volte ma spesso lo fanno ogni uno a modo suo. C'è una regola?
- Certo. Purtroppo, qualche volta anche i sacerdoti non distinguono i due gesti che sono diversi. Il primo è la "epiclesi" che accompagna l'invocazione dello Spirito santo che consacri "questi doni". E' un gesto importantissimo, essenziale, consacratorio. Durante l'epiclesi tutti i sacerdoti concelebranti stendono tutte e due le mani con i palmi riversi verso giù, verso le oblate, verso l'altare. Non una sola ma tutte e due. L'altro gesto è quello che accompagna le parole dell'Istituzione: "prendete e mangiate...", "prendete e bevete...". Questo non è più gesto consacratorio ma un gesto di compartecipazione. Il Caeremoniale Episcoporum dice che: "ad consacrationem vero palma manus dextere versa sit ad latus" cioè la mano destra aperta verso fuori, con il palmo della mano su".
- Una domanda che riguarda la genuflessione durante la messa. Se un ministro deve portare la pisside per la comunione dal tabernacolo, deve fare la genuflessione?
- Dipende: se il tabernacolo è collocato nel presbiterio o nelle vicinanze non c'è bisogno di genuflettere perché il Santissimo Corpo e Sangue del Signore abbiamo già presente sull'altare, l'abbiamo spezzato noi... Se invece il tabernacolo fosse collocato fuori dal presbiterio, ad esempio nella cappella dell'Eucaristia, quando il ministro arriva a prenderlo, fa la riverenza inginocchiandosi. Aggiungo che quando si rimette la pisside nel tabernacolo, dopo la comunione, si genuflette, e prima di chiudere la porticina del tabernacolo, mentre se fosse necessario portare l'eucaristia in un altro luogo, al di fuori della chiesa, sarebbe opportuno che il ministro (sacerdote o diacono e non un ministro straordinario della distribuzione dell'eucaristia e nemmeno un accolito) indossasse almeno il velo umerale e venisse accompagnato dagli accoliti o ministranti con le candele accese.
- Sono un diacono permanente. Quando servo la messa spesso non riesco a coprire/scoprire il calice per la consacrazione perché il celebrante lo fa prima di me. Quando si deve scoprire/coprire il calice?
- La risposta è facile. Il calice deve essere coperto SEMPRE. Viene scoperto solamente per la stessa consacrazione, o altre due volte quando viene adoperato (la dossologia e l'immixtio con la comunione).
Riassumendo: il diacono prepara il calice nell'offertorio; quando il sacerdote lo depone sul corporale, dopo la preghiera dell'offertorio (Benedetto sei tu, Signore...), il diacono lo copre con la palla. Rimane così coperto fino alla deposizione dell'ostia, durante l'elevazione. Nel momento in cui il sacerdote genuflette in adorazione, dopo l'elevazione dell'ostia consacrata, il diacono, che sta in ginocchio, si alza, scopre tutti i calici e torna a genuflettere per l'elevazione del calice. Di nuovo, non appena il sacerdote ha deposto il calice e sta genuflettendo in adorazione, il diacono si alza e ricopre tutti i calici sull'altare. Per la dossologia "Per Cristo...", se ci sono più calici sull'altare, il diacono scopre solo il calice che alzerà con il celebrante. Gli altri, eventualmente presenti, rimangono coperti. Se nella celebrazione ci fossero più diaconi e più calici, per la dossologia si alza un solo calice, da un solo diacono. Da ricordare che il diacono è il "ministro del calice" e, se è presente nella celebrazione, nessuno "osi" toccare il suo ministero! :)) - Tante volte recitando l’ora media capita che vi sia una sola antifona all’inizio ed alla fine, non ognuna per ciascun salmo. In questi casi alcuni recitano il Gloria al Padre dopo ogni Salmo, altri solo alla fine del terzo salmo, cioè prima dell’antifona.
Come è corretto fare? - L'introduzione alla Liturgia delle Ore http://www.maranatha.it/LiturOre/noteore2.htm dice che sempre, se non indicato diversamente, alla fine del salmo, si aggiunge la dossologia: Gloria al Padre... Nell'Ora media, essendo "ora breve", si potrebbe unire le parti divise del salmo 118 e in quell'occasione il Gloria aggiungere solo sull'ultima parte. Ma se la Liturgia delle Ore riporta salmi diversi il Gloria va aggiunto sempre, a conclusione di ogni salmo.
- Ho letto che nella liturgica si può usare il colore rosa. Quando si usa? In quali circostanze?
- Nella liturgia per le vesti sacre vengono utilizzati diversi colori che dipendono dal tempo liturgico (ad esempio tempo di avvento o di pasqua) o dalla memoria del santo che si celebra in quel giorno.
Così abbiamo i quattro colori principali:
- verde (tempo ordinario)
- bianco (tempo di natale e di pasqua)
- rosso (memorie dei martiri e di Pentecoste)
- viola (avvento e quaresima)
ai quali si aggiungono anche
- oro (può sostituire il bianco nelle solennità)
- rosaceo
- celeste (con il bianco colore della madonna)
- nero (utilizzato nei funerali, oggi sostituito dal viola ma non vietato.
Il rosa o rosaceo, una novità, è stato introdotto solo per le due domeniche nell'anno, a metà dei tempi forti, del percorso di preparazione, nella terza di avvento (Gaudete) e nella quarta di quaresima (Laetare). In quanto colore "a metà" tra il viola (proprio dei tempi di avvento e quaresima) e il bianco di natale o di pasqua anche dal punto di vista psicologico voleva significare che in quel giorno la penitenza quaresimale "poteva essere meno forte" di quella quotidiana.
Chi desiderasse una casula rosa la potrà trovare sul nostro sito:
https://www.monastica.info/casula/casula-sacerdotale-nr631 - Durante una concelebrazione di una feria o memoria o festa può il celebrante inserire nel canone della messa la preghiera (Ricordati del nostro fratello...) prevista per le messe dei defunti?
- RISPOSTA 1: Questa parte è riservata al ricordo del defunto a prescindere dalla festa o memoria. E' da utilizzare dal momento della ricezione della notizia della morte e può essere estesa fino al giorno del funerale, in tutte le messe. Sarebbe da evitare invece nelle messe quotidiane celebrate per i defunti... La messa ha un valore universale e un ricordo di questo genere può essere pericoloso nell'arginare questa dimensione alla "mia messa"...
DOMANDA 2: Dunque: nelle messe quotidiane per i defunti, i puntini da lei aggiunti vogliono forse alludere all'offerta per l'intenzione particolare di un defunto da molto tempo? E allora per non arginare il valore universale della Messa con la preghiera propria delle Messe per i defunti, si potrebbe inserire così l'intenzione particolare nel modo seguente? Ricordati dei nostri fratelli che si sono addormentati nella speranza della risurrezione... in particolare del nostro fratello defunto Pietro e di tutti i defunti che si affidano alla tua clemenza...?
RISPOSTA 2: Il canone della messa, l'antica PREX eucaristica, non è un momento opportuno per particolarismi di qualsiasi genere. E ce ne sono diversi, non solo per i defunti ma anche "di ragazzi dell'oratorio, che oggi finiscono il grest...". LA PREX è la preghiera più nobile della Chiesa, Chiesa universale. I defunti, nelle messe per i defunti, o i ragazzi del grest, vanno nominati nella preghiera dei fedeli o universale, orazione spesso così sottovalutata... - Ho letto con piacere e interesse tutte le domande e risposte presenti sul sito: http://liturgia.silvestrini.org/faq.html
Sono un laico interessato di liturgia.
Ho una domanda che necessita di richiamre (almeno) questi 3 punti:
§ - Al numero 358 dell'Ordinamento Generale del Messale Romano, si legge:
"Quando la lettura continua venisse interrotta durante la settimana da una qualche solennità, o una festa o da qualche celebrazione speciale, il sacerdote, tenendo presente l'ordine delle letture di tutta la settimana, può aggiungere alle altre letture quella omessa o decidere quale testo sia da preferire".
§ - Ai numeri 66 rispettivamente 69 dell'Ordinamento delle Letture della Messa, si leggono:
"66. Le letture per le domeniche e feste sono state ordinate e distribuite in base ai criteri seguenti: 1. Ogni Messa presenta tre letture [...]".
"69. Questi i criteri per l'ordinamento del Lezionario feriale: 1. Ogni Messa presenta due letture [...]".
§ - Si ha inoltre, sempre nell'OGMR, al numero 61, che:
"Alla prima lettura segue il salmo responsoriale, che è parte integrante della Liturgia della Parola [...]. Il salmo responsoriale deve corrispondere a ciascuna lettura e deve essere preso normalmente dal Lezionario".
Ecco finalmente la mia domanda:
Rispetto al numero 358 qui sopra, come ci si comporta praticamente? Si uniscono le letture in una più lunga? Quali salmi responsoriali si adottano in tal caso? (analogia con la liturgia delle ore [unione di parti del medesimo salmo e uso della sola prima antifona])? Nel testo, però, si parla di "aggiunta"... Forse si possono fare più di due letture nei giorni feriali? Tre per esempio? A legger bene i numeri 66 e 69 qui sopra, e con il parallelismo delle letture per le vigilie di Pasqua e altre, il numero non sembra necessariamente "imposto" o "obbligatorio" se non per difetto... Vale anche per i vangeli? I salmi responsoriali seguono le norme delle Vigilie? - Non ho mai visto o sentito aggiungere ulteriori letture a quelle già previste per le feste o solennità. Ma il concetto alla liturgia non è estraneo... Anche in un altro libro liturgico, quello della Liturgia delle ore si legge che nei tempi forti, specialmente quello della Quaresima le letture dell'Ora delle letture, o di ascolto, sono obbligatorie. Nel giorno delle memorie dei santi, a quelle assegnate al giorno liturgico SI POSSONO AGGIUNGERE QUELLE AGIOGRAFICHE, del santo del giorno, senza tralasciare quelle prescritte.
Ma anche il concetto di tralasciare qualcosa o meglio far prevalere qualche cosa, in liturgia è uno dei principi. Non ci si fa nessun problema quando si tralascia una memoria del santo, se questo capita di domenica o di un altro giorno festivo. E nemmeno quando si tratta delle feste, che sono più importanti delle memorie. Solo nel caso delle solennità, quelle vengono trasferite al primo giorno vacante, liturgicamente libero, anche se questo fosse tra diversi giorni... E' il caso della solennità dell'Annunciazione, che, se capitasse nella settimana santa viene trasferita dopo la conclusione dell'Ottava di Pasqua, dopo cioè 14 giorni dalla data della solennità nel calendario.
Per quel che riguarda il salmo, va preso sempre quello della lettura che si è letta. Se vengono lette due letture, e anche questo spesso capita, ad esempio nelle memorie o feste che non hanno la lettura propria, ma queste vengono scelte dal comune dei santi, si sceglie o uno o l'altro. A mio parere cmq non si farebbe una sola lettura più lunga ma letture distinte, anche con salmi propri, come succede già per la Veglia pasquale (o di Pentecoste) giustamente richiamata.
Mi permetta solo un accenno ad altri due principi liturgici:
1. La celebrazione è sempre comunitaria e il sacerdote non dovrebbe mai scegliere cose (messe, formulari, letture, gesti) arbitrariamente... Vedo difficile la lettura di ulteriori brani nelle messe d'orario... mentre forse più facile nelle messe di ritiri, di riunioni, di comunità particolari...
2. La liturgia ha un suo ordinamento, le sue leggi, le sue rubriche che la fanno bella... Ma non è mai fiscalista, rubricista... e la celebrazione del popolo di Dio che canta le sue lodi... Non mi dimenticherò mai la frase che ci ripeteva spesso un grande liturgista Don Achille Triacca durante i corsi a Sant'Anselmo in Roma: "non cambiate mai niente nella liturgia, ma se siete sicuri che la cosa va cambiata, fatelo!". - Avrei un quesito da sottoporle: un sacerdote non celebrante ovvero non concelebrante può comunicarsi da solo? Come deve regolarsi il ministro che distribuisce le Sacre Specie?
- No, non dovrebbe. Se non concelebra riceve la comunione dal ministro.
Anni fa ormai ho fatto diacono ad una messa in cui Giovanni Paolo II ha partecipato solo, senza concelebrare. Ha benedetto il diacono per il vangelo, ha fatto l'omelia ma al momento della comunione ha ricevuto da uno dei sacerdoti che distribuivano la comunione in san Pietro anche lui, in ginocchio, in bocca. Era già grande e abbastanza malato, ciò per cui non era opportuno fargli stare dietro l'altare. Ma per la Comunione è stato predisposto in quel modo. - Chi può imporre le ceneri durante questa celebrazione?
- E' un sacramentale, un rito penitenziale. Nella celebrazione della messa dal vescovo o sacerdote che presiede eventualmente coadiuvato da altri sacerdoti o diaconi. Il rito può essere celebrato anche al di fuori della messa come un rito penitenziale ed anche li' le ceneri possono essere imposte dal sacerdote o diacono ma nulla vieta che l'ordinario permetta, specialmente li' dove mancano sacerdoti, che il rito venga celebrato da un laico deputato a ciò dallo stesso ordinario, magari con le ceneri da lui preventivamente benedette.
- Salve, ho da poco rinnovato il sito della mia parrocchia. Vorrei, se possibile, inserire la vostra liturgia sul sito che mi sembra fatto bene. Che cosa devo fare? Ci sono diritti o copyright?
- Grazie della considerazione. :) Se sei Webmaster o vuoi inserire la nostra Liturgia su un sito, dai un'occhiata alla sezione SERVIZI di questa pagina. Infatti sarà sufficiente inserire un brevissimo codice nella tua pagina web e avrai una scorciatoia alla nostra liturgia. Buona meditazione. Perché la Parola di Dio entra da tutte le porte... :)
- Non è compito né degli accoliti né dei ministri straordinari, a meno che non ci siano circostanze eccezionali.
- Allego questo articolo interessante del Padre Henry Vargas Holguín apparso sulle pagine di aleteia.org il 12.01.2015
Pensiamo in primo luogo all'essenza dell'Eucaristia. Nostro Signore Gesù Cristo ci ha lasciato il tesoro dell'Eucaristia nell'Ultima Cena, il Giovedì Santo. La Chiesa custodisce con somma cura questo tesoro, ma la Chiesa non è un'astrazione, un'idea; la Chiesa siamo tutti noi battezzati. E noi vescovi e sacerdoti siamo qui per santificare, reggere, insegnare e curare con zelo il tesoro dell'Eucaristia; sono queste le nostre principali responsabilità. I fedeli sono quindi chiamati alla corresponsabilità nella vita ecclesiale e a svolgere un servizio, anche liturgico.
Svolgere un officio nella liturgia non è però necessario perché un fedele possa partecipare in modo attivo e fruttuoso alla Messa. Dobbiamo rispettare la dignità dei laici, evitando ogni “clericalizzazione”. Nessuno deve pensare che le persone che svolgono offici liturgici siano cristiani migliori.
Detto questo, va detto che il ministro ordinato, che è il ministro ordinario della Comunione, è l'unico che normalmente può e deve aprire il tabernacolo per prendere le Ostie sacre, per prendere o portare la riserva, fare l'esposizione del Santissimo, ecc.
Al termine del rito della Comunione durante la Messa, “le ostie consacrate avanzate vengano o immediatamente consumate all’altare dal Sacerdote o portate in un luogo appositamente destinato a conservare l’Eucaristia” (Redemptionis Sacramentum, 107). Gli accoliti istituiti e/o i cosiddetti ministri straordinari della Comunione non devono quindi accedere al tabernacolo, e meno che meno alla presenza del sacerdote e nel pieno della celebrazione eucaristica.
Se questo accade, è un abuso che purtroppo viene concesso da alcuni sacerdoti. “L’accolito è istituito per il servizio all’altare e per aiutare il sacerdote e il diacono. A lui spetta in modo particolare preparare l’altare e i vasi sacri, e, se necessario, distribuire l’Eucaristia ai fedeli di cui è ministro straordinario” (Ordinamento Generale del Messale Romano, 98).
Deve essere quindi chiaro che in genere gli accoliti e/o i ministri straordinari della Comunione aiutano a distribuire in casi eccezionali l'Eucaristia, ma non possono, quando c'è un sacerdote che celebra, aprire o chiudere il tabernacolo, né andare a cercare o riporre al termine della Comunione le ostie.
“Se tuttavia il bisogno della Chiesa lo richiede, in mancanza dei ministri sacri, i fedeli laici possono, a norma del diritto, supplirlo in alcune mansioni liturgiche” (Redemptionis Sacramentum, 147).
Solo in casi del tutto straordinari ed estremamente necessari, quindi, un accolito - Nella recita del Padre Nostro al di fuori della S.Messa, si deve dire “Amen” alla fine, oppure è diventato facoltativo?
- Amen si deve dire sempre e quando al Pater non segue una orazione che lo conclude con AMEN. Infatti sia nella messa sia nella liturgia delle ore (lodi e vespri) l'Amen viene omesso perché segue un'orazione con la dossologia.
- Nella celebrazione Eucaristica durante la recita del Padre Nostro è corretto che i fedeli alzino le mani o si prendano per mano?
- Le norme generali al messale non ne parlano. Lo spiega invece l'aggiunta della Conferenza Episcopale Italiana alla quale il legislatore da questa facoltà.
Dice: Durante il canto o la recita del Padre nostro, si possono tenere le braccia allargate; questo gesto, purché opportunamente spiegato, si svolga con dignità in clima fraterno di preghiera. - Si potrebbe avere una mail che comprenda la liturgia dell'intera settimana?
- La mail purtroppo no. Ma l'intera settimana viene generata sul nostro sito qui: http://liturgia.silvestrini.org/archivio/. Cliccando sulla iconcina della freccetta di ogni settimana si ha la settimana intera in solo testo. :)
- Le scrivo per avere una risposta chiara durante una fase della Santa Messa e precisamente durante l'offertorio. Vorrei capire come ci si comporta quando il celebrante proferisce le seguenti parole "Pregate fratelli perché il mio ed il vostro sacrificio sia gradito a Dio Padre Onnipotente".
- Ne abbiamo già parlato a più riprese. Ecco quel che stabilisce la Conferenza Episcopale Italiana nel Messale Romano (del 1983)
1. Gesti e atteggiamenti durante la celebrazione eucaristica (cf.INMR 21)
La CEI fa proprio quanto indicato in «Principi e norme per l'uso del Messale Romano» e cioè:
- In piedi dal canto d'ingresso fino alla colletta compresa.
-Seduti durante la prima e seconda lettura e il salmo responsoriale.
- In piedi dall'acclamazione al Vangelo alla fine del Vangelo.
- Seduti durante l'omelia e il breve silenzio che segue.
- In piedi dall'inizio del Credo, recitato o cantato, fino alla conclusione della preghiera universale o dei fedeli.
- Seduti durante tutto il rito della presentazione dei doni. Ci si alza per l'incensazione dell'assemblea.
- In piedi dall'orazione sulle offerte fino all'epiclesi prima della consacrazione (gesto dell'imposizione delle mani) esclusa.
- In ginocchio, se possibile, dall'inizio dell'epiclesi preconsacratoria (gesto dell'imposizione delle mani) fino all'elevazione del calice inclusa.
- In piedi da Mistero della fede fino alla comunione inclusa, fatta la quale si potrà stare in ginocchio o seduti fino all'orazione dopo la comunione.
(Durante il canto o la recita del Padre nostro, si possono tenere le braccia allargate; questo gesto, purché opportunamente spiegato, si svolga con dignità in clima fraterno di preghiera).
- In piedi dall'orazione dopo la comunione sino alla fine.
N.B. Durante l'ascolto della Passione del Signore (Domenica delle palme e Venerdì Santo) si può rimanere seduti per una parte della lettura.
Anche qualora il canto del Gloria a Dio comportasse uno sviluppo musicale di una certa ampiezza, in casi particolari, ci si potrà sedere dopo l'intonazione. - Quando vuotare il tabernacolo prima della celebrazione in coena domini? Nella mattinata dopo la celebrazione delle lodi oppure un ora prima della celebrazione?
- Dopo la celebrazione della messa in Coena Domini di regola si trasferisce il Santissimo sacramento verso l'altare della reposizione per l'adorazione dei fedeli. Pertanto, in processione, subito dopo la celebrazione. In seguito si spoglia l'altare principale, togliendo fiori, tovaglie, tappeti...
- Vorrei sapere quali testi prendere per la celebrazione dei santi nel tempo di quaresima. In modo particolare chiedo della lettura lunga del breviario.
- Tutte le memorie dei santi, che nel calendario generale sono obbligatorie, nel tempo quaresimale diventano facoltative. Nell'Ufficio dell'"Ora di ascolto", o di Letture vengono lette le due letture del tempo di quaresima, come nelle memorie facoltative. Nei giorni delle memorie dei santi invece si può aggiungere, dopo la seconda lettura quaresimale, quella del santo. Ma sempre come una terza che è facoltativa.
- Quale dovrebbe essere il colore liturgico per la pia pratica della via Crucis?
- Sacerdote, sull'abito corale, veste la cotta (o il camice) e la stola violacea. Nelle celebrazioni più solenni potrà indossare anche il piviale. Sempre di color viola.
- Volevo sapere se nei giorni feriali l ufficio delle letture, del giorno successivo, si può celebrare dopo la compieta del giorno.
- La liturgia dell'Ufficio delle letture, secondo le disposizioni del Concilio Vaticano II, è stata riformata in modo che possa essere celebrata in qualsiasi ora del giorno, e non necessariamente come mattutino della tradizione. La compieta invece dovrebbe essere l'ultima preghiera del giorno. Pertanto la liturgia delle letture, anche se del giorno successivo potrebbe essere celebrata prima della compieta (ma non prima del vespro del giorno), oppure unendo le due liturgie, quella della compieta e quella dell'Ufficio delle letture. Lo schema potrebbe essere questo:
- O Dio vieni a salvarmi....
- Inno della compieta
- Salmi e letture dall'Ufficio delle letture inclusi i responsori, si tralascia l'orazione
- Esame di coscienza e atto di dolore
- Salmi della compieta... e segue come di consueto fino all'antifona alla BVM. - Desidero sapere e capire quale differenza c'è tra: "fratelli e sorelle" e: "tutti i defunti" nella frase sotto indicata che il sacerdote dice nella concelebrazione della santa messa.
Ricòrdati dei nostri fratelli e sorelle, che si sono addormentati nella speranza della risurrezione e di tutti i defunti che affidiamo alla tua clemenza... ammettili a godere la luce del tuo volto. - La chiesa prega sempre per i defunti. Nel caso specifico: nella prima prega per i "fratelli e sorelle" cioé per i cristiani, per i battezzati. Nella seconda "per tutti i defunti", anche per coloro che non hanno conosciuto Cristo Salvatore, o anche per coloro che l'hanno rifiutato. Cristo infatti si è incarnato per tutti ed è morto per tutti gli uomini.
In questo senso non è esatto dire: preghiamo per i defunti per i quali nessuno prega... frase che spesso si sente dire. - Quando andavo e catechismo mi hanno insegnato che al termine della proclamazione della Parola di Dio non si deve assolutamente dire È PAROLA DI DIO, ma non riesco proprio a ricordare perché... Puoi aiutarmi?
- In breve: non è ma un'informazione ma un'acclamazione.
In lungo: Alcuni lettori in chiesa, alla fine della loro lettura, dicono: «È parola di Dio». Non sarebbe utile correggere i Lezionari con l'aggiunta di questo piccolo verbo che indica la provenienza di quella lettura?
Sì, se si dovesse dare una «certificazione» tipo denominazione di origine protetta (dop) oppure denominazione di origine controllata e garantita (docg)... Se si dovesse solo esprimere che quel brano appena letto è tratto dalla Bibbia, allora si potrebbe anche dire così. Ma nella Liturgia della Parola accade qualcosa di molto più vivo e importante: non c'è tanto «qualcuno che legge qualcosa», ma c'è Dio che è presente e ci parla! E questo è molto di più di una certificazione bibliografica...
Questo è davvero un mistero grande! Dio che ci parla, che comunica con noi, piccole e mediocri creature piene di contraddizioni e di peccati... Eppure è proprio così: Dio si mette in dialogo con noi! Con noi che siamo così assuefatti a questa realtà e a questo dono, che rischiamo di banalizzare tutto con la nostra superficialità. Siamo tutti culturalmente abituati a pensare che nella Messa Dio sia presente nella consacrazione (che silenzio in quei pochi secondi!); ma dovremmo convertirci un po' di più alla presenza dello stesso Dio durante tutta la Liturgia della Parola.
Quelle tre parole poste a termine delle letture bibliche (Parola di Dio o Parola del Signore) hanno lo scopo di suscitare la gioia meravigliata e riconoscente in chi ascolta (Rendiamo grazie a Dio o Lode a te, o Cristo). Sono piccole frasi che appartengono al genere delle acclamazioni; non quindi quelle frasi che denotano o precisano qualcosa, ma espressioni fortemente coinvolgenti per chi le pronuncia. Il vocabolario della lingua italiana ci ricorda che «acclamare» vuol dire «gridare in segno di plauso». Il significato si sposta più sullo stile che sul contenuto. È l'espressione di uno stato d'animo entusiastico, carico di convinzione e decisione. Più che un testo rituale, l'acclamazione è un gesto rituale!
Il senso di questa acclamazione è dunque quello di aiutare tutti i presenti a entrare in dialogo con il Signore che parla al suo popolo; si tratta di coinvolgere tutti e ognuno in una situazione impegnativa a livello personale. Ed è soprattutto la risposta al termine del Vangelo che esprime bene la situazione di dialogo, parlando non di Gesù in terza persona, ma parlando direttamente a lui (Lode «a te», o Cristo). Come possiamo allora valorizzare meglio queste acclamazioni e renderle più espressive? Cominciamo con il ricordare ai lettori che (oltre a non aggiungere il verbo essere) rispettino l'acclamazione per quel che riguarda il tempo e il modo: circa il tempo, invece di correre nella lettura e attaccare Parola di Dio all'ultima frase del brano biblico, si osservi che il Lezionario, sotto l'aspetto tipografico, non a caso lascia uno spazio maggiore che negli altri paragrafi, proprio per indicare una pausa di tempo più lunga. Circa il modo è importante saper dare a queste poche parole una tonalità gioiosa e vigorosa, che sappia suscitare una equivalente risposta da parte dell'assemblea; allora, invece di dirle con un volume e un tono sempre più bassi - come spesso si sente fare - arrivati a quel punto, dopo una pausa leggermente più lunga come abbiamo appena detto, innalzare lo sguardo verso l'assemblea e, alzando un po' il volume e soprattutto il tono, pronunciare l'acclamazione.
Ma tutta la bellezza e la profondità di quello che abbiamo detto fin qui può essere espressa e realizzata, e anzi sottolineata, con l'aiuto della musica! Perché non cogliere l'occasione, proprio in questo anno particolarmente dedicato alla Parola, di valorizzare l'opportunità indicataci dal Messale di cantare quelle semplici acclamazioni? Questo ci permetterà di «staccarle» dal normale modo di parlare, che rischia di non farci cogliere il senso che hanno quelle parole. Il Repertorio regionale «Nella casa del Padre» ci riporta queste possibilità (nn. 232, 235, 236 e 239) con delle melodie semplici. L'importante è che siano eseguite con decisione e convinzione; a voce libera (senza strumenti); non importa che la nota sia esatta, basta che sia sufficientemente acuta da dare il senso di un grido di gioia. Non è neppure detto che debba essere il lettore stesso a cantare; lo può fare un'altra persona anche stando in un luogo diverso dall'ambone. E che anche questo serva ad aiutarci a dialogare con il Dio che ci parla! (da: http://www.diocesi.torino.it/pls/diocesitorino/v3_s2ew_consultazione.mostra_pagina?id_pagina=25968) - Potete indicarmi l'orario delle celebrazioni nella vostra chiesa?
- Volentieri. Tutte le celebrazioni sono aperte, si svolgono in chiesa-santuario e tutti possono partecipare alla preghiera dei monaci.
Orario delle messe:
Feriale: ore 18.30;
Festivo: 8.30 e 10.
Messa prefestiva: Ore 16.30inv. (17.30est.)
Tutti i giovedì: L'adorazione eucaristica dalle ore 17.00 e fino alla messa delle 18.30
Le confessioni: "a chiamata" (suonare campanella in chiesa)
L'ultimo martedi del mese: celebrazione di riparazione al santo Volto di Gesù ore 15.30(inv.) e 16.30 (est.)
Per quel che riguarda la liturgia delle ore (breviario):
Lodi mattutine: ore 6.15 (6.30fest.)
Ora media: 12.15
Vespri: 19.00
Compieta: 20.45
Invitiamo tutti alla preghiera con noi. - La Solennità di San Giuseppe, la Solennità dell'Annunciazione, la Solennità del Sacro Cuore hanno la Messa prefestiva?
Secondo me la sera del giorno precedente ci sono soltanto obbligatori i PRIMI VESPRI, ma non c'è l'obbligatorietà della messa della Solennità come accade invece ad esempio per San Giovanni Battista e i Santi Pietro e Paolo.
Qualcuno dice che essendo solennità prevale la liturgia del giorno dopo (solenne) sulla messa del giorno (nel nostro caso feria di quaresima). - Intanto la solennità, giustamente, inizia con i primi vespri. Pertanto tutto quello che si celebra "dopo" i primi vespri dovrebbe essere della solennità. Si potrebbe fare un'eccezione per motivi pastorali oppure posticipare i vespri.
Alcune solennità hanno un formulario della messa vespertina che non è la stessa cosa con la messa prefestiva.
La messa prefestiva (ingiustamente chiamata prefestiva perché è festiva a tutti gli effetti) viene celebrata prevalentemente nei pre-giorni di precetto, per dare più possibilità ai cristiani a partecipare alla messa. Inizialmente si parlava di UNA SOLA MESSA PREFESTIVA IN UNA CITTA'... in modo che tutti sapessero in quale chiesa di sabato andare a messa e soddisfare il precetto. Oggi si fa in tutte le chiese, nemmeno parrocchiali...
Nei giorni di due feste o solennità, La CEI ha stabilito un principio pastorale: non prevale la "dignità" o il grado liturgico ma la festa/solennità "di precetto", certo solo per motivi pastorali e per la messa cosiddetta prefestiva. - Domenica prossima cade nella solennità dell'Immacolata, l8 di dicembre. Quale formulario della messa conviene utilizzare? Quale festa è più importante?
- Di per sé le Domeniche di Avvento prevalgono sulle Solennità del Calendario generale e per legge vengono trasferite al primo giorno liturgicamente "libero". Ma per l'Italia c'è una particolare concessione. La citiamo:
La solennità dell'Immacolata Concezione della BVM per concessione della Congr. per il Culto Divino, in Italia si celebra con queste particolarità nella Messa:
1. La seconda lettura è quella della II Domenica di Avvento.
2. Nell'omelia e nella preghiera dei fedeli si faccia menzione di Avvento.
3. La preghiera dei fedeli si concluda con la colletta della II Domenica di Avvento (Cfr. Lettera Segr. CEI prot. 403/02) - La messa vespertina del 29 deve essere quella dei Santi sempre? Per esempio, quest’anno è caduta di sabato, si sarebbe dovuto dire la Messa della domenica oppure quella, appunto, dei Santi?
E i Vespri? si sarebbe dovuto dire i Primi Vespri della domenica tredicesima o i secondi Vespri dei Santi? - La domenica viene considerata una "festa del Signore", pertanto dal punto di vista liturgico prevale la solennità dei Santi Pietro e Paolo. La CEI però ha emanato un decreto in cui si dice che per ragioni pastorali, anche se dal punto di vista liturgico prevale una solennità per motivi pastorali la messa prefestiva è quella della festa o solennità di precetto. Pertanto in Italia sabato sera si poteva celebrare la messa della XIII domenica TO, mentre a Roma era opportuno celebrare quella della Solennità di Pietro e Paolo.
Per quel che riguarda invece i II Vespri erano in tutti i casi quelli della Solennità dei Santi Apostoli, e si tralasciavano i I Vespri della domenica. - Tra pochi giorni, e precisamente dalla sera del 28 febbraio, la sede pontificia resterà vacante.
Come ci si deve comportare durante la recita del canone eucaristico, al momento del ricordo del Papa? Si deve omettere totalmente la frase "con il nostro papa n.", o si deve adottare un'altra espressione?
E si dovrà pronunciare il nome del nuovo papa già dal momento della sua elezione, o solo dopo il suo insediamento? - Non ho trovato la risposta precisa al primo quesito, quello relativo alla menzione nel canone della messa. Vado a intuito a rileggere la prassi che riguarda una sede episcopale. Infatti Benedetto XVI diventa vescovo emerito della diocesi di Roma. Anche in questo senso non capisco tutte le discussioni se deve mantenere la veste bianca, se deve cambiare il nome e tornare a Joseph, se rimane solo cardinale... e tante altre, non legate stricte all'ufficio preciso... Cmq ho osservato che inizialmente in diverse diocesi, e certamente fino alla presa di possesso della stessa da parte di un nuovo vescovo, vengono nominati tutti e due, il secondo con l'appellativo "emerito". Poi pian piano si nomina solo il nuovo. Con il papa non è mai successo... Da subito non venivano nominati perché defunti... In questo caso, credo, nulla vieti che sia nominato anche dopo il 28.02., (anche se giuridicamente non lo è più) e fino all'elezione del nuovo papa. La Costituzione, e qui mi collego alla seconda domanda, è molto precisa... Dice così:
Dopo l'accettazione, l'eletto che abbia già ricevuto l'ordinazione episcopale, è immediatamente Vescovo della Chiesa Romana, vero Papa e Capo del Collegio Episcopale; lo stesso acquista di fatto la piena e suprema potestà sulla Chiesa universale, e può esercitarla. Se, invece, l'eletto è privo del carattere episcopale, sia subito ordinato Vescovo.
Pertanto, se è vescovo, è subito papa e può essere nominato nell'anafora. Se non lo fosse, a mio avviso caso molto remoto, bisogna attendere l'ordinazione. Ma di nuovo nelle diocesi si dice: "Vescovo nostro nominato".
Sono cmq precisazioni giuridiche, di diritto, non liturgiche. Sarebbe da chiedere ad un canonista.
====23.02.2013====
Aggiungo una chiarificazione giuntami per mail da Daniele Di Filippo:
==================
Durante il tempo della Sede Vacante, nella Preghiera Eucaristica, non si nomina il Papa. Nel Ritus servandus in celebratione Missae del Missale Romanum tridentino si disponeva che “Ubi dicit: una cum famulo tuo Papa nostro N., exprimit nomen Papae: Sede autem vacante verba praedicta omittuntur” (VIII.2). Nell’Ordinamento Generale del Messale Romano non è più presente tale disposizione, poiché ritenuta probabilmente “ovvia”. Ciò nonostante possiamo attingere sia dall’Ordo Exsequiarum Romani Pontificis, sia dall’Ordo Rituum Conclavis alcune indicazioni utili.
Nelle Preghiere Eucaristiche dell’Ordo Exsequiarum Romani Pontificis riportate nell’Appendice, laddove si menziona il Papa il ricordo è omesso. Essendo un testo destinato a riti funebri nella parte destinata al ricordo proprio dei defunti è inserito il ricordo nominale del Papa defunto (cfr. O.E.R.P., pp. 312, 332, 344).
Inoltre nelle Preghiere Eucaristiche dell’Ordo Rituum Conclavis riportate nell’Appendice, e pertanto destinate al tempo sia della Sede vacante, sia della Sede plena, il memento del Papa è posto tra parentesi per indicarne l’esclusione in tempo di Sede Vacante, e l’inclusione del memento dal momento in cui la Chiesa è provvista del nuovo Papa, appena eletto in Conclave (cfr. O.R.C., pp. 192, 210, 220).
Nella Chiesa di Roma, essendo la Sede vacante, si omette il ricordo del Vescovo. Ovviamente non si possono ricordare né i due Vicari del Papa (per la Diocesi di Roma e per la Città del Vaticano) né gli Ausiliari. Pertanto nella Diocesi di Roma e nella Città del Vaticano le Preghiere Eucaristiche dovranno essere così adattate:
PE I
“Noi te l’offriamo
anzitutto per la tua Chiesa santa e cattolica,
perché tu le dia pace e la protegga,
la raccolga nell’unità e la governi su tutta la terra
con tutti quelli che custodiscono la fede cattolica,
trasmessa dagli Apostoli”.
(Cfr. Ordo Rituum Conclavis, p. 192)
PE II
“Ricòrdati, Padre, della tua Chiesa
diffusa su tutta la terra:
rendila perfetta nell’amore
in unione con tutto l’ordine sacerdotale”.
(Cfr. Ordo Rituum Conclavis, p. 210)
PE III
“Per questo sacrificio di riconciliazione
dona, Padre, pace e salvezza al mondo intero.
Conferma nella fede e nell’amore
la tua Chiesa pellegrina sulla terra:
il collegio episcopale, tutto il clero
e il popolo che tu hai redento”.
(Cfr. Ordo Rituum Conclavis, p. 220)
In tutte le altre diocesi le Preghiere Eucaristiche, dovranno essere così adattate:
PE I
“Noi te l’offriamo
anzitutto per la tua Chiesa santa e cattolica,
perché tu le dia pace e la protegga,
la raccolga nell’unità e la governi su tutta la terra,
con il nostro Vescovo N. (con me indegno tuo servo)
e con tutti quelli che custodiscono la fede cattolica,
trasmessa dagli Apostoli”.
PE II
“Ricòrdati, Padre, della tua Chiesa
diffusa su tutta la terra:
rendila perfetta nell’amore
in unione con il nostro Vescovo N.,
e tutto l’ordine sacerdotale”.
PE III
“Per questo sacrificio di riconciliazione
dona, Padre, pace e salvezza al mondo intero.
Conferma nella fede e nell’amore
la tua Chiesa pellegrina sulla terra:
il nostro Vescovo N., il collegio episcopale,
tutto il clero
e il popolo che tu hai redento”. - Mi chiedevo quale fosse la liturgia vespertina del 2 Febbraio di quest’anno visto che cade di sabato. Bisogna dare la precedenza alla festa o alla domenica?
- Le feste del Signore, lo è appunto la Presentazione del Signore nel Tempio, prevalgono sulla domenica, pertanto sabato, 2.02 canteremo i II Vespri della festa e non i primi della Domenica.
- Durante la Santa Messa, al momento del "Mistero della fede", i fedeli devono rispondere con una delle tre possibili acclamazioni: Annunziamo la tua morte...; Ogni volta che mangiamo...; Tu ci hai redenti con...; ma in nessuno dei siti che sono riuscito a trovare, dove viene pubblicata la liturgia del giorno, c'è indicato qual'è la giusta acclamazione del giorno. Come fare per sapere con quale acclamazione bisogna rispondere?
- Ha ragione, anche perché non esiste un modo per la scelta obbligata della formula di risposta. Bisogna eventualmente mettersi d'accordo prima quale risposta usare. Nelle altre nazioni invece il traduttore del messale ha utilizzato diverse formule del sacerdote alla quale corrisponde la risposta della comunità. Forse sarà inserito nel nuovo messale italiano? Non le so dire.
- Da un po' di tempo il nostro parroco ha iniziato a recitare l'antifona all'inizio della messa e alla comunione nonostante sempre cantiamo un canto. Non è un doppione?
- Si, hai ragione. A qualche celebrante "non basta" il canto fatto dall'assemblea (magari proprio perché non canta il canto d'ingresso) e lo ripete lo stesso canto recitando l'antifona dell'introito. Questo sia per l'ingresso al principio della messa sia per la comunione.
Il messale spiega molto bene il significato del canto. Precisa anche che va fatto o un canto o l'antifona del messale, specificando non tutt'e due ma o uno o l'altro.
Allego IMRI sull'argomento
L'introito
25. Quando il popolo è riunito, mentre il sacerdote fa il suo ingresso con i ministri, si inizia il canto d'ingresso. La funzione propria di questo canto è quella di dare inizio alla celebrazione, favorire l'unione dei fedeli riuniti, introdurre il loro spirito nel mistero del tempo liturgico o della festività, e accompagnare la processione del sacerdote e dei ministri.
26. Il canto viene eseguito alternativamente dalla schola e dal popolo, o dal cantore e dal popolo, oppure tutto quanto dal popolo o dalla sola schola. Si può utilizzare sia l'antifona con un suo canto, quale si trova nel Graduale romanum o nel Graduale simplex, oppure un altro canto adatto all'azione sacra, al carattere del giorno o del tempo, e il cui testo sia stato approvato dalla Conferenza Episcopale.
Se all'introito non ha luogo il canto, l'antifona proposta dal Messale Romano viene letta o dai fedeli, o da alcuni di essi, o dal lettore, o anche dallo stesso sacerdote dopo il saluto.
La Comunione
i) Mentre il sacerdote e i fedeli si comunicano, si esegue il canto di comunione; esso ha lo scopo di esprimere mediante l'accordo delle voci l'unione spirituale di coloro che si comunicano, dimostrare la gioia del cuore e rendere più fraterna la processione di coloro che si accostano a ricevere il Corpo di Cristo. Il canto comincia mentre il sacerdote si comunica, e si protrae per un certo tempo, durante la comunione dei fedeli. Se però è previsto che dopo la comunione si eseguisca un inno, il canto di comunione s'interrompa al momento opportuno. Come canto di comunione si può utilizzare o l'antifona del Graduale romanum, con o senza salmo, o l'antifona col salmo del Graduale simplex, oppure un altro canto adatto, approvato dalla Conferenza Episcopale. Può essere cantato o dalla sola schola, o dalla schola o dal cantore insieme col popolo. Se invece non si canta, l'antifona di comunione proposta dal Messale viene recitata o dai fedeli, o da alcuni di essi, o dal lettore, se no dallo stesso sacerdote dopo che questi si è comunicato, prima di distribuire la comunione ai fedeli.
j) Ultimata la distribuzione della comunione il sacerdote e i fedeli, secondo l'opportunità, pregano per un po' di tempo in silenzio. Si può anche fare cantare da tutta l'assemblea un inno, un salmo o un altro canto di lode. - La recita delle intenzioni deve essere fatta da un laico? Come vengono scelte queste intenzioni? Perchè in alcune parrocchie si leggono quelle riportate nel foglietto della Messa ed in altre non lo si fà?
- La preghiera universale o dei fedeli, di per se spetta al diacono. Fa parte del suo ministero. Se c'è un diacono dovrebbe essere lui a proclamare le intenzioni. Ma può (non deve) essere detta anche dai laici o dallo stesso sacerdote celebrante. Potrebbe essere anche fatta da tutti i fedeli con le intenzioni spontanee ma dovrebbe essere comunque preparata.
La successione delle intenzioni sia ordinariamente questa:
a) per le necessità della Chiesa;
b) per i governanti e per la salvezza di tutto il mondo; c) per quelli che si trovano in difficoltà;
d) per la comunità locale.
Tuttavia in qualche celebrazione particolare, per esempio nella Confermazione, nel Matrimonio, nelle Esequie, la successione delle intenzioni può venire adattata maggiormente alla circostanza particolare.
La preghiera dei fedeli de "La Domenica" rispecchia lo schema richiesto dal messale. Ma è sempre e soltanto un aiuto e non un obbligo. Se la comunità (anche parrocchiale) è ben formata e in grado di preparare da sola le invocazioni nulla vieta, anzi, è bene che lo faccia. - Durante la preghiera che il sacerdote recita dopo la consacrazione ci si deve alzare in piedi o si può stare in ginocchio? Non so mai come comportarmi.
- C'è un po' di confusione e non soltanto perché i sacerdoti non lo spiegano. Eppure le norme sono molto precise contenute nel messale.
Noi in questo momento abbiamo in uso la seconda edizione del messale. Ma è uscita già la terza edizione in originale latino, non ancora tradotta in italiano. Nella seconda edizione si diceva che i fedeli dopo la "consacrazione" si alzano e stanno in piedi fino alla comunione. Nella terza, quella non ancora tradotta ma che alcuni sacerdoti già applicano per la sua parte rubricale, si dice che i fedeli possono rimanere in ginocchio oppure stare in piedi.
Ecco perché c'è un po' di confusione... Da una posizione del corpo retta, che esprime la risurrezione si è passato ad una "ne" che può essere o così o cosa, un po' come ti pare, infrangendo anche il principio dell'unità anche negli atteggiamenti dell'assemblea, Corpo mistico di Cristo... Sono stato un pò critico ma credo che non c'era bisogno di modificare questa norma. Speriamo la CEI nelle applicazioni lasci la vecchia usanza di alzarsi e stare in piedi. - Volevo chiedere il suo parere riguardo alle letture di oggi, Presentazione di Gesù al Tempio. Secondo me sono DUE più il Vangelo. Ma il parroco dice che l'ordo ne indica UNA + Vangelo. Lei che ne pensa?
- Si' è vero. Il parroco ha ragione. Oggi, essendo solo una festa si legge una sola lettura. La seconda lettura che riporta il lezionario andrebbe letta solo nel caso se la festa di oggi capitasse di domenica. Allora si leggerebbero tutt'e due le letture più il vangelo, la versione breve o lunga.
- In quale giorno della settimana si può celebrare il Sacramento del Battesimo? Di Domenica o in qualunque giorno della settimana? E se di Domenica, durante la messa comunitaria o dopo?
- Il sacramento può essere celebrato in qualsiasi giorno ma, e specialmente se non sussiste l'urgenza, andrebbe celebrato con solennità. C'è una tradizione antica che i sacramenti si celebrano nel giorno del Signore, di domenica. Il sacramento del battesimo poi, (e obbligatoriamente se si tratta degli adulti) nella Veglia Pasquale...
Il battesimo poi presuppone l'accoglienza nel Popolo santo di Dio, per questo è preferibile "durante la messa" dove questo Popolo, felice del nuovo figlio di Dio, lo accoglie non solo in persona dei padrini, del sacerdote, ma anche dall'assemblea, e nella chiesa parrocchiale. Quest'ultima, per motivi pastorali non sempre è possibile... Bisogna sempre fare riferimento al Pastore, al parroco e alle tradizioni del luogo... - Quali ricorrenze di nuovi Santi e Beati vengono aggiunti come memorie obbligatorie e quali come memorie facoltative? e in base a cosa.
- Nel momento della beatificazione/canonizzazione viene pubblicamente stabilito il giorno della celebrazione liturgica. Nel contempo la Congregazione indica il grado della stessa per diversi calendari locali o se il caso per il calendario generale. Ogni calendario "locale" cioé diocesano, della provincia ecclesiastica, della nazione, di una congregazione religiosa, se lo desiderasse, deve essere approvato dalla Congregazione vaticana. Lo stesso poi viene ufficialmente pubblicato nella Notitiae... Pertanto il grado della celebrazione viene stabilito dalla Congregazione vaticana e successivamente pubblicato nell'organo ufficiale della stessa.
In pratica si prende in considerazione i legami che un santo ha avuto in un dato territorio o ambiente.
La Congregazione poi pubblica il formulario della messa e della Liturgia delle Ore che periodicamente viene anche edito come "Aggiornamento del messale romano" o della Liturgia delle Ore. - Nel calendario liturgico che abbiamo in parrocchia, così come su alcuni trovati su internet, al giorno sabato 6 agosto "Trasfigurazione del Signore", non vi sono i secondi vespri, ma i primi vespri della domenica del tempo ordinario. Come mai questo? (considerando che in caso di concorrenza tra i secondi e i primi vespri la Trasfigurazione (Festa del Signore) ha precedenza sulla domenica del tempo ordinario) Facendo una ricerca ho trovato questo:
Nella scelta del formulario della Messa si osservi il principio generale secondo il quale «la precedenza deve essere sempre data alla celebrazione che è di precetto, indipendentemente dal grado liturgico delle due celebrazioni concorrenti»
Per la stessa ragione, nella celebrazione dei Vespri con il popolo, si può derogare alla norma generale, in modo che i Vespri concordino con la Messa vespertina che viene celebrata (Notitiae 20 [1984] pp. 603-605).
Quindi io intenderei che se i vespri vengono celebrati individualmente o comunque non in forma comunitaria in chiesa, continua a valere la regola generale che c'è sulle norme per la liturgia delle ore. E quindi la sera di sabato 6 agosto andavano celebrati i secondi vespri della Trasfigurazione del Signore. Sono in errore io o è così? - Per il primo affermativo, per motivi strettamente pastorali.
Per il secondo: personalmente credo che la precedenza andrebbe data alla "comunione", a celebrare insieme la stessa festa/lo stesso ufficio. In questo senso anche nella preghiera individuale personalmente preferirei celebrare ciò che sta celebrando il mio vescovo in cattedrale o il mio parroco con la parrocchia... che essere semplicemente fedele alla norma pur sempre importante. - Ieri sera dopo una giornata al mare sono andato alla Messa delle ore 21. La liturgia che veniva celebrata era quella relativa alla festa dell'Assunzione di Maria. Vorrei sapere: Ho adempiuto al precetto domenicale? Se oggi andrò di nuovo alla Messa avrò adempiuto anche al precetto relativo all'Assunzione di Maria?
- E' sempre molto brutto parlare della partecipazione alla messa in termini di obbligo... Dovrebbe essere il nostro momento più atteso e non la mera soddisfazione dell'obbligo... Una cosa che: si deve fare...
Comunque dal punto di vista giuridico sì, ha soddisfatto l'obbligo, perché ha partecipato alla messa nel giorno di domenica... indipendentemente dal formulario della messa che si celebrava. Non l'avrebbe soddisfatto invece se l'avesse partecipato un sabato sera (o cmq un prefestivo) alla messa non della domenica ma del giorno corrente. La soddisfazione del precetto alla messa cosiddetta prefestiva è compiuto solo se la messa celebrata è quella della festa. In qsto senso, lei ha soddisfatto il precetto domenicale ma non quello del 15 agosto. Pertanto il 15 avrebbe dovuto partecipare alla messa della Madonna. - Vorrei sapere se il Tempo Pasquale finisce con la Domenica di Pentecoste oppure termina il Sabato successivo. Svolgendo una ricerca in Internet ho trovato pareri differenti.
- Il tempo pasquale finisce con la Compieta, l'ultima preghiera liturgica, della domenica di Pentecoste. I pareri differenti possono permanere, specie su Internet, in quanto nel passato la domenica di Pentecoste aveva anche un'ottava che durava appunto fino al sabato successivo. Ma dalla riforma del Vaticano II l'ottava di Pentecoste non esiste più.
- Nel mese di maggio nella mia parrocchia è ormai tradizione celebrare la festa degli anniversari di matrimonio. Ho alcune perplessità.
La prima: all'inizio della celebrazione il parroco ha invitato tutti gli sposi (ca. cinquanta coppie) a baciare l'altare con lui. Il parroco, girato verso l'assemblea, aspettava ogni coppia di sposi che, uno a destra e l'altra a sinistra del parroco, insieme davano il bacio all'altare. In pratica il parroco ha baciato l'altare tante volte quante erano le coppie che partecipavano. Il parroco ha giustificato il gesto del bacio all'altare affermando che siamo tutti sacerdoti in virtù del battesimo.
La seconda: al momento della preghiera del Padre nostro il parroco (celebrante) invita tutti a prendersi per mano; è un gesto corretto nella liturgia della s.Messa? - Il sacerdozio ministreriale o ordinato non è la stessa cosa del sacerdozio battesimale. E ciò che dalle rubriche è prescritto per il ministro vale per lui e solo per lui. Ci sono ad esempio durante la celebrazione alcune preghiere che vanno proclamate solo da chi presiede, come ad es. le tre orazioni della messa. Il bacio dell'altare appartiene al sacerdote e al diacono e non al sacerdozio battesimale. Nelle liturgie orientali, che spesso hanno mantenuto gli usi più antichi, privi di riforme, addirittura non permettono di entrare al presbiterio ai non sacerdoti ordinati... Il rito romano non lo proibisce ma l'uso orientale forse spiega il da farsi anche per noi... C'è una bellissima definizione tipicamente latina: "Nella liturgia ognuno faccio tutto è solo quel che gli spetta".
Per quel che riguarda il tenersi per mano per il Padre nostro. La posizione del Pregante è quella con le mani alzate, come lo fa il sacerdote. Abbiamo immagini antichissime, anche nelle catacombe romane che lo rappresentano. La CEI suggeriva che, durante la Preghiera del Signore, anche i fedeli possono alzare le mani. Non si dice niente per tenersi per mano... Spesso invece lo fanno i ragazzi. Non lo vedo male come gesto in questo tipo di celebrazioni, se esprime quell'unità della Comunità e dei partecipanti in quella particolare circostanza. - 1. Per una serie di coincidenze, ci siamo trovate a dover fissare la professione religiosa temporanea di una nostra novizia al sabato 11 giugno, nella messa pomeridiana. Dunque, il rito della professione religiosa verrà inserito nella liturgia vespertina (non vigiliare, però) della Pentecoste. Ovviamente, la durata della s. Messa crescerà, anche se so per esperienza che, data la particolarità della circostanza e dei riti, l'assemblea sarà attentissima. Mi domandavo, però, se fosse possibile omettere il canto della sequenza. Non riesco a comprendere se il rituale ne preveda l'obbligatorietà.
2. Essendo la vigilia di Pentecoste, sarà obbligatoria la recita del simbolo di fede.
Tempo fa, non ricordo da quale fonte, ho sentito che la profesisone religiosa sostituisce liturgicamente la professione di fede. Quindi, quando c'è una professione religiosa, non ci sarebbe necessità di recitare il "credo". E' vero? E' vero sempre, cioè sia per le professioni temporanee e per quelle perpetue? - 1. Per quel che riguarda la sequenza, e le sequenze in generale, non sono obbligatorie nelle messe delle vigilie. Se sono obbligatorie lo sono solo nel giorno della solennità (o festa) e sempre facoltative nell'Ottava.
2. Invece per quel che riguarda il Credo, non mi sembra che la professione religiosa lo renda non obbligatorio. Se il Credo è prescritto dalle rubriche viene fatto. E' invece vero che viene tralasciata la Preghiera dei fedeli nel caso si canti le Litanie dei santi. In questo caso le Litanie sostituiscono la preghiera dei fedeli. - Sono una fedele della diocesi di Milano: perché nella liturgia ambrosiana, a differenza di quella romana che lo prevede solo per le domeniche e le solennità, il giorno liturgico inizia sempre con i vespri del giorno solare precedente?
- E' vero. Nella chiesa romana solo le solennità e le domeniche (domenica ad es. nel calendario ha il "rango" di festa) iniziano con il vespro del giorno prima (I.mi vespri). E' una tradizione ereditata dai nostri fratelli ebrei per i quali il giorno non iniziava a mezzanotte come da noi ma al calar del sole. Infatti la sera iniziava già il giorno successivo... Proprio per questo, loro, le feste le iniziavano la sera del giorno precedente che da noi si chiamano i "Primi Vespri".
- Vorrei sapere perchè la Domenica delle Palme viene proclamata la Passione di Nostro Signore Gesù Cristo, mentre poi lunedi santo viene proclamato il Vangelo gi Giovanni dove maria la sorella di Lazzaro lava i piedi di Gesù con le lacrime e poi li profuma con il nardo. Poi la liturgia segue il suo corso normale dove Venerdi santo c'è la morte di NSGC.
- Qualche volta, specie per le feste, la liturgia tenta di mantenere le date degli eventi come riferiti nel vangelo. Così è ad es. per l'Annunciazione del Signore, nove mesi prima del natale 25.12, la festa si celebra 25.03...
Nel caso nostro il vangelo di oggi dice: "Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània...", sei giorni che sarebbe proprio oggi... - Avete scritto che domenica prossima è domenica laetare. Che cosa significa?
- Dominica Laetare (Gauderae in Avvento) voleva un tempo essere per i fedeli una breve sosta nel cammino di penitenza che il tempo di Quaresima richiedeva, con la possibilità anche di interrompere il lungo digiuno. Con questo nome viene chiamata la quarta domenica di Quaresima. Nella liturgia dava la possibile di usare il color rosa, un colore, pur rimanendo legato al viola della penitenza, era alleviato dal bianco dell'imminente solennità della pasqua. L'espressione latina invece deriva semplicemente dall'inizio dell'introito (antifona d'ingresso) cantato nella messa di tal giorno, che, in latino, inizia proprio con Laetare Jerusalem, che significa: Rallégrati, Gerusalemme.
- Desidero avere una risposta che non è ovviamente inerente "la salvezza eterna"...!!!
Sono un sacerdote religioso e il libro delle preghiere della nostra Congregazione (stampato nel 1993) aveva già recepito quanto in quegli anni era stato deciso per alcune semplificazioni. Faccio esempi:
1. Non prevede più tre Gloria dopo l'Angelus latino e italiano
2. non prevede più il versetto, nella Benedizione eucaristica, PANEM DE COELO PRAESTITISTI EIIS...
3. non prevede più la doppia genuflessione davanti al SS. mo esposto
Seguendo in televisione o in radio quando il Papa recita l'Angelus alla domenica sento che (già Papa Giovanni Paolo II) vengono detti ancora i tre Gloria Patri. Parlando con confratelli si discuteva del fatto. Io sono del parere che queste "semplificazioni" non sono state recepite. Mi interessa, però, sapere dove trovare il testo che elenchi questa serie di "semplificazioni" con la citazione del Documento. - Grazie della lettera. Non siamo proprio esperti nella legislazione rubricale anche perchè, come lo nota lei stesso è abbastanza scarna. Non credo ci sia un documento unico che elenchi tutte le "abbreviazioni". Bisogna cercare qua e là per ogni cosa. Una fonte delle rubriche è il Cerimoniale dei vescovi, fino ad oggi ancora non tradotto. Sono comunque domande interessanti. E qualche risposta l'abbiamo trovato.
* Per la seconda.
Il libro liturgico (Culto eucaristico e comunione fuori della messa) non riporta più il versetto "Panem de coeli..." E qsta è l'editio typica.
* Per la genuflessione davanti al Ss.mo.
Il Cerimoniale Episcoporum recita:
69. La genuflessione, che si fa flettendo il solo ginocchio destro fino a terra, significa adorazione, e perciò è riservata al ss. Sacramento, sia esposto, sia nel tabernacolo, e alla santa croce dalla adorazione solenne nella azione liturgica del venerdì nella passione del Signore, fino all'inizio della veglia pasquale.
70. Non compiono né la genuflessione, né l'inchino profondo coloro che portano oggetti che servono per la celebrazione, ad esempio la croce, i candelieri, il libro dei vangeli.
La riverenza verso il ss. Sacramento
71. Tutti coloro che entrano in chiesa non trascurino di adorare il ss. Sacramento, sia recandosi alla cappella del ss. Sacramento, sia almeno genuflettendo. Ugualmente tutti coloro che passano davanti al Ss. sacramento genuflettono, a meno che avanzino processionalmente. 1].
Non so rispondere per qual che riguarda l'Angelus. Penso sia semplicemente un uso senza nessuna prescrizione ufficiale...
1] La traduzione del Cerimoniale Episcoporum è nostra. - Ho sentito delle cose, ma non sono precise sulle regole per poter ricevere la Santa Comunione per la seconda o la terza volta durante lo stesso giorno. Potresti spiegarmi con precisione come funziona?
- Il canone 917 del Codice di Diritto Canonico recita: - Chi ha già ricevuto la santissima Eucarestia, può riceverla una seconda volta nello stesso giorno, soltanto entro la celebrazione eucaristica alla quale partecipa, salvo il disposto del can. 921, § 2.
Praticamente, se partecipi lo stesso giorno ad una seconda messa, ma dall'inizio (interamente), puoi ricevere la comunione una seconda volta. Il canone suggerisce che la prima volta avresti potuto riceverla al di fuori della celebrazione dell'eucaristia o semplicemente non partecipando ad intera celebrazione.
Comunque, e di questo il can. 921, § 2, chiunque potrebbe ricevere la santa comunione anche altre volte nello stesso giorno ogniqualvolta si trovasse nel pericolo di morte. - Le solennità hanno sempre i primi Vespri e quando sono di precetto, dopo le 16.00 se viene celebrata una santa Messa, deve essere quella della solennità (a parte i casi particolari). Per le solennità non di
precetto (san Giuseppe, Sacro Cuore ecc.ecc.) prive di messa vigiliare propria la messa serale (17.30 - 18) dlla vigilia deve essere quella della solennità oppure quella del giorno corrente? - Bisogna distinguere due cose: il grado della festa liturgica (solennità, festa, memoria) e l'"obbligo-precetto" (che brutto concetto) di "santificare le feste" (che include la partecipazione alla messa ma non si esaurisce lì).
Alcune solennità ed anche feste importanti hanno la messa cosiddetta "della vigilia". E se vi è un formulario della messa della Vigilia si prende quello.
Tutte le feste e le solennità (la domenica è considerata una festa) hanno, per tradizione proveniente dai nostri fratelli Ebrei, i primi vespri che aprono appunto la celebrazione della festa. I primi vespri sono la prima celebrazione liturgica di quella festa. Pertanto tutto quello che si celebra DOPO i primi vespri (inclusa la messa che fa parte dell'Opus Dei) deve essere della festa e non della feria. Il fatto è che non dappertutto si celebrano i primi vespri. In quel caso la scelta del formulario della messa dipende dalla discrezione del celebrante. In che modo? Il sacerdote valuterà l'importanza della celebrazione in quel luogo, la partecipazione dei fedeli e le loro richieste o altri. La liturgia non indica mai l'orario (prima delle 16 o dopo le 16). - La mia è una domanda in tema di liturgia, sulla preghiera dei fedeli: quando è obbligatoria/facoltativa nei giorni feriali/festivi?
- L'introduzione generale al Messale romano dice che è conveniente che la preghiera dei fedeli, o meglio la preghiera universale, ci sia nelle messe con partecipazione dei fedeli. Mentre le "Precisazioni" della CEI chiariscono: "è di norma nelle messe domenicali e festive". E continua: "dato tuttavia il suo rilievo pastorale, anche perché offre l'occasione di collegare la liturgia della Parola con la situazione concreta, è evidente l'opportunità di farla quotidianamente nelle messe con la partecipazione del popolo".
Nella preghiera dei fedeli il popolo esercitando la sua funzione sacerdotale, prega per tutti gli uomini. E' per questo che dovrebbe essere considerata un'opportunità da non trascurare mai. - Quale gesto viene richiesto ai sacerdoti concelebranti nel momento della consacrazione? Stendere la mano con un gesto che orienta lo sguardo dei fedeli verso il pane e il vino mentre si pronunciano le parole della consacrazione o stendere la mano con la palma rivolta verso il basso, in modo simile alla imposizione delle mani?
- Grazie della domanda. Ma partiamo dall'epiclesi perché ci sono disposizioni ben precise e dalle chiare disposizioni del Caeremoniale Episcoporum che cito:
Il Capitolo V del CE (p. 35ss) parla proprio de modo tenendi manus:
- elevatis
- extensis
- supe personas vel res.
E proprio a proposito delle cose parla dell'imposizione delle mani sopra le oblate. Specifica:
Ad epiclesim ante consacrationem manus extendae sunt, ita ut palmae sint apertae versus ac supra oblata. Ad consacrationem vero palma manus dextrae versa sit ad latus.
"Ad latus" viene specificato poi nalla Notitiae, (I, 1965, p. 143) che spiega il senso diverso delle due imposizioni. La prima è essenziale ed epicletica la seconda non è un'imposizione ma un gesto di partecipazione di tutti i sacerdoti all'opera del celebrante principale. La mano destra stesa non più con il palmo della mano verso le oblate ma con il pollice rivolto verso "fuori". - Per il matrimonio sarebbe corretto recitare la forma abbreviata del credo, cioè Credete in Dio, Padre onnipotente, Creatore del cielo e della terra? Credo. Credete in Gesù Cristo, suo unico Figlio, nostro Signore, che nacque da Maria vergine, morì e fu sepolto, è risuscitato dai morti e siede alla destra del Padre? Credo. Credete nello Spirito Santo, la santa Chiesa cattolica, la comunione dei santi, la remissione dei peccati, la risurrezione della carne e la vita eterna? Credo. anzichè quella che si recita solitamente durante la messa domenicale?
- Intanto il Credo non è obbligatorio per il sacramento del matrimonio. Potrebbe essere se il matrimonio viene celebrato durante la messa, nelle solennità o nelle domeniche. E allora il Credo della messa è solo quello del messale. La versione citata da te può essere usata esclusivamente nei casi previsti dal messale, come ad es. la Veglia pasquale. In quel caso la professione di fede però fa parte del rito del rinnovo delle promesse battesimali. E siccome li c'è la formula "rinnunci-rinnuncio" si prosegue con "credi-credo".
C'è stata una interpellanza alla Commissione liturgica se la versione da te citata potesse essere usata nelle messe "dei bambini". La commissione ha risposto negativamente suggerendo una delle due versioni previste dal messale. Il motivo: il cristiano si sentirà più partecipe e la sua professione sarà "più" piena se dirà tutta la formula del Credo. - Colgo inoltre l'occasione per chiedere precisazioni circa la gerarchia dei saluti (riverenza o genuflessione) nelle aule liturgiche dove la residenza eucaristica è posta al centro, dietro la sede presidenziale e dietro l'altare, oppure di lato all'altare centrale. Fermo restando la genuflessione all'inizio e al termine della celebrazione, passando davanti all'altare-presidente-tabernacolo è sufficiente e anche dovuto l'inchino, oppure altro? Quando poi (è un altro caso) si passa tra la sede del presidente e l'altare, ha chi è dovuta la riverenza?
- Le norme liturgiche non danno spiegazioni in proposito in quanto, dopo la riforma liturgica, il tabernacolo non si trova più nel presbiterio, tanto meno dietro la sede presidenziale. Anzi: Il Cerimoniale dei vescovi (CE) dice: «Se tuttavia in un caso particolare il tabernacolo si trovasse sopra l'altare sul quale il vescovo sta per celebrare, il ss. Sacramento sia portato in un altro luogo degno». (49). Questo quanto alle rubriche. Tante volte però non è facile "spostare" il tabernacolo specie nelle chiese antiche dove da secoli fa parte dell'altare stesso. E allora ci si trova nella situazione della tua domanda. Si potrebbe fare in questo modo:
Ogni qual volta si venga al presbiterio (ad es. dalla sacrestia: incenso, candele, servizi) si fa la genuflessione. Per quanto è possibile si eviti il passaggio tra la sede e l'altare e si preferisca passare davanti all'altare sinodale, facendo la debita riverenza (e in quel caso lo si farà sia al Santissimo, sia all'altare). Per quel che riguarda la riverenza al celebrante il Cerimoniale dei vescovi così spiega:
«[76.] Salutano il vescovo con un inchino profondo: 1) i ministri, 2) coloro che si accostano a lui per compiere un servizio, o se ne allontanano al termine del servizio, 3) coloro che passano davanti a lui. [77.] Quando la cattedra del vescovo si trova dietro l'altare, i ministri salutino o l'altare o il vescovo, a secondo che si accostino all'altare o al vescovo; evitino tuttavia, per quanto è possibile, di passare fra il vescovo e l'altare per la riverenza che si deve ad entrambi. [78.] Nel caso in cui fossero presenti più vescovi in presbiterio, si fa la riverenza solo a colui che presiede. - Rientrando in sacrestia dopo la celebrazione eucaristica, il celebrante (che è anche il parroco) ha precisato al ministrante (un adulto) che al Padre nostro le braccia allargate in segno di preghiera di invocazione le tiene soltanto il sacerdote: Neanche il diacono (sarei io) deve tenerle alzate. Preciso che sono ormai 4 anni che svolgo il servizio diaconale in questa comunità parrocchiale. E anche nei 13 anni di diaconato ho sempre visto buona parte dei fedeli compiere questo gesto. Ho prontamente eccepito che la stessa CEI, ormai da diversi anni ha invitato i fedeli a pregare il Padre nostro in questo modo, e così vedo fare quasi ovunque. Mi sbaglio o è vero quanto affermo? C'è la possibilità di ritrovare questa disposizione o invito che sia?
- E' vero. La Conferenza Episcopale Italiana ha adattato la gestualità da tenere durante la celebrazione eucaristica. Il documento è facilmente reperibile qui: http://www.maranatha.it/Praenotanda/bk08ctext.htm (in fondo alla pagina sotto il titolo: CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA: Precisazioni o nel Messale Romano.
Per quel che riguarda il Padre nostro dice così: «Durante il canto o la recita del Padre nostro, si possono tenere le braccia allargate; questo gesto, purché opportunamente spiegato, si svolga con dignità in clima fraterno di preghiera». Il documento insiste perché il gesto sia opportunamente spiegato e debba aiutare la preghiera e il clima fraterno, condizione in mancanza della quale, forse è meglio desistere dalla mera prescrizione rubricale. - Vorrei conoscere quali sono i casi che il Messale indica per la Comunione sotto le due specie.
- Sarebbe opportuno un approfondimento della domanda molto interessante, non solo per quel che riguarda "quanto". Il messale stesso ci da' molte indicazioni dottrinali, teologiche, spirituali, pratiche, ecc.
Rispondo solo alla domanda e per l'approfondimento rimando ai Praenotanda del Messale, facilmente reperibile in rete.
La Comunione sotto le due specie è permessa, oltre ai casi descritti nei libri rituali:
a) ai sacerdoti che non possono celebrare o concelebrare;
b) al diacono e agli altri che compiono qualche ufficio nella Messa;
c) ai membri delle comunità nella Messa conventuale o in quella che si dice "della comunità", agli alunni dei seminari, a tutti coloro che attendono agli esercizi spirituali o partecipano ad un convegno spirituale o pastorale.
Il Vescovo diocesano può stabilire per la sua diocesi norme riguardo alla Comunione sotto le due specie, da osservarsi anche nelle chiese dei religiosi e nei piccoli gruppi. Allo stesso Vescovo è data facoltà di permettere la Comunione sotto le due specie ogni volta che sembri opportuno al sacerdote al quale, come pastore proprio, è affidata la comunità, purché i fedeli siano ben preparati e non ci sia pericolo di profanazione del Sacramento o la celebrazione non risulti troppo difficoltosa per il gran numero di partecipanti o per altra causa.
La Conferenza Episcopale Italiana aggiunge:
Oltre ai casi e alle persone di cui al n.242 di «Principi e norme», e salvo il giudizio del vescovo di permettere la Comunione sotto le due specie, la Conferenza Episcopale Italiana ha stabilito di allargare la concessione della Comunione sotto le due specie ai casi e alle persone qui sotto indicate:
a) a tutti i membri degli istituti religiosi e secolari, maschili e femminili e a tutti i membri delle case di educazione e formazione sacerdotale o religiosa, quando partecipano alla Messa della comunità (cfr «Principi e norme per l'uso del Messale Romano» n. 76);
b) a tutti i partecipanti alla Messa comunitaria in occasione di un incontro di preghiera o di un convegno pastorale;
c) a tutti i partecipanti a Messe che già comportano, per alcuni dei presenti, la comunione sotto le due specie, a norma del n. 242 di « Principi e norme per l'uso del Messale Romano »;
d) in occasione di celebrazioni particolarmente espressive del senso della comunità cristiana raccolta intorno all'altare. - Sono un diacono. Vorrei chiedere quali sono le ore giuste per la preghiera dell'Ora media?
- Caro Vittorio, oggi, anche se la Liturgia delle ore richiede la verità delle ore, gli orari per la preghiera delle ore non sono cosi rigidi come avveniva nel passato, permettono una certa flessibilità. Comunque le ore della Liturgia delle ore nascono nell'antichità cristiana in corrispondenza agli orari della preghiera giudaica nel Tempio. Ci sono diverse testimonianze, specialmente negli Atti degli apostoli, dove i Cristiani inizialmente salivano il Tempio di Gerusalemme per la loro preghiera, successivamente pregavano "da soli" ma sempre nelle ore della preghiera ebraica. Da lì anche i nomi delle ore: la prima, la terza, la sesta, la nona... da recitare alla "prima ora del giorno", alla "terza", ecc... Oggi il breviario romano le chiama diversamente ma ad esempio il nostro breviario monastico e soprattutto i nostri monaci, ancora oggi le chiamano "alla antica..."
Per quel che riguarda le ore dell'Ora media:
la terza corrisponde alle ore nove di mattina la sesta a mezzogiorno la nona equivale alle ore tre di pomeriggio.
Come ti dicevo sopra, per ogni ora liturgica ci sono degli esempi nel Nuovo testamento. Ti lascio uno solo. Nel Vangelo di Matteo in latino si dice cosi: «A SEXTA autem hora tenebrae factae sunt super universam terram usque ad horam NONAM». Et circa horam NONAM clamavit Iesus voce magna dicens: "Eli, Eli, lema sabacthani?", il che è stato tradotto in questo modo: «Da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio si fece buio su tutta la terra. Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: «Elì, Elì, lemà sabactàni?» ecc... A questo legata c'è anche la teologia delle ore: Perché la chiesa, i cristiani pregano alle tre di pomeriggio? Perché a quel ora è morto il Signore. - Sono un sacerdote straniero che deve recarsi a Roma per studi ove risiedere per qualche anno. So che non siete voi a dovermi dare la risposta ma magari lo sapete. La domanda è questa: Quali sono le norme per i sacerdoti residenti nella diocesi di RM per cio' che riguarda le confessioni? Scusate. Ho cercato nel sito ma non ne ho trovata nessuna indicazione...
- Caro Marco, Abbiamo interpellato il Vicariato che così risponde: I sacerdoti che risiedono per qualsiasi motivo nella Diocesi di Roma, con il permesso del loro Ordinario, devono recarsi presso l'ufficio clero della Diocesi (p.zza S. Giovanni in Laterano, 6/A - 00184 Roma) con due fotografie formato tessera e la lettera di presentazione del loro Ordinario. A questo punto viene fatto compilare un modulo. Se nulla osta le verranno concesse le facoltà per confessare nella diocesi di Roma durante il periodo del suo ministero in questa grande Diocesi. Con viva cordialità. Mons. Mauro Parmeggiani, Segretario Generale del Vicariato.
- Sono un sacerdote. Talvolta capita quando prima di andare a riposare organizzo la giornata di domani per fare in modo di non farmi travolgere dall' "agenda" e garantirmi il tempo per la lectio divina e l'adorazione personale, dopo aver recitato compieta mi viene l'idea di celebrare (intorno alle 23.30, quindi qualche ora dopo la compieta) l'Ufficio di letture del giorno dopo a quell'ora per non correre il rischio di ritrovarmi a farlo "male", cioè dovendomi sbrigare fra le cose da fare, il giorno dopo. Mi sembra che "Principi e norme" lo preveda ma forse non interpreto bene (e quindi non l'ho mai celebrato). Non per "sbolognarlo" ma per celebrarlo con calma, magari utilizzando "L'ora dell'ascolto monastica". Cosa ne pensate?
- Penso che si possa fare. Anche se la liturgia delle ore esige la verità delle ore non è mai cosi tassativa come lo è la celebrazione dei sacramenti, questo sia per i salmi sia per le letture, per gli inni, ecc... L'Ora di ascolto o l'Ufficio delle letture poi è quella più flessibile, infatti può essere celebrata in qualsiasi ora del giorno (e della notte). Lo sai che alcuni monasteri ancora oggi si alzano di notte per pregare i salmi e cibarsi delle sacre letture... Ma è anche vero che la Compieta dovrebbe essere l'ultima preghiera del giorno. Dipende dalla motivazione. Infatti "Non per "sbolognarlo" ma per celebrarlo con calma". Condivido in pieno...
- Un rettore del seminario, ora vescovo, diverso tempo fa in una concelebrazione non diceva "il Signore sia con voi" ma "il Signore è con voi". Siccome ora non dice più così, sbagliava?
- E' sbagliato. Il latino Dominus vobiscum è molto più che "il signore è con voi" e "il signore sia con voi" messi insieme. Lo stesso per quel che riguarda "Parola di Dio" che qualcuno sta trasformando in "è parola di Dio": anche questo è sbagliato. Nelle traduzioni di altre lingue alcune conferenze episcopali non hanno avuto timore di lasciare la frase senza il verbo... Forse anche in italiano si poteva tradurre "Il Signore con voi" (era, è, sia, sarà sempre...).
- Si possono utilizzare le preci eucaristiche del messale ambrosiano?
- L'argomento è legato alla precedente domanda (dimmi come celebri, ti dico chi sei...). Noi siamo cattolici romani di rito latino. Forse non sempre convinti della bellezza della nostra liturgia. Un bizzantino (anche cattolico) non avrebbe mai e mai usato il canone romano nella celebrazione dell'eucaristia, e non solo perché glielo vieta il codice canonico...
- Ho visto spesso un santo monaco (ora in Paradiso) che quando celebrava la messa poneva sull'altare una propria agenda con delle "integrazioni" al Messale romano: es. Concedi la pace ai nostri giorni, in particolare ti preghiamo per la pace tra i nostri fratelli palestinesi ed ebrei", oppure con altre brevi aggiunte che non intaccavano mai il Messale Romano. Mi piaceva ma non l'ho mai fatto personalmente. Cosa ne pensate?
- Il problema è molto complesso. Risponderei brevemente cosi': L'Eucaristia, e tanto più l'anafora, è l'espressione massima della cattolicità (unità) della Chiesa (dimmi come celebri ti dico chi sei...). Aggiungere frasi personali o cambiare (arbitrariamente) quelle del messale (anche se formulate sfortunatamente dal compilatore/traduttore) nel contesto in cui la cattolicità si esprime in senso magno non lo giudico favorevolmente. Mi ricordo un esempio di un grande liturgista proprio su questo argomento. Diceva: è come se il presidente della repubblica, durante il discorso di fine anno, quando parla a tutti gli italiani, ogni tanto parlasse al suo figliolo, che lo stesse guardando magari nella stanza accanto. L'esempio esagerato ma, credo, renda l'idea.
- Avrei una domanda da rivolgerLe. Nelle ferie del tempo ordinario - leggo nella guida liturgica della mia diocesi -
sono consentite Messe votive o memorie facoltative ricorrenti per quel determinato giorno oppure memorie di un santo "ricordato nel martirologio". Volevo sapere se "ricordato nel martirologio" si riferisce solo ad un santo "ricordato nel martirologio" di quel determinato giorno opppure se si può celebrare la memoria di un santo che non ricorre nel martirologio di quel determinato giorno. Mi spiego meglio: io sono presbitero diocesano di Terni e oblato osb di Farfa, se volessi nell'opus Dei personale (breviario) celebrare la memoria, per esempio dei santi martiri della mia diocesi, oppure quella del beato Placido Riccardi osb di Farfa, oppure - sempre per esempio - dei santi monaci camaldolesi, ecc. potrei farlo oppure non sarei fedele al mandato di celebrare "fedelmente l'opus Dei" che nel giorno del mio diaconato (24 anni fa) ho pubblicamente e con gioia, promesso per tutta la vita? - Quando nel Calendario si dice "ricordato nel martirologio" si riferisce scritti nel martirologio di quel giorno.
Infatti: "Nelle ferie del tempo ordinario.......... b) o la messa di un santo proposto come memoria facoltativa, oppure iscritto quel giorno (eo die) nel Martirologio romano" (IM 355)
Per quel che riguarda il calendario da seguire le rubriche della Liturgia delle ore spiegano:
L'ufficio in coro e in comune si deve celebrare secondo il calendario proprio, cioé della diocesi o della famiglia religiosa, o delle singole chiese (IH 241, AC 52c). Nella celebrazione individuale (NON PERSONALE) si può seguire o il calendario del luogo o il calendario proprio, eccetto nelle solennità o nelle feste proprie (IH 243).
Per lei il "calendario proprio" nelle celebrazioni individuali, senza il concorso del popolo, può essere sia il calendario della sua diocesi sia quello dell'Abazia di Farfa (calendario OSB) essendo lei membro di quella famiglia, con l'oblazione regolare. Pertanto potrà sempre scegliere le memorie facoltative o della diocesi o dei santi benedettini.
Se permette una considerazione personale che seguiamo nella nostra comunità: La messa del giorno fa parte dell'Ufficio divino di quel giorno. Pertanto a me sembra che se lei sceglie di celebrare un santo "facoltativo" dell'Ufficio di quel giorno lo sceglie per tutto l'ufficio e non solo per la messa o solo per l'ufficio. Secondo me questo lo esige la verità del segno liturgico. Tutta la giornata viene vissuta nel segno/ricordo del santo, a partire dall'invitatorio che apre le labbra per la preghiera del mattino. La memoria è facoltativa fino a quando lei la considera tale. Nel momento in cui lei decide di celebrarla diventa memoria vera e propria con tutto ciò che comporta. Non credo che questo faccia problemi ai suoi parrocchiani. Se un santo è iscritto in UN calendario (diocesi od OSB) è sempre "almeno facoltativo", pertanto può essere celebrato anche in parrocchia, il calendario della quale forse non lo nomina... Tanto più se viene spiegato e proposto come esempio da seguire. Abbiamo bisogno dei santi, non solo come intercessori ma soprattutto come esempi di vita santa da seguire... - La parola "Amen", come si sa, è un assenso, significa "Così è", o "Così sia", dunque sia fatta la volonta di Dio in ogni cosa. Perchè durante il Padre Nostro non si deve dire Amen? Mi spiego meglio: perchè nel Padre Nostro recitato durante la Santa Messa non si deve dire l'Amen? Molti questo gesto lo sanno, ma non ne capiscono il significato. Tuttavia, c'è chi tralascia l'Amen al Padre Nostro anche durante altre occasioni, come ad esempio durante il Rosario. Diventa dunque un'abitudine. Ma altri ancora, tuttavia, dicono Amen in entrambe le circostanze. Quand' è, infine, che bisogna dire Amen, e quando invece no?
- La risposta è semplice: Il Padre Nostro della messa segue immediatamente un'altra preghiera (L'embolismo: "Liberaci o Signore..."), che fa quasi tutt'uno con la Preghiera del Signore. In questa occassione (e solo in questa), il libro liturgico insegna: AMEN non si dice.
- Ringrazio per i servizi di liturgia che ci offrite tutti giorni. Volevo chiedervi un favore: potreste spiegare quali indulgenze si possono prendere in questi giorni, dedicati alla preghiera per i defunti? Vi ringrazio. Marina.
- In favore dei defunti, e applicabile soltanto ad essi, si possono lucrare:
1. Un indulgenza plenaria:
a). chi visita il cimitero e prega, anche solo mentalmente, per i defunti, nei giorni dall'1 all'8 novembre;
b). chi visita una chiesa o un oratorio, e recita il Padre nostro e il Credo, nel giorno della Commemorazione di tutti i fedeli defunti, o, col consenso dell'Ordinario, nella domenica precedente o seguente o anche nella solennità di tutti i Santi.
2. Un'indulgenza parziale:
a). chi visita il cimitero e prega, anche solo mentalmente, per i defunti;
b). chi recita devotamente le Lodi o i Vespri dell'ufficio dei defunti o l'invocazione "L'eterno riposo"
(Ench.Indulgentiarum ed.1999, conc. N.29)
Il nostro Monastero gode dei privilegi particolari confermati con il Decreto della Penitenzieria Apostolica che estende il periodo dell'Indulgenza plenaria dai giorni dal 1 - 8.11. di ulteriori tre giorni e fino all'11 novembre. Qui il testo del Decreto. - Ho letto che sabato prossimo alcuni dei vostri confratelli diventeranno diaconi. Che cosa può fare il diacono nella liturgia?
- Ecco la citazione del libro liturgico che risponde alla tua domanda:
Mediante l'imposizione delle mani, per tradizione apostolica, vengono ordinati i diaconi, perché in virtù della grazia sacramentale esercitino efficacemente il loro ministero.
Spetta al diacono, conforme a quanto gli sarà assegnato dalla legittima autorità, conferire solennemente il Battesimo, conservare e distribuire l'Eucaristia, in nome della Chiesa assistere e benedire il Matrimonio, portare il Viatico ai moribondi, leggere la Sacra Scrittura ai fedeli, istruire ed esortare il popolo, presiedere il culto e le preghiere dei fedeli, amministrare i sacramentali, presiedere il rito del funerale e della sepoltura. Dediti alle opere di carità e di assistenza, i diaconi si ricordino del monito del beato Policarpo: "Siano misericordiosi, attivi e camminino nella verità del Signore, il quale si è fatto il servo di tutti".
Mediante la libera assunzione del celibato davanti alla Chiesa i candidati al diaconato sono consacrati in modo nuovo a Cristo.
Il compito della Chiesa che loda Dio e per la salvezza di tutto il mondo si rivolge a Cristo, e per mezzo di lui al Padre, viene affidato anche ai diaconi che nella Liturgia delle Ore pregano per tutto il popolo di Dio, anzi per tutti gli uomini. È dovere di tutti i fedeli della Diocesi accompagnare con la preghiera i candidati al diaconato. - Vorrei sapere cosa dice La Chiesa, in merito alla distribuzione dell'Eucarestia sulle mani, in quanto alcuni Sacerdoti ammettono questa forma di Distribuzione, ed altri sono nettamente sfavorevoli.
Giuseppe - Grazie per la sua lettera.
Il problema della comunione eucaristica ricevuta sulla mano, proprio per le cause da lei riportate, è stato ben definito nella legislazione ecclesiastica e liturgica.
Nel 1985 la Congregazione per il Culto Divino ha emanata un documento che riguarda l'argomento. Eccolo:
Congregazione per il culto divino
LA COMUNIONE NELLA MANO
Cominciando dal 1969, la Santa Sede, pur mantenendo in vigore in tutta la Chiesa l'uso tradizionale di distribuire la comunione, accorda alle conferenze episcopali che ne fanno domanda e sotto determinate condizioni la facoltà di distribuire la comunione deponendo l'ostia sulla mano dei fedeli. Questa facoltà è regolata dalle istruzioni Memoriale Domini e Immensae caritatis (29.5.1969, EV 3/1273 ss.; 29.1.1973, EV 4/1924 ss.) come pure dal Rituale De sacra communione pubblicato il 21 giugno 1973, n. 21 (EV 4/2531). Sembra utile tuttavia richiamare i seguenti punti:
1. La comunione nella mano deve manifestare, al pari della comunione ricevuta in bocca, il rispetto verso la presenza reale del Cristo nell'eucaristia. Per questo si dovrà insistere, come facevano i padri della Chiesa, sulla nobiltà che deve comportare il gesto del fedele. Cosí i neobattezzati della fine del IV secolo ricevevano la consegna di stendere le due mani facendo "della mano sinistra un trono per la mano destra, perché questa deve ricevere il Re" (V catechesi mistagogica di Gerusalemme, n. 21: PG 33, 1125, o Sources chrèt., 126, §171; S. Giovanni Crisostomo, Omelia 47: PG 63, 898, ecc.).
2. Parimenti, sull'esempio dei padri, si insisterà sull'Amen che il fedele dice in risposta alla formula del ministro: "Il corpo di Cristo". Questo Amen dev'essere l'affermazione della fede: "Cum ergo petieris, dicit tibi sacerdos Corpus Christi et tu dicis Amen, hoc est verum; quod confitetur lingua, teneat affectus" (S. Ambrogio, De sacramentis, 4, 25: Sources chrèt., 25 bis, §116).
3. Il fedele che ha ricevuto l'eucaristia nella mano la porterà alla bocca prima di ritornare al suo posto, mettendosi da parte solo per lasciar avvicinare colui che lo segue e restando rivolto verso l'altare.
4. Il fedele riceve dalla Chiesa l'eucaristia, che è comunione al corpo di Cristo e alla Chiesa. Perciò non deve prenderla lui stesso dal piattino o dalla pisside, come farebbe col pane ordinario o col pane benedetto; invece, egli tende la mano per riceverla dal ministro della comunione.
5. Bisognerà raccomandare a tutti, specialmente ai bambini, la pulizia delle mani, per il rispetto dovuto all'eucaristia.
6. Ma prima occorre assicurare ai fedeli una catechesi del rito, insistere sui sentimenti d'adorazione e sull'atteggiamento di rispetto richiesto (cf. Giovanni Paolo II, Lettera Dominicae cenae, 24.2.1980, n. 11). Si raccomanderà loro di far attenzione a che i frammenti del pane consacrato non vadano perduti (cf. Congregazione per la dottrina della fede, Dichiarazione De particulis et fragmentis hostiarum, 2.5.1972, prot. n. 89/71, in EV 4/1625).
7. Nessun fedele dovrà essere obbligato ad adottare la pratica della comunione nella mano, ma si lascerà ognuno pienamente libero di comunicarsi nell'uno o nell'altro modo.
Queste norme e quelle indicate nei documenti della Santa Sede sopra riferiti hanno lo scopo di ricordare il dovere del rispetto verso l'eucaristia, indipendentemente dal modo con cui si riceve la comunione.
I pastori d'anime insistano non solo sulle disposizioni necessarie per ricevere fruttuosamente la comunione, la quale esige, in certi casi, il ricorso al sacramento della penitenza, ma anche sull'atteggiamento esteriore di rispetto che, nell'insieme, deve esprimere la fede del cristiano verso l'eucaristia.
Dal palazzo della Congregazione per il culto divino, 3 aprile 1985.
+ Augustin Mayer, arciv. tit. di Satriano, pro-prefetto.
+ Virgilio Noè, arciv. tit. di Voncaria, segretario. - Complimenti per il Vostro servizio di Liturgia quotidiana. Lo utilizzo quasi tutti i giorni tramite il mio telefonino. Volevo farvi una domanda. Tutti giorni, prima di alzami dal letto faccio il segno della croce, così mi ha insegnato mia madre. Potreste spiegarmi perché nella fede cristiana quel segno è così importante? So che è una domanda che potrebbe sembrare ovvia. Gesù è morto sulla croce. Ma capita tante volte che facciamo cose che diventano automatiche cié che non ci domandiamo più del loro significato... Non so se mi spiego...
- Grazie per la tua domanda. Si potrebbe rispondere in due parole. La domanda ci sprona però a spiegarlo un po' meglio. Quali sono i gesti, i segni, gli atteggiamenti più importanti della nostra fede? Questo sarà il primo:
;)
* SEGNO DELLA CROCE - I Vespri di una giornata di calendario, vanno recitati la sera precedente o nella giornata in oggetto? Cioè si tiene conto del calendario civile o della vigilia liturgica?
- Il vespro viene recitato la sera del giorno stesso del calendario. C'è una eccezione, che capita molto spesso. Questa eccezione sono le feste e le solennità. Infatti i giorni festivi iniziano con il calar del sole, cioè la sera del giorno precedente la festa. È una tradizione dell'oriente che la chiesa anticamente ha riconosciuto come valida ed ha accettato come propria. In questo modo le feste, le domeniche, le solennità hanno due celebrazioni dei Vespri: i primi e i secondi vespri.
