preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
Un salmista, un cantore di Dio, un cantore dei tempi remoti, nella sua preghiera che rivolgeva a Dio afferma: «nella tua luce vediamo la luce». Solo con la tua luce, con la tua sapienza, possiamo, in qualche modo, capire le cose di Dio, scrutare i segreti di Dio, entrare in contatto con Lui. E queste parole del salmista, anche se antiche, sono vere anche oggi. Nonostante tante scoperte, nonostante tante invenzioni, tanti miracoli tecnologici non possiamo e non potremo mai capire fino in fondo, penetrare nei pensieri divini, comprendere il senso profondo delle sue parole, il significato, la portata, e in modo particolare, quando si tratta delle parole, degli insegnamenti di Gesù, della Sapienza del Figlio di Dio, Verbo eterno del Padre. C'è un grande rischio, un grande pericolo. Possiamo, con le nostre categorie del pensare, possiamo ridurre le grandi verità, i grandi insegnamenti di Gesù... possiamo ridurli alle nostre piccole cose.
Ed è proprio ciò che accade nel brano evangelico di oggi. Siamo stati testimoni anche noi in queste domeniche, nelle eucaristie, nelle messe di queste settimane di agosto, abbiamo ascoltato anche noi le grandi verità sul pane di vita, abbiamo sentito anche noi che senza nutrirci di questo pane, senza bere il suo sangue non possiamo vivere. Non solo... è lui, è Gesù il pane di cui dobbiamo nutrirci, e ancora di più, dobbiamo mangiare la sua carne, bere il suo sangue, per poter vivere. I discepoli, gli apostoli si scandalizzano, «questo linguaggio è duro, chi mai potrà intenderlo». Ecco ciò che accade quando cerchiamo, quando proviamo di capire le parole, gli insegnamenti di Gesù con le nostre categorie, con i nostri concetti. La sublime proposta di Cristo di farsi cibo e bevanda di vita viene definita dai suoi più intimi, discorso duro, incomprensibile, assurdo. È la debolezza della nostra fede a farci dire i nostri dubbi. E l'evangelista sottolinea che Gesù sapeva che tra di loro ci sono alcuni che non ci credono, sapeva che sono lì presenti solo perché hanno mangiato e si sono saziati dei pani moltiplicati, sapeva perfino chi era colui che lo avrebbe tradito, l'avrebbe venduto per trenta denari... E forse qualcuno si è sentito scoperto nelle sue umane, meschine motivazioni. Chi o che cosa vogliamo servire?
Anche nella prima lettura il popolo è stato messo davanti ad una scelta: volete servire il nostro Dio o volete servire gli déi stranieri? Ecco la domanda di oggi: la stessa domanda la pone Gesù ai discepoli... Forse volete andarvene anche voi? E' facile andarsene, è facile abbandonare tutto, è facile abbattersi, alzando su le braccia... E non solo per ciò che riguarda le cose della fede... San Paolo ci parlava della famiglia, dei mariti che amano le proprie mogli, delle mogli che amano i mariti, come Cristo ama la Chiesa, come Cristo che ha dato la vita per la sua Chiesa... E anche lì, nelle famiglia, quando c'è qualcosa che non va, qualcosa che non funziona, è facile andarsene, è più difficile invece amare come Cristo, che ama la propria Chiesa, la ama anche quando essa va per proprie strade, la ama anche quando è peccatrice, la ama fino a dare la vita per lei...
Forse anche voi volete andarvene? È Simon Pietro a salvare la situazione: «Signore, e dove andremo, solo tu hai parole di vita eterna...».
Questa è la vera risposta, questa è la vera intelligenza, la vera luce nella quale vediamo la Luce. Non quella umana che cerca un po' di pane, ma quella divina che cerca la vita, la Vita, la Vita eterna. Possiamo andare ovunque, possiamo vagare per il mondo, e oggi tanti sono gli inviti... Ma la verità è una sola, «inquieto è il cuore dell'uomo, finché non riposi in Te o Dio...». Come gli apostoli abbiamo ascoltato la sua Parola. Ora anche a noi il Signore rivolge la stessa domanda: «Forse anche voi volete andarvene?» Ognuno risponda nel silenzio del cuore. Come gli apostoli, come Pietro... «Signore, e dove andremo? solo tu hai parole di vita, di Vita eterna».
Dio ascolta realmente la nostra povera voce, le nostre fragili parole.
L'UMILTÀ Ecco, quando il monaco avrà asceso tutti questi gradini dell'umiltà, allora giungerà a quell'amore che, essendo perfetto, scaccia via il timore (1 Gv 4,18); e per mezzo di esso tutto ciò che prima osservava non senza una certa paura, comincerà ora a compierlo senza alcuna fatica ma quasi naturalmente, come per abitudine, non già per timore dell'inferno, ma per amore di Cristo, per la stessa buona abitudine e per il gusto della virtù. Tutto questo il Signore si degnerà di mostrare, per mezzo dello Spirito Santo, nel suo operaio ormai purificato dai vizi e dai peccati!
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