preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
“Ma Gesù disse ai Giudei: «Il Padre mio agisce anch'io agisco». Per questo i Giudei cercavano ancor più di ucciderlo, perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio”. Nel Vangelo di oggi, emerge una cosa intollerabile per i contemporanei di Gesù: la sua relazione strettissima con Dio, fino al punto da chiamarlo Padre. Ma il fatto è che per Gesù non è solo un modo di dire, Egli è veramente il Figlio di Dio. La cosa più interessante è notare che il segreto della missione di Gesù è esattamente in questa profonda relazione con il Padre. Infatti un amico diceva: una volta nella vita capita di sentirsi talmente tanto voluto bene da qualcuno, di sentirsi importante agli occhi di qualcuno, da trovare proprio in questo la forza per affrontare tutto, anche le cose più difficili. Invece è faticoso affrontare la vita se non ti senti voluto bene, se non senti un po’ di fiducia, se non senti un’appartenenza. Gesù trova questa energia: nell’Amore senza limite del Padre. “Il Padre infatti ama il Figlio, gli manifesta tutto quello che fa e gli manifesterà opere ancora più grandi di queste, e voi ne resterete meravigliati”. Ma la lieta notizia del Vangelo è sapere che questo segreto di Gesù non è solo per Lui perché è venuto a dare a ciascuno di noi un Padre. Chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato dice Gesù. È proprio in questa relazione con Lui che troviamo l’energia necessaria per affrontare la vita. “In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita”. La quaresima è anche tempo di ridare vita alla nostra relazione con Dio. Aveva ragione allora San Paolo VI quando si rivolgeva a Gesù lo pregava così: “Tu ci sei necessario!”. La gioia del Signore sia sempre la nostra forza.
Fu domandato a un anziano: «Come avviene che io mi scoraggi senza tregua?». «Perché non hai ancora visto la meta», rispose.
QUALE DEVE ESSERE IL CELLERARIO DEL MONASTERO Come cellerario del monastero sia scelto uno dei membri della comunità che sia saggio, maturo, sobrio, non mangione, non superbo, non turbolento, non insolente, non gretto, non prodigo, ma pieno di timor di Dio e che sia come un padre per tutta la comunità. Abbia cura di tutti; non faccia nulla senza il consenso dell'abate; si attenga agli ordini ricevuti. Non contristi i fratelli; se per caso uno di loro gli chiede qualcosa fuori posto, non lo rattristi respingendolo con disprezzo, ma con buone ragioni e con umiltà dica di no alla sua richiesta inopportuna. Abbia cura della propria anima, memore sempre di quel detto dell'apostolo che chi avrà ben servito si acquisterà un grado onorifico (1 Tm 3,13). Riservi ogni premura con la massima sollecitudine specialmente agli infermi, ai fanciulli, agli ospiti e ai poveri, ben sapendo che di tutti questi dovrà rendere conto nel giorno del giudizio.
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