Pertanto ieri, ad es. abbiamo celebrato i "PRIMI" Vespri della solennità dell'Annunciazione del Signore e non i vespri del Venerdì della terza settimana della Quaresima, mentre questa sera, visto che nel calendario liturgico le domeniche della Quaresima (dei tempi forti) hanno la precedenza (sono più importanti) delle solennità, non celebreremo i SECONDI Vespri dell'Annunciazione ma i PRIMI Vespri della Quarta domenica della Quaresima.
Il calendario liturgico non tiene conto di quello civile. Un altro esempio: il calendario liturgico non inizia il 1 gennaio ma la prima domenica dell'Avvento che può capitare in diverse date. - Mi potete aiutare a fare un esame di coscienza? Mi confesso una volta al mese ma non so mai cosa dire e finisco a ripetere sempre le stesse cose. Grazie. Francesco.
- Per fare una buona confessione occorre:
- Esaminare con sincerità la propria coscienza
- Essere pentito del male commesso e del bene non fatto
- Promettere fermamente a se stessi e a Dio di cambiare vita
- Accusare fedelmente i propri peccati al ministro di Dio
- Eseguire la penitenza assegnata come segno di buona volontà di riparazione
ESAME DI COSCIENZA
Per fare bene l'esame di coscienza confrontati con sincerità e calma con la PAROLA DI DIO.
Preghiera iniziale:
Spirito Santo, aiutami a confessare con sincerità e vero pentimento tutte le mie colpe.
I. I tuoi rapporti CON DIO
Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, dice Gesù (Mt 22,37).
- Senza la fede è impossibile essere graditi a Dio (Eb 11,6). Ho fede anche al momento della prova e della sofferenza? Ho sempre fiducia nella Divina Provvidenza?
- Non potete servire Dio e i soldi (Mt 6,24). Confido in Dio o nella ricchezza, nel potere, nella carriera?
- Nessuno eserciti la magia o consulti indovini (Dt 18,11). Sono superstizioso? Partecipo a sedute spiritiche? Frequento maghi o cartomanti? Perché?
- Cristo Gesù verrà a giudicare i vivi e i morti (2Tm 4,1). Credo sempre e veramente nella vita eterna?
- Pregate incessantemente (Ef 6,18). Prego almeno mattino e sera? Pregando non sprecate parole, dice Gesù (Mt 6,7). Prego bene o di corsa e distrattamente?
- Non pronunciare invano il nome del Signore (Es 20,7). Ho detto bestemmie?
- I primi cristiani erano assidui nell'ascoltare gli insegnamenti degli Apostoli, nella frazione del pane e nella preghiera (At 2,42). Ed io? Leggo la Bibbia, che è la Parola di Dio? Vado a Messa la domenica? Ricevo i Sacramenti? Partecipo alla vita parrocchiale?
- Chi si vergognerà di me io mi vergognerò di lui (Lc 9,26). Professo con coraggio e dovunque la fede cristiana? So prendere posizione con/per la Chiesa anche se questo potrebbe avere conseguenze dolorose?
2. I tuoi rapporti CON IL PROSSIMO
Amatevi come Io vi ho amati (Gv 13,34).
- Famiglia: Se uno non ha cura dei suoi e in primo luogo di quelli che vivono nella sua casa ha rinnegato la fede (1Tim 5,8). Rispetto ed aiuto i miei famigliari, genitori? Sono paziente e aperto al dialogo?
- Coniugi: Il marito ami la propria moglie come se stesso e la moglie sia rispettosa verso il marito (Ef 5,33). È così? Sono fedele con il cuore e con il corpo? So compatire i limiti e i difetti dell'altro?
- Genitori: Fate crescere i vostri figli nella disciplina del Signore (Ef 6,4). Educo e faccio educare nella fede cristiana i miei figli o nipoti? Uso metodi anticoncezionali? Perché?
- Figli: Obbedite ai vostri genitori (Ef 6,1). Rispetto i miei genitori? Li aiuto o voglio avere sempre ragione e sono egoista? Li aiuto nel bisogno?
- Datori di lavoro: Versa sangue chi rifiuta salario all'operaio (Sir 34,22). Ho defraudato i miei dipendenti? Ho preso le bustarelle?
- Operai: Chi non vuol lavorare neppure mangi (2Tes 3,19). Sul lavoro o nello studio sono stato pigro? Ho perso tempo alle cose inutili? Sono sleale e arrivista?
- Rispetto della vita: Non fate violenza, non opprimete il forestiero, l'orfano e la vedova, non spargete sangue innocente (Ger 22,23). Ho commesso o fatto commettere l'aborto? Ho avuto delle liti? Aiuto concretamente i poveri e i più deboli? Ho spacciato la droga?
- Sessualità: Fuggite l'immoralità (1Cor 6,18). Ho commesso atti impuri da solo o con altri? Beati i puri di cuore (Mt 5,8). Evito di vedere e leggere cose pornografiche? Sono stato motivo di scandalo?
- Perdono: Chi odia il proprio fratello è omicida (1Gv 3,15). Ho sentimenti di odio, rancore, gelosia? Ho sempre perdonato?
- Lealtà: Non mentitevi gli uni gli altri (Cor 13,9). Ho giurato il falso? Ho detto bugie? Ho parlato dietro le spalle? Ho mormorato e detto male degli altri?
- Pensieri: Non giudicate, non condannate (Lc 7,37). Io invece cosa ho fatto??
- Omissioni: Chi sa fare il bene e non lo compie commette peccato (Gc 4,17) Ed io compio il bene?
3. I tuoi rapporti CON LE COSE
Dov'è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore, dice Gesù (Lc 12,34)
- L'attaccamento al denaro è la radice di tutti i mali (1Tm 6,10). Sono troppo attaccato alle cose, ai soldi, ai vestiti, alle comodità? Penso anche agli altri?
- Non abbiamo portato nulla in questo mondo e non potremo portar via nulla (1Tim 6,7-8). Mi accontento di ciò che ho o sono avido e invidioso di chi sta meglio di me? Ho rubato? Ho pagato le tasse dovute? Ho creato liti per avere eredità, proprietà. ecc.?
- La fine di tutte le cose è vicina. Siate dunque moderati e sobri per dedicarvi alla preghiera (1Pt 4,7). Sono goloso? Spreco il tempo e le cose? Rispetto la natura? Uso con equilibrio l'auto, la televisione, la musica, ecc.? Faccio uso di droga? Abuso dell'alcol?
* * * *
Dopo l'esame di coscienza suscita in te un sincero PENTIMENTO per i peccati commessi. PROMETTI fermamente a te stesso e a Dio di cambiare vita e avvicinati al sacerdote per fare, nel segreto, LA CONFESSIONE delle tue colpe.
* * * *
ATTO DI DOLORE:
Mio Dio, mi pento e mi dolgo con tutto il cuore dei miei peccati, perché peccando ho meritato i tuoi castighi, e molto più perché ho offeso te, infinitamente buono e degno di essere amato sopra ogni cosa. Propongo col tuo santo aiuto di non offenderti mai più e di fuggire le occasioni prossime del peccato.
Signore, misericordia, perdonami. - Il nostro parroco negli avvisi della domenica scorsa ha scritto che il 21.11. si ricorda la giornata "pro orantibus". Che significa "pro orantibus"? E' in latino?
- Sì, pro orantibus significa "per coloro che rimangono in preghiera". Come risposta alla tua domanda ti allego un articolo di Don CARLO CASSATELLA, s.d.b. che attingo dalla Rivista "Temi di predicazione" n.88 (2005). Credo sia una buona risposta.
:)
----
21 NOVEMBRE - GIORNATA PRO ORANTIBUS
MEMORIA DELLA PRESENTAZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA
Alla memoria odierna, che ricorda un episodio della vita di Maria non riportato dai Vangeli canonici ma registrato dal Protovangelo di Giacomo, da qualche anno si associa la preghiera e il sostegno per coloro, soprattutto donne, che hanno abbracciato quel tipico stile di vita consacrata caratterizzato, oltre che dalla vita comune e dai voti di povertà, di castità e d'obbedienza anche dalla scelta volontaria di vivere all'interno di un monastero.
È la forma di vita religiosa più antica nella Chiesa, affonda le sue radici nell'esperienza dei Padri e delle Madri del deserto che, in modo particolare nella regione orientale della Tebaide, costituirono le prime forme di vita consacrata inizialmente eremitica e solitaria poi cenobitica. Essa riconosce in Antonio Abate il proprio patriarca e in Benedetto e Scolastica i fondatori in Occidente.
È indubbio che sia necessaria una particolarissima vocazione per una forma di vita alla quale si può giustamente applicare, in modo peculiare, ciò che San Paolo scrive ai cristiani di Colossi: «la vostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio» (Col 3,3). Tale forma di testimonianza dei valori del Regno ha occupato e continuerà ad occupare un posto d'onore nella Chiesa. In una esperienza vitale dedicata alla preghiera e al silenzio, all'adorazione e alla penitenza dall'interno del chiostro risplende in modo unico il compito affidato da Giovanni Paolo Il alla Chiesa che, attraversando la porta del Grande Giubileo, è chiamata a contemplare con rinnovato amore il volto di Gesù, Verbo del Padre. Non per nulla tale forma di vita religiosa viene chiamata «contem¬plativa» poiché contemplare, cioè fissare lo sguardo con ammirazione e trasporto, è ciò che in forma eminente caratterizza i discepoli del Signore che «per divina ispirazione» (San Francesco d'Assi si) scelgono questa strada. La via della contemplazione porta poi ad un'identificazione della persona claustrale con Cristo stesso: «Cristo è la nostra vita» (Santa Teresa).
Chi almeno per una volta ha superato la soglia di un monastero di clausura non ha potuto non fare l'esperienza della vicinanza del Signore attraverso le parole e ancor più i volti delle sorelle e dei fratelli che parlavano di lui come di un amico intimamente presente a loro stessi. È un'esperienza che meglio comprendono coloro che vivono un forte innamoramento: si vive per e con l'amato che risulta misteriosamente e quasi palpabilmente presente anche nell'evidente assenza.
Anche se sembrano ormai superati i tempi, ancora recenti, in cui la stimo verso la vita claustrale era assopita, è possibile che ci sia chi metta in dubbio la necessità di questa testimonianza silenziosa all'interno del mondo e della Chiesa.
In un mondo che sta perdendo il senso del divino, di fronte alla sopravvalutazione di ciò che è materiale, le religiose e i religiosi contemplativi, s'impegnano dalla clausura a essere testimoni dei valori intramontabili per i quali vale la pena spendere la vita, i contemplativi sono reali testimoni del Signore per il mondo d'oggi, infondono con la loro orazione un nuovo soffio di vita nella Chiesa e nell'uomo contemporaneo.
L'essere contemplativo non significa tagliare i ponti con il mondo, con l'apostolato. Il contemplativo, la contemplativa trovano il loro modo specifico di estendere il Regno di Dio, di collaborare nell'edificazione della città terrena, non solo con le preghiere e i sacrifici, ma con la testimonianza silenziosa, che può essere capita dagli uomini di buona volontà, con cui vengono in contatto. La vita claustrale: silenziosa e appartata, nella solitudine esteriore del chiostro, è fermento di rinnovamento e di presenza dello Spirito di Cristo nel mondo. La clausura, quindi, vissuta in piena fedeltà, non allontana dalla Chiesa né impe¬disce un apostolato efficace. Come non ricordare Teresa di Lisieux? Così vicina dalla sua clausura alle missioni e ai missionari del mondo.
Un'altra opportunità all'attuazione degli impegni indicati dalla Novo millennio ineunte può essere data da parte dalle comunità claustrali. Giovanni Paolo Il raccomandava di fare di ogni comunità una scuola di preghiera ed ecco che i monasteri sono comunità di orazione in mezzo alle comunità cristiane, alle quali possono dare aiuto, alimento e speranza. Soprattutto at¬traverso una preghiera esemplare nelle forme della liturgia in modo speciale quella delle Ore.
Infine i monasteri sono tradizionalmente centri di accoglienza cristiana per .quelle persone, soprattutto giovani, che spesso vanno cercando una vita semplice e trasparente, in contrasto con quella che viene loro offerta dalla società dei consumi. Non sempre si tratta di accogliere tra le mura, come accadeva per i romei di un tempo, ma sempre è possibile per chi si avvicina ad una comunità orante sperimentare la spiritualità di comunione.
Ecco allora bastanti motivi per celebrare la giornata pro orantibus. Lodare e ringraziare il Padre per questi testimoni privilegiati dell'Assoluto che, come sentinelle giorno e notte vegliano sul mondo in preghiera a conti¬nUare l'azione dell'unico grande Pontefice il Signore Nostro Gesù Cristo sposo amante della Chiesa sposa.
Don CARLO CASSATELLA, s.d.b. - Sto cercando la Preghiera per chiedere una grazia al nostro Papa. Sapete dove trovarla?
- Preghiera per implorare grazie
per intercessione del Servo di Dio
il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II
O Trinità Santa, ti ringraziamo per aver donato alla Chiesa il Papa Giovanni Paolo II e per aver fatto risplendere in lui la tenerezza della tua paternità, la gloria della Croce di Cristo e lo splendore dello Spirito d'amore. Egli, confidando totalmente nella tua infinita misericordia e nella materna intercessione di Maria, ci ha dato un'immagine viva di Gesù Buon Pastore e ci ha indicato la santità come misura alta della vita cristiana ordinaria quale strada per raggiungere la comunione eterna con te. Concedici, per sua intercessione, secondo la tua volontà, la grazia che imploriamo, nella speranza che egli sia presto annoverato nel numero dei tuoi santi.
Amen.
Con approvazione ecclesiastica
CAMILLO CARD. RUINI
Vicario Generale di Sua Santità
per la Diocesi di Roma
http://www.vicariatusurbis.org/Beatificazione/Preghiera.asp - Quando si spegne il cero pasquale?
- Il cero pasquale, segno della presenza di Cristo, accompagna ogni preghiera liturgica della Comunità Cristiana, per tutto il tempo pasquale, e cioé dalla Veglia Pasquale e fino alla Compieta di Pentecoste. Va collocato accanto all'ambone, dove si annuncia la Buona Novella del Vangelo, e durante le celebrazioni è sempre acceso.
Fuori il Tempo Pasquale, invece, il cero non stia nel presbiterio né sia acceso, salvo restando le rubriche che lo espressamente prevedono (ad esempio la messa funebre). - Potreste dirmi qual è l'esatto elenco delle feste cattoliche di precetto?
- Giorni festivi di cui parlano i canoni a partire dal 1246, sono i giorni festivi di precetto, in cui si è tenuto ad osservare quanto è prescritto nel can. 1247, non i giorni denominati liturgicamente "feste", secondo la triplice distinzione in "solennità", "feste" e "memorie" (Intr.cal.roman.)
Il primo e fondamentale giorno di precetto e la Domenica, il giorno del Signore. La Domenica ha tutta la sua dignità e la sua importanza, è il primordiale giorno festivo di precetto", da osservarsi in tutta la Chiesa, poiché in esso si celebra, fin dai tempi apostolici, il Mistero Pasquale della Passione, Morte, Risurrezione e Gloria del Signore. La Domenica "è fondamento e il nucleo centrale di tutto l'anno liturgico". È questo senso pasquale che deve contrassegnare la celebrazione della domenica da parte del cristiano, che, in quel giorno, non adempie la semplice obbligazione naturale di rendere a Dio il culto dovuto, ma onora Dio con Cristo e attraverso Cristo.
Sono inoltre giorni festivi a tutti gli effetti dieci particolari solennità, le più importanti e significative dell'anno liturgico
- La Natività di N.S. Gesù Cristo: 25.12.
- L'Epifania del Signore: 6.01.
- L'Ascensione: giovedì successivo alla VI domenica di Pasqua
- Il SS.mo Corpo e Sangue di Cristo: giovedì dopo la SS.ma Trinità
- La Santa Madre di Dio Maria (una volta chiamata festa di Circoncisione del Signore)
- L'Immacolata Concezione: 8.12
- L'Assunzione di Maria: 15.08
- S.Giuseppe: 19.03
- SS. Apostoli Pietro e Paolo: 29.06
- Tutti i Santi: 1.11
Queste solennità sono feste di precetto in tutta la Chiesa per diritto comune. Ma la Conferenza Episcopale Italiana, tenendo conto delle esigenze e necessità del nostro paese ha stabilito che:
- Sono trasferite alla domenica seguente: L'Ascensione domenica VII di Pasqua; La solennità del Corpo e del Sangue di Cristo: domenica dopo la SS.ma Trinità
- Restano al giorno fisso ma senza obbligo del precetto festivo: S.Giuseppe, Santi Apostoli Pietro e Paolo (fuorché quest'ultima rimane precetto per la diocesi di Roma).
Nei giorni di precetto ogni fedele ha il dolce obbligo di partecipazione alla S.Messa e astenersi dal lavoro. - E' obbligatorio per il sacerdote, al momento della lettura del Vangelo, farsi il segno della croce sulla fronte, sulle labbra e sul petto? Se lo è, può un sacerdote segnarsi solo sulle labbra e sul petto?
- Segnarsi sulla fronte con il segno della piccola croce è un gesto antichissimo, più antico di quello che usiamo oggi. Inizialmente, i cristiani delle prime comunità, nelle difficoltà o pericoli, si segnavano proprio facendo una piccola croce sulla fronte (propria o di altri). Poi il gesto è diventato più grande, quello della croce che conosciamo noi, oggi. Per il Vangelo invece si segnava con tre croci: sulla fronte (perché il Signore apra la mente), sulle labbra (dia la forza di proclamare la Parola di Dio/testimoniarla) e sul cuore (perché la possa sempre amare e fare sua).
Il messale dice: «All'ambone il sacerdote/diacono (...) traccia con il pollice il segno di croce sul libro e sulla propria persona, in fronte, sulla bocca e sul petto, lo stesso fanno tutti i presenti». PNMR3 n.134.
Come vede il gesto non sembra essere facoltativo. - Vorrei sapere perché la Santa Pasqua cambia data ogni anno solare?
