preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
Gesù quando vuole rendere più incisivo il suo insegnamento, ricorre spesso a segni e parabole, con l'intento di smuovere gli ascoltatori a riflessioni più profonde e ad un confronto più efficace. Alla disputa dei suoi apostoli su chi di loro fosse il più grande, il Signore risponde con una efficacissima gestualità. Prende un fanciullo, se lo mette vicino e poi pronunzia il suo insegnamento: «Chi accoglie questo fanciullo nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato. Poiché chi è il più piccolo tra tutti voi, questi è grande». La grