Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)

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Commento alle Letture

Venerdì 22 marzo 2013

Per quali delle opere volete lapidarmi?

Il grido di disperazione e di implorazione di Geremia richiama la situazione affrontata da Gesù nell'imminenza della passione. I persecutori non rimarranno impuniti. Oltre il destino politico, il profeta invita alla lode: “Cantate inni al Signore, lodate il Signore, perché ha liberato la vita del povero dalle mani dei malfattori”. Nel momento della prova, il giusto sofferente esprime la sua fede: “Il Signore è al mio fianco come un prode valoroso, per questo i miei persecutori cadranno e non potranno prevalere”. Anche quando la vita quotidiana si fa difficile, il credente si appoggia su Dio, perché avverte il valore della sofferenza nell'ambito della redenzione e della salvezza. La sofferenza si trasforma in preghiera che invoca: "nell'angoscia ti prego: salvami, Signore". Nel vangelo di san Giovanni invece, l'opposizione di alcuni giudei non si estingue. Nel brano odierno del Vangelo si criticano le opere di Gesù e in particolare la sua affermazione di essere figlio di Dio: questa sarebbe una bestemmia meritevole di lapidazione. Ogni tentativo di far ragionare, risulta inefficace. In seguito, Gesù torna alle sue origini ministeriali: “nel luogo dove prima Giovanni battezzava, e qui si fermò”. In quel luogo, in cui era nata la vocazione dei primi discepoli, l'evangelista annota: “in quel luogo molti credettero in lui”. Tornare alle origini, significa ricuperare il fermento iniziale e sentire nuovamente il messaggio di conversione e di fede proclamata da Giovanni Battista e dallo stesso Gesù.


Apoftegmi - Detti dei Padri

Gregorio disse: «Che la tua opera sia pura per la presenza del Signore e non per l'ostentazione».


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

QUALE DEVE ESSERE IL GRADO DELLA SCOMUNICA

La misura della scomunica o del castigo corporale deve essere proporzionata alla gravità della colpa; e la valutazione di questa dipende esclusivamente dal giudizio dell'abate. Se un fratello comunque si rende colpevole di colpe leggere sia privato della partecipazione alla mensa comune. Per chi viene escluso dalla mensa si usi questa norma: non canti da solo in coro né salmo né antifona né proclami le letture, finché non abbia fatto la soddisfazione; inoltre prenda il pasto da solo dopo la refezione dei fratelli; così, per esempio, se i fratelli mangiano all'ora sesta, egli mangi a nona; se i fratelli a nona, egli a vespro, finché, dopo un'adeguata soddisfazione, non abbia ottenuto il perdono.


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