- La pasqua cristiana è legata alla pasqua del popolo d'Israele che commemora la liberazione dal paese d'Egitto (Esodo 12), e la pasqua ebraica (Pesah). La tradizione ebraica, che considera importante la santificazione del tempo, ha un calendario solare-lunare e le feste ebraiche hanno antichissime origini proprio legate alle tradizioni agricole-pastorizie che hanno fondato la loro cultura. Nel calendario ebraico l'anno civile è quindi separato da quello religioso e per questo motivo anche per noi alcune feste religiose sono cosiddette "mobili", cioè cambiano di anno in anno ed altre sono invece "fisse", come il Natale. Queste due feste sono, in qualche modo legate ai due equinozi del ciclo solare. L'equinozio è il giorno nel quale il giorno e la notte sono entrambi di 12 ore e ciò capita una volta all'inizio della primavera ed un altro all'inizio dell'autunno. Per tornare alla Pasqua, il cui significato teologico è più complesso del Natale consideriamo l'anno ebraico. L'anno religioso inizia nel mese di Nissan, nel quale cade l'equinozio di primavera. Il calendario ebraico fa coincidere il plenilunio successivo all'equinozio al 14 Nissan, indipendentemente dal giorno della settimana. La base del calcolo della Pasqua cristiana rispetta quindi questa regola; la pasqua ebraica si celebra la notte tra il 14 ed il 15 del mese di Nissan (considera che per gli ebrei il giorno inizia il tramonto della sera prima). Subito, però vi è stata l'esigenza, leggendo anche le apparizioni di Gesù Risorto, di spostare la Pasqua cristiana al "giorno del Signore" cioè il giorno successivo al sabato: la domenica. Il concilio di Nicea, nel 325, ha stabilito infatti che la Pasqua cade la domenica successiva al primo plenilunio dopo l'equinozio di primavera. Alcune Chiese cristiane della Palestina seguono invece nel celebrare la Pasqua il giorno di 14 nissan (giorno, però, della morte di Gesù). L'astronomo Metone, del V secolo, stabilì poi una regola per determinare, su un ciclo di 19 anni, il giorno in cui cade il plenilunio. La riforma gregoriana ha ulteriormente precisato l'anno solare (nel 1582); il metodo odierno tiene conto di queste ulteriori precisazioni per far corrispondere l'anno civile a quello solare. Alcune chiese orientali continuano ad usare il metodo del Concilio di Nicea, secondo il calendario giuliano e non quello gregoriano; per questo motivo la festa più importante della cristianità è in realtà celebrata in date diverse! È un problema attuale che si sta cercando di risolvere nel rispetto delle singole tradizioni e soprattutto nel considerare in modo giusto ed equo la nostra origine nell'ebraismo dove Gesù si è inserito con una specificità che non può essere completamente assorbita dalla cultura ebraica. Puoi trovare alcuni siti che ti spiegano anche nel dettaglio come calcolare la pasqua; es:
http://xoomer.virgilio.it/esongi/comedatapasqua.htm
http://web.tiscali.it/gabrieletalevi/data_pasqua.htm
Don Angelo - Come si celebrano le memorie dei santi durante il tempo di Quaresima?
- Le ferie del tempo di Quaresima e cioè i giorni dal Mercoledì delle Ceneri e fino al sabato prima della domenica delle Palme, prevalgono sulle memorie dei santi, che perciò si possono celebrare solo in forma ridotta, secondo le norme liturgiche particolari.
Infatti le rubriche insegnano:
- Nell'Ufficio delle letture, dopo la seconda lettura, quella dei Padri, dal Proprio della Quaresima con il suo responsorio, si può aggiungere come terza la lettura agiografica dalla memoria del Santo con il suo responsorio e l'orazione del Santo
- Alle lodi mattutine e ai Vespri, tutto si prenda dal tempo quaresimale.
- Anche nella messa si prenda tutto dal tempo di Quaresima. Ma se si tratta del santo segnato nel calendario generale, si può prendere la colletta del Santo. Le altre orazioni invece (sulle offerte e dopo la comunione) si prendano dal formulario del giorno di Quaresima, come anche le letture. (IH, 237-239, IM, 355). - Si sta per avvicinare la Quaresima, il che significa mangiare di magro il Mercoledì delle Ceneri e tutti i Venerdì fino a Pasqua. Bene, quello che vorrei sapere, è come mai c'è l'usanza di non mangiare la carne? E poi, il pesce come viene considerato dalla Chiesa?
- Il digiuno è una pratica ascetica di origine antichissima. In ogni religione l'uomo sente che un corretto rapporto con se stessi ed il mondo siano la base per poter avere una vera e genuina esperienza di Dio. Lo stesso Gesù, nel discorso della montagna inserisce il digiuno nelle buone opere (Mt 6) con la preghiera e la carità. Con il digiuno si impara a regolare il nostro corpo, rispetto alle sue vere e reali esigenze; con la carità, intesa come pratica ascetica, siamo invitati ad un miglior rapporto con gli altri e con la preghiera instauriamo il rapporto con Dio. La preghiera, il digiuno e la carità, quindi, sono le opere che caratterizzano i tempi "penitenziali", come è appunto la Quaresima: i 40 giorni che anticipano la Pasqua. La Quaresima è stato sempre tempo di preparazione e di penitenza. Preparazione, soprattutto per i primi secoli della cristianità, per i catecumeni che ricevevano il battesimo il giorno della Pasqua; ma per tutti i cristiani è sempre preparazione e penitenza per vivere questo periodo come reale opportunità di conversione. Il digiuno è allora un "dono" che Dio offre agli uomini, soprattutto nel tempo di grazia della Quaresima, a ricordo dei 40 anni dell'Esodo del popolo liberato dall'Egitto. Adamo, nel giardino aveva avuto la proibizione di mangiare dall'albero e "mangiandone" ha ceduto alla tentazione ed il Nuovo Adamo, Gesù, digiunando nel deserto per 40 giorni ha vinto la tentazione del diavolo. Il digiuno ha quindi anche un alto valore religioso e cristologico. Dal libro della Genesi leggiamo che Dio ha concesso di cibarsi delle carni non nell'Eden ma a Noè ed ai suoi figli con l'alleanza stipulata dopo il diluvio (Gen 9,1-3).
È legge divina, e non soltanto disposizione della Chiesa, che i cristiani praticano la penitenza nei tempi stabiliti (can. 1249 del Codice di diritto canonico). Praticare penitenza significa osservare il digiuno, incrementare le preghiere e la carità, ognuno come può e secondo il suo stato.
La chiesa italiana, fin dal 1966 stabilisce i periodi di digiuno e di astinenza:
· Il digiuno e l'astinenza, nel senso sopra precisato, devono essere osservati il Mercoledì delle Ceneri (o il primo Venerdì di Quaresima per il rito ambrosiano) e il Venerdì della Passione e Morte del Signore Nostro Gesù Cristo (sono consigliati il Sabato Santo fino alla Veglia Pasquale);
· L' astinenza deve essere osservata in tutti e singoli i venerdì di Quaresima, a meno che coincidano con un giorno annoverato tra le solennità (come il 19 o il 25 marzo). In tutti gli altri venerdì dell' anno, a meno che coincidano con un giorno annoverato tra le solennità, si deve osservare l' astinenza nel senso detto oppure compiere qualche altra opera di penitenza, di preghiera, di carità.
Nel contempo ha stabilito come praticarli:
· la Legge del digiuno "obbliga a fare un unico pasto durante la giornata, ma non proibisce di prendere un po' di cibo al mattino e alla sera, attenendosi, per la quantità e la qualità, alle consuetudini locali approvate".
· La legge dell'astinenza proibisce l'uso delle carni, come pure dei cibi e delle bevande che, a un prudente giudizio, sono da considerarsi come particolarmente ricercati e costosi.
· Alla legge del digiuno sono tenuti tutti i maggiorenni fino al 60° anno iniziato; alla legge dell'astinenza coloro che hanno compiuto il 14° anno di età.
· Dall'osservanza dell'obbligo della legge del digiuno e dell'astinenza può scusare una ragione giusta, come ad esempio la salute. Inoltre, "il parroco, per una giusta causa e conferme alle disposizioni del Vescovo diocesano, può concedere la dispensa dall'obbligo di osservare il giorno (...) di penitenza, oppure commutarlo in altre opere pie; lo stesso può anche il Superiore di un istituto religioso o di una società di vita apostolica, relativamente ai membri e agli altri che vivono nella loro casa".
In parole povere, il pesce può essere mangiato anche nei giorni di astinenza ma non deve essere particolarmente ricercato o costoso. Nei giorni di digiuno e penitenza, il mercoledì delle ceneri ed il venerdì santo, bisogna limitarsi a mangiare quanto un pasto. Il digiuno e l'astinenza sono - comunque sospesi nelle solennità e quindi anche per devozione personale sono da evitarsi nella domenica, solennità del Signore. Abbiamo visto le disposizioni della chiesa che siamo tenuti ad osservare, in senso minimale. Vorrei fare un esempio: la Chiesa ci chiede di osservare il precetto pasquale, chi però aspetta la sola Pasqua per comunicarsi al Signore? Allora, sarà sufficiente, per una buona vita cristiana, limitarsi a queste sole disposizioni o possiamo interpellare sia il nostro cuore che il confessore per farci suggerire altro? - Chi sono gli accoliti?
- L'accolito è istituito per aiutare il diacono e per fare da ministro al sacerdote. E dunque suo compito curare il servizio dell'altare, aiutare il diacono e il sacerdote nelle azione liturgiche, specialmente nella celebrazione della santa Messa; inoltre, distribuire, come ministro straordinario, la santa Comunione tutte le volte e solo quando non vi sono i ministri di cui al can. 845 del Codice di Diritto Canonico (ministri ordinari dell'eucaristia: sacerdote o diacono) o non possono farlo per malattia, per l'età avanzata o perché impediti da altro ministero pastorale, oppure tutte le volte che il numero dei fedeli quali si accostano alla sacra mensa, è tanto elevato che la celebrazione della santa Messa si protrarrebbe troppo a lungo. Nelle medesime circostanze straordinarie potrà essere incaricato di esporre pubblicamente all'adorazione dei fedeli il sacramento della Santissima Eucaristia e poi di riporlo ma non di benedire il popolo. Potrà anche, in quanto sia necessario, curare l'istruzione degli altri fedeli (ministranti straordinari) che per incarico temporaneo aiutano il diacono e il sacerdote nelle azioni liturgiche portando il messale la croce, i ceri ecc. o compiendo altri simili uffici. Egli eserciterà tanto più degnamente questi compiti se parteciperà alla Santissima Eucaristia con una pietà sempre più ardente, si nutrirà di essa e ne acquisterà una sempre più profonda conoscenza.
L'accolito, destinato in modo speciale al servizio dell'altare, apprenda tutte quelle nozione che riguardano il culto pubblicò divino e si sforzi di comprenderne l'intimo e spirituale significato: in tal modo potrà offrirsi, ogni giorno, completamente a Dio; essere, nel tempio, di esempio a tutti per il suo comportamento serio e rispettoso, ed avere, inoltre, un sincero amore per il corpo mistico di Cristo, cioè il popolo di Dio e specialmente per i deboli e i malati. - Navigando nel Vostro sito, tra l'altro molto curato e di cui vi faccio i complimenti, ho letto una domanda nelle FAQ sulla purificazione del sacerdote all'offertorio; parla di abuso nel caso questo venga omesso; sarebbe utile precisare che nelle Messe celebrate secondo la liturgia Ambrosiana questo rito non è previsto: non vorrei infatti che si generassero paure e dubbi tra i fedeli di rito Ambrosiano che dovessero accedere al vostro sito. cordialemente, Luigi
- Grazie per la segnalazione. Il nostro sito non contempla la liturgia ambrosiana ma esclusivamente quella latina - romana e mi pare nelle faq questo è ben espresso. Non è possibile in una breve risposta includere tutte le famiglie religiose che celebrano in diversi modi. Noi, sia per il calendario, sia per le letture, sia anche per i riti ci occupiamo solo e soltanto della liturgia romana. Da molto aspettiamo un sito sul rito ambrosiano, interessantissimo per la sua spiritualità, originalità, per le sue divergenze. Speriamo nasca qualche volontario che con amore possa fare qualche lavoro interessante... Ci sono molti studi... peccato che esista così poco su INTERNET. Comunque segnalo un sito interessante: http://www.unipiams.org ed anche http://www.cattoliciromani.net/index.php?showtopic=196
P.S.
Abbiamo ricevuto molte segnalazioni di diversi siti sulla Liturgia Ambrosiana. Due ne abbiamo citato qui sopra. Quel che ci chiedevano i nostri lettori però riguardava non tanto il sito descrittivo stotico quanto il sito di pastorale ambrosiana, un calendario come questo nostro. E' di questo che pensavamo scrivendo il nostro auspicio... ;) - Tante volte avevo sentito che tutti siamo fratelli. A parole si fa presto a dirlo, ma la cosa mi ha incuriosito. È vero che Cristo è nostro fratello. Ma in che modo siamo fratelli noi, tra noi? Che poi in chiesa lo siamo pure, ma appena usciti fuori non ci si conosce più nessuno.
- Nel canto "Mistero della fede" che tutti conosciamo l'autore ha inserito una frase che esprime bene il concetto. Il pane che mangiamo "fratelli ci farà". E quanto la partecipazione liturgica realizza in noi convocati in assemblea: un feeling, una certezza di fratellanza, di unione fraterna, non nata da carne e da sangue, ma parimenti reale, spirituale e sacramentale, basata sull'unità del Cristo totale, risultante di Capo e corpo, composto di molte membra. Qui recuperiamo la realtà dell'appartenenza, come membra vitali, ad un solo corpo, il corpo mistico di Cristo. Qui, mentre inneggiamo all'unisono, ascoltiamo l'unica Parola di Dio e ci nutriamo alla stessa mensa eucaristica, scopriamo, come in uno specchio, il mistero che ci avvolge come assemblea liturgica, senza che ci accorgiamo. Tutti noi muniti del sacerdozio di Cristo, pur nella varietà dei ruoli, offriamo insieme la vittima immacolata a Dio Padre nello Spirito e con lei offriamo noi stessi in sacrificio di espiazione e di lode, accetto a Dio perché nostro capo, il Verbo incarnato.
È qui che si attua l'"oggi" della Scrittura. Il Vangelo, pur scritto 2000 anni or sono, diviene storia e fede contemporaneamente. Scende dall'orecchio al cuore e riscalda i nostri rapporti divini e umani. Come i Vangeli non ci hanno trasmesso solo storia, ma anche la fede della primitiva comunità, che lo ha abbracciato con entusiasmo, gratitudine e fervore missionario, così ora, mentre pensiamo e adoriamo con un cuor solo ed un'anima sola, il Vangelo penetra in noi e come attraverso un filtro esce non da solo, ma con qualcosa di nostro, la nostra risposta di fede, che recupera entusiasmo e fervore, pronta a misurarsi con le prove della vita.
È come un quinto vangelo che noi scriviamo insieme, un vangelo di storia e di fede, di divino e di umano, di passato e di presente, di antico e di attuale. Qui attingiamo la forza e la franchezza per divenire "ministri della Parola", specie quando questa, anche in qualche membro delle nostre famiglie, è rifiutata o ignorata. Qui diventiamo missionari e testimoni, capaci di insegnare ciò che abbiamo imparato nel giorno del Signore alla scuola di Cristo, per perdonare le offese e dimenticare, per vivere in pace e armonia con tutti, per apprestare aiuto, in quanto possibile, senza far distinzione tra persone gradite o meno.
L'assemblea liturgica è opportunamente paragonata al grembo materno: entro questa comunità orante, infatti, si rinasce a vita autenticamente cristiana, si cresce e ci si nutre, per uscire trasformati e galvanizzati. Nell'uscire, si scioglie l'assemblea e si ritorna alla individualità, ma non cambia lo spirito, perdura la fede, una fede irrobustita, che insieme evangelizza e si curva come buon samaritano sulle ferite e sofferenze umane. - Riguardo all' utilizzo del vino per la celebrazione eucaristica, il sacerdote deve usare solo vin santo o può usare altri vini?
- Come t'avevo scritto nella precedente, a proposito del pane per l'eucaristia, le stesse regole si applicano al vino. Come il pane deve essere puro cosi' anche il vino. Non tanto vin santo o di marca quanto puro vino d'uva senza nessun'altra sostanza, pena invalidità della consacrazione...
Pertanto il produttore, appositamente istruito, deve preoccuparsi perché il vino per le messe sia purissimo. E' questo, e solo questo, da prendere in considerazione.
Per essere sicuri che è cosi il vino per le messe viene venduto con l'apposita scritta "Vino per le messe" anche dalle cantine sociali che però si preoccupano, sotto la vigilanza del vescovo del luogo e con il suo riconoscimento, di produrre vino adatto per la celebrazione eucaristica.
Anche i nostri monaci producono il vino per le messe: "il Benedettino" che in pieno risponde alle qualità richieste per la celebrazione eucaristica. Viene distribuito in tutta l'Italia tramite il nostro monastero di santo Stefano Protomartire di Roma. Un po' di pubblicità? Eccola: 06/6793860. :)) - Mi è capitato di seguire la Santa Messa sul canale "Telepace" ed ho notato
che il sacerdote celebrante al momento dell'offertorio non ha fatto le
abluzioni e che, al momento della Comunione non si è recato a distribuirla,
ma ha lasciato la patena sull'altare in modo che quei pochi fedeli presenti
si autocomunicassero (in pratica i fedeli si sono avvicinati all'altare
ed hanno preso l'ostia dalla patena, mentre il sacerdote era seduto); è
lecito tutto ciò?? - Non è lecito lasciarsi comunicare dai fedeli. La comunione va ricevuta e non presa. Nelle chiese orientali anche i sacerdoti concelebranti ricevono la comunione da parte del vescovo, mai la prendono da soli. Se un sacerdote lo fa fare compie un abuso ma manifesta anche poca conoscenza della propria spiritualità, non capisce perché dovrebbe essere lui a darla. E' il Padre che spezza il pane e lo distribuisce ai figli... Non solo a proposito dell'eucaristia ma anche dell'altare della Parola.
Anche il "lavabo" va fatto, secondo le prescrizioni del messale. Ed anche qui il sacerdote che non lo fa svela la trascuratezza delle cose divine. Non lo fa perché non si è mai preoccupato di approfondire il motivo di quella rubrica...
Gli abusi sono ancora più gravi perché trasmessi in TV. Ecco il ruolo dei responsabili delle televisioni cattoliche. Curare perché ogni cosa sia ad edificazione del popolo di Dio. - Ho partecipato ad una celebrazione eucaristica ed al momento della Comunione ho ricevuto un' ostia di colore marrone, dal sapore integrale. Fermo restando che il Signore Gesù è sempre lo stesso anche se in un' ostia di altro tipo, vorrei avere chiarimenti sugli eventuali tipi di ostia.
- La sua domanda viene spiegata dal can. 924 che stabilisce la materia del sacrificio eucaristico. Nel nostro caso il sacramento deve essere celebrato con il pane che è vero pane. Il §2 dello stesso canone fornisce le qualità della prima materia. Infatti dice: «Il pane deve essere solo di frumento». Significa che per la validità del Sacrificio deve essere di puro frumento, impastato e cotto al fuoco. Risulta materia invalida il pane di altre specie di cereali, come il miglio, l'avena, l'orzo, ed altri ancora. Gesù si è paragonato al chicco di grano. Inoltre solo pane triticeo, non possono essere aggiunti ingredienti estranei alla farina di frumento e all'acqua.
Il canone 926 invece stabilisce che per la celebrazione eucaristica, secondo l'antica tradizione della chiesa latina, il sacerdote usi pane azzimo, ovunque egli celebri. Il canone dichiara che la chiesa latina usa, per tradizione, naturalmente non per la validità del Sacrificio ma per la liceità, pane azzimo, perché Gesù ha usato pane azzimo, avendo istituito l'Eucaristia nel giorno in cui nelle case non doveva esserci nulla di fermentato, secondo la prescrizione mosaica. Il pane azzimo, poi, mentre è particolarmente addotto a significare il corpo di Cristo nel quale non fu mai presente il benché minimo fermento di peccato, esprime bene la purezza d'animo con cui i fedeli devono accostarsi a questo sacramento. - Che cosa celebra realmente la comunità durante l'Avvento?
- Il periodo d'Avvento, conosciuto soltanto in Occidente e ricalcato sul modello del periodo di preparazione alla Pasqua, ha due origini che si lasciano ancora oggi chiaramente riconoscere nei testi della messa: una romana ed una gallicana. A partire dal sec. V a Roma viene dato rilievo all'incarnazione di Dio con una preparazione al Natale della durata da una fino a tre settimane. Questo significa contemporaneamente una caratterizzazione mariana, l'accentuazione del significato della Madre del Signore nell'ambito della storia salvifica di Dio con il suo popolo (vedi l'8 dicembre, la concezione immacolata Maria). In Gallia la liturgia, a partire dal sec. VI, si sviluppa sotto l'influsso del monachesimo gallo-irlandese in maniera leggermente diversa rispetto a Roma. La preparazione, lunga sei settimane, inizia la domenica di s. Martino (11 novembre) con una caratterizzazione escatologica e con l'accento posto sul giudizio universale e, quindi, sulla fine dei tempi. Nel Medioevo i due aspetti si compenetrano. Soltanto nel 1570, a questo riguardo, la tradizione romana delle quattro domeniche d'Avvento s'impone in tutto l'Occidente. Così la Chiesa celebra oggi una duplice venuta del Signore: la sua venuta tra gli uomini e la sua venuta alla fine dei tempi.
Secondo il nuovo ordinamento si possono distinguere nell'Avvento, senza forzature, due periodi, i quali hanno entrambi il loro proprio significato, ben espresso nel Messale italiano dalla duplice serie dei prefazi 1 e I/A, Il e II/A. I prefazi I e I/A sono da usarsi dalla prima domenica d'Avvento fino al 16 dicembre e mettono in rilievo il carattere escatologico di questo tempo: «Verrà di nuovo nello splendore della gloria, e ci chiamerà a possedere il regno promesso che ora osiamo sperare vigilanti nell'attesa» (Prefazio I). Altri temi sono il compimento delle promesse realizzato da Cristo al suo primo avvento (Prefazio I), il tema del giudizio finale che non si sa quando verrà e il manifestarsi della piena signoria di Cristo come «giudice e signore della storia» (Prefazio I/A), il tema della nuova creazione e della testimonianza cristiana nel tempo come attestazione della «beata speranza del suo regno» (Prefazio I/A).
La seconda serie di prefazi sottolinea invece l'immediata preparazione al Natale e sollecita a prendere come modelli i profeti, la vergine Madre che «l'attese e lo portò in grembo con ineffabile amore». Giovanni Battista che «lo indicò presente nel mondo» (Prefazio II). Il Messale italiano inoltre vuole sottolineare una particolare presenza della Vergine nella liturgia dei giorni immediatamente precedenti il Natale (dal 17 al 24 dicembre) dedicando a Maria, nuova Eva, un intero prefazio, il prefazio II/A, che dà così una coloritura mariana alla novena di Natale.
D'altra parte la quarta domenica d'Avvento, con le sue letture, ha pienamente il carattere d'una domenica dedicata ai padri veterotestamentari ed alla Madre di Dio, i quali hanno atteso la nascita del Signore.
Contrariamente a prima, l'Avvento non vale più come un periodo puramente penitenziale, quanto piuttosto come un periodo di gioiosa attesa. Se nelle domeniche non viene intonato il Gloria, ciò succede per una ragione differente rispetto al periodo penitenziale pasquale: il canto degli angeli sopra l'accampamento dei pastori «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama» (Lc 2,14) deve risuonare a Natale ancora una volta come un nuovo messaggio.
Le messe 'Rorate', un tempo generalmente molto frequentate, originariamente messe votive in onore della madre di Dio nei sabati del tempo d'Avvento, possono essere celebrate anche oggi fino al 16 dicembre. Per i giorni successivi c'è ancora una particolarità: le antifone 'O' dal libro delle Ore, le quali sono intonate come versi alleluiatici prima del vangelo. Esse rappresentano una particolare ricchezza della liturgia. In questi testi vengono collegate, di volta in volta, un'invocazione glorificativa del Messia atteso ed una preghiera di supplica per la sua venuta salvifica. Questa poesia produce per mezzo della composizione di parole della Scrittura sempre nuove figure, impregnate dello spirito della parola di Dio, le quali bene esprimono il senso dell'Avvento, come: «O germoglio della radice di lesse che t'innalzi come segno per i popoli, vieni a liberarci, non tardare».
Per l'Avvento, come per l'intero anno liturgico, vale tuttavia il fatto che la comunità celebra la sua redenzione, anche se da punti di vista di volta in volta differenti. - Nella nostra Comunità, tutti i giorni facciamo l'esposizione del SS.mo Sacramento con i Vespri. Dal punto di vista liturgico è giusto?
- Bisognerebbe distinguere le due cose: l'adorazione del Santissimo Sacramento e la Liturgia delle Ore: Ci sono varie possibilità di adorazione. Si distingue principalmente tra adorazione breve e adorazione prolungata (significa un pò più lunga, per esempio almeno un'ora). Secondo il nuovo rituale "De sacra communione et cultu mysteri eucharistici extra Missam", [1973] quella breve ha un rito (lettura, canti, litania, silenzio, orazione), quella prolungata può essere o in silenzio o anche con lettura canti, ecc., soprattutto se si tratta di un'adorazione in una comunità religiosa.
Nel 1968 fu fatta la domanda se era lecito di cantare i Vespri durante l'esposizione del Santissimo Sacramento. La risposta ufficiale (Enchiridion Documentorum Instaurationis Liturgicae I, Marietti, p. 349) era: <<Non è bene iniziare i Vespri con l'esposizione e concluderli con la benedizione eucaristica, ma si possono cantare i Vespri durante un'adorazione prolungata, meglio però è separare le due celebrazioni>>.
E nel nuovo rito del 1973, n. 96 si ripete più chiaramente: <<Di fronte al Santissimo Sacramento esposto per un tempo prolungato si può pregare qualsiasi parte della Liturgia delle Ore, soprattutto le parti grandi (cioè Lodi e Vespri)>>. Pertanto questa disposizione esclude la celebrazione della Liturgia delle Ore con apposita esposizione dell'Eucaristia senza la debita Adorazione Eucaristica, come indicato dal Rituale. - Io recito tutti i giorni le Lodi e la Compieta. E' troppo poco??
- San Benedetto chiede ai monaci di essere assidui nella preghiera, di
pregare i salmi con la Chiesa. Lo schema romano rinnovato prevede la
recita dei 150 salmi in quattro settimane. San Benedetto invece, dice ai
monaci di recitarli tutti in una settimana.
Chiedi se le Lodi e la Compieta sono pochi?? In questa tua affermazione
sento il crescere della fame della preghiera...
:)
Se puoi, fai anche il Vespro. Le Lodi e il Vespro sono come due colonne
della preghiera delle Ore della Chiesa. Poi... Ti verrà la sete di
altre... :)) - La Liturgia delle Ore monastica ha tre notturni. Perché?
- Una delle preghiere più nobili della Chiesa è proprio la Liturgia delle Ore. Non per niente il Concilio Vaticano II ha insistito sulla riforma del Breviario e sull'importanza di questa preghiera per tutti i fedeli e non solo di sacerdoti e suore.
La Liturgia delle Ore di tradizione monastica ha conservato lo schema antico quando i monaci si svegliavano "alla Prima" di notte fonda, per recitare il Breviario. (San Benedetto sottolinea che, dopo aver finito, non debbano più coricarsi, ma rimanere alla lettura dei libri sacri).
Anche oggi ci sono monasteri che si alzano di notte per la recita delle Ore notturne (ecco i notturni). Per noi i notturni fanno parte dell'Ora dell'ascolto. Dopo il primo notturno si legge la lettura biblica, dopo il secondo la lettura agiografica o dei padri o documenti della chiesa.
Il terzo notturno è solo nelle feste e solennità. Viene seguito dalla Lettura del Vangelo della festa alla quale segue una terza lettura, un commento del brano evangelico scelto.
Anche lo schema romano ha conservato queste parti ma in forma ridotta e non sempre obbligatoria. Ad es. il notturno è diventato uno solo... al quale però seguono sempre due letture... Anche il terzo notturno qualche volta viene pregato... con il nome di Veglie notturne. Queste veglie (il testo si trova in fondo ad ogni volume del breviario romano) hanno i loro cantici biblici (invece dei salmi) e il Vangelo della festa alla quale ci si prepara. Sono vivamente consigliati ma non obbligatori. E' bello però pensare la Chiesa che attende di notte la luce dell'Aurora, e con essa lodare il Cristo che Risorge da morte.
Nello schema romano rinnovato della Liturgia delle Ore, l'Ora delle Letture è stata pensata in modo affinché potesse essere celebrata in ogni momento della giornata, sia di mattino sia di pomeriggio, ma nulla vieta che sia celebrata dopo il vespro con le letture del giorno seguente. In questo modo ci si prepara già alla Lode di Dio del Nuovo
giorno che è Cristo Signore. Nello schema monastico, invece, gli inni e le antifone suggeriscono la celebrazione notturna o mattutina dell'Ora dell'ascolto e andrebbero recitati prima delle Lodi. Per le letture dell'Ora dell'ascolto il mondo monastico ha un altro libro, uno a parte,
contenente soltanto le letture (la I, la II e il Vangelo con la III lettura del commento, tutto diviso in 3 anni festivi e due anni feriali). E' un bel volumone... - Come mai inviate la liturgia del Venerdì di Quaresima? Nella nostra parrocchia non si celebra la Santa Messa nei Venerdì di Quaresima... perché?
- I venerdì della quaresima sono stati sempre giorni diversi. A parte il digiuno totale, più o meno osservato, ma sempre caldamente raccomandato, si facevano delle riunioni della comunità con le preghiere speciali, con le catechesi, e venivano in tanti. Ancora oggi, le Chiese sorelle dei riti orientali, oltre la carne, non mangiano né pesce, né latticini ma solo pane, verdure e acqua. Suona strano ma, avendo contatti quotidiani con alcuni giovani provenienti dall'India, Ucraina, Bielorussia, Gerusalemme, loro mi confermano che la prassi tra la gente è ancora molto forte. Quel digiuno è entrato anche in Liturgia, per cui, non solo non si mangiava ma non si poteva nemmeno celebrare l'eucaristia. E ciò non soltanto per il fatto di mangiare il pane e bere il vino (e in quelle zone la comunione eucaristica è più consistente della nostra) ma per il ricordo e il rispetto della morte di Cristo, allora giorno di penitenza e di silenzio, dove "tutto il mondo tace". Nella liturgia romana l'uso del venerdì a-liturgico si è perso. È rimasto solamente nel Venerdì e Sabato della settimana santa. Tutte le altre tradizioni liturgiche (riti liturgici) inclusa quella ambrosiana di Milano, conservano ancora oggi quella antica tradizione. Alcune chiese orientali, non potendo consacrare le specie eucaristiche, hanno introdotto la celebrazione dei pre-santificati. Durante questa celebrazione (è un vespro solenne) si distribuisce il pane consacrato e conservato dall'ultima eucaristia. Ho sentito che alcuni parroci e comunità monastiche di diverse famiglie (camaldolesi ed es.) hanno re-introdotto l'osservanza del venerdì a-liturgico nella liturgia romana. Ma forse sei dalla zona di Milano e di rito ambrosiano?
- Lo scorso 31 dicembre, domenica S.Famiglia, la sera c'era la vespertina del 1 gennaio: se è stata comunque celebrata quella della S.Famiglia, valeva comunque per la soddisfazione del precetto?
- La tua domanda è un po' complicata. Vediamo se riusciamo a capirci qualcosa. Il problema delle messe impropriamente dette prefestive ha suscitato un po' di timore negli anni precedenti. Oggi la cosa è più serena. Tutto proviene dalla concezione ebraica della giornata in cui la festa (ma il giorno stesso) inizia la sera precedente e non come da noi alle 24. L'uso, come tanti altri, è entrato anche nelle nostre liturgie. Infatti, nell'antichità si vegliava tutta la notte fino al mattino, pregando e celebrando, attendendo la festa. Oggi le solennità, alcune feste e le domeniche, iniziano con i primi vespri, cioè proprio la sera del giorno che precede la festa. Si è detto allora: siccome quel vespro apre la giornata la messa che si celebra dopo di esso deve essere quella festiva. E' dunque valida per soddisfare il cosiddetto precetto. Il calendario liturgico ordina la precedenza delle solennità alle feste o memorie. In questo tuo esempio il giorno 31.12. abbiamo celebrato la Festa della Sacra Famiglia che veniva seguita dalla Solennità della Madre di Dio. E' per questo che era possibile, la sera del 31 celebrare la messa cd. prefestiva. L'altro esempio è simile a questo. La Solennità dell'Epifania nell'antichità Cristiana era una delle più grandi feste, subito dopo la Pasqua. Nell'Occidente, oggi, è prevalso il Natale ma le Chiese Orientali, ancora oggi celebrano l'Epifania molto più solennemente di noi. Un'altro problema è quello della messa di precetto. Uno che ci crede davvero, che ama Cristo e la sua Chiesa non si chiede se ha soddisfatto il precetto (cioè è andato a messa soltanto quando è stato obbligato dal Diritto Canonico e/o dai Comandamenti). Il Cristiano vive dalla celebrazione perché lì, in modo speciale e particolare può incontrare suo Signore, può cibarsi del suo Corpo. Vive nella sua presenza ogni giorno, e ogni ora. La Domenica è il giorno privilegiato per noi perché è in quel giorno che Cristo ha vinto la morte, è risuscitato e da quel momento noi abbiamo la sua vita, la vita eterna. E' in quel giorno, che la Comunità Cristiana, la comunità della parrocchia è convocata da Cristo stesso all'incontro con lui. La Domenica è infatti chiamata la Pasqua settimanale. Il discorso simile vale anche al precetto di confessione una volta all'anno. Vedi che parlare del precetto è un po' riduttivo. Noi non siamo schiavi, almeno non più. Siamo figli e fratelli suoi, come possiamo dunque parlare dell'obbligo? Spero di esserti stato d'aiuto. Scrivi pure se hai ancora dubbi. Noi siamo qui. E saremo contenti di aiutare tutti.
- Quali sono le norme liturgiche per l'Esposizione del Santissimo Sacramento, in particolare per la Diocesi di Roma fatta da una religiosa? Può una suora esporre il Santissimo per l'adorazione perpetua?
- Bisognerebbe rivolgersi direttamente al Vicariato, presso san Giovanni in Laterano. Non credo esistano norme particolari per la diocesi di RM, ci sono quelle generali. Innanzitutto l'esposizione perpetua, perché di questa si tratta se il santissimo viene esposto tutta la giornata, ha bisogno di un permesso particolare (fuorché si trattasse di una tantum - una al mese ad esempio e per la sola comunità, senza afflusso del popolo).
Anche i consacrati, se non ministri dell'eucaristia, cadono sotto la legge generale e senza permesso particolare (ad personam) non possono effettuare atti liturgici del genere. L'adorazione eucaristica è sempre un atto liturgico anche se fatto in modo meno solenne.
Può rivolgersi direttamente al Vicariato all'Ufficio liturgico o all'Ufficio degli Istituti di Vita concasrata. Senz'altro potranno darle tutte le spiegazioni. - Oggi il prete ha detto un altro CREDO durante la messa. Come mai??
- Ci sono diversi modi per esprimere la nostra fede durante la celebrazione eucaristica. Il testo più usato è quello che usiamo quasi tutte le domeniche. Nel tempo pasquale il messale propone e suggerisce di sostituirlo con un altro testo, con il Credo detto "Apostolico". E' un testo molto antico, più breve del precedente. Può essere usato nella liturgia come quello ordinario. Si può qualche volta, in modo particolare nei giorni con il carattere battesimale, proporre alla comunità il Credo del Rituale battesimale, o quello della Veglia Pasquale anche con la rinnovazione delle promesse battesimali ed aspersione con l'aqua benedetta.
- E' vero che per il tempo di Pasqua sull'altare ci debba essere il cero pasquale e non la croce?
- Cara Annarita,
La Croce di Cristo è un simbolo per eccellenza di noi, Cristiani. E' sempre presente vicino all'altare, anche se per qualche giorno dell'anno viene coperta. Il cero pasquale, il segno di Cristo Risorto e la Luce che illumina il nostro cammino, viene collocato accanto all'ambone presso la quale si legge il Vangelo. E' li' fino alla solennità di Pentecoste.
La fonte è il Cerimoniale dei Vescovi e il Messale.