preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
"Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato nessun segno fuorché il segno di Giona". La mancanza di fede induce a cercare segni e prodigi straordinari. Vorrebbe un Dio che dà spettacolo di potenza e di onnipotenza, secondo i criteri umani. Il Signore però, nella Rivelazione, ci ha fatto conoscere tutto quanto ci occorre per essere illuminati dalla verità e ben alimentati nella fede. Inoltre le folle che si accalcavano intorno a Gesù avevano il privilegio di appartenere al popolo eletto, al primo depositario della parola rivelata. La storia di quel popolo, purtroppo è però cosparsa di tradimenti e di infedeltà. Anche l'ultima e la più grande ed evidente manifestazione, Gesù - Verbo incarnato, il segno per eccellenza della manifestazione del Padre, viene accolto con la contestazione, la diffidenza, l'aperta avversione. Neanche il segno di Giona, sarà sufficiente ad indurre alla conversione e alla fede. Gesù dirà: "Ecco ben più di Giona c'è qui!". Dobbiamo implorarlo ed alimentarlo continuamente il dono della fede. L'arroganza conduce alla malvagità: c'è una ricorrente tentazione per l'uomo, quella di pretendere di scrutare e giudicare i pensieri di Dio. Egli già ci ha ammonito solennemente: "I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie. Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri". Quindi non sono i segni su nostra richiesta che possono convincerci dell'esistenza di Dio e delle sue spontanee teofanìe, ma l'umile accoglienza di quanto già rivelato. L'umile accoglienza della parola di Dio e del Vangelo di Gesù Cristo è la fonte sufficiente da cui possiamo e dobbiamo attingere tutte le verità che ci occorrono per la nostra salvezza.
Pazienza L'abba Pastor diceva: «Quali che siano le tue pene, la vittoria su di esse sta nel silenzio».
Un giorno che i fratelli si erano riuniti a Scete, alcuni anziani vollero mettere alla prova l'abba Mosè: si fecero sprezzanti e gli dissero: «Perché questa specie di etiope viene tra noi?». L'abate tacque udendo queste parole. Di ritorno dall'assemblea, quelli che lo avevano ingiuriosamente trattato gli dissero: «Non sei turbato?». Egli rispose: «Sono turbato, ma non dico niente».
I VECCHI E I FANCIULLI Sebbene la natura umana sia per se stessa portata a compassione verso queste due età, cioè dei vecchi e dei fanciulli, tuttavia è bene che intervenga in loro favore anche l'autorità della Regola. Si tenga sempre conto della loro debolezza e non si applichi affatto ad essi il rigore della Regola riguardo al vitto; si abbia piuttosto verso di loro un'amorevole condiscendenza e anticipino pure le ore regolari dei pasti.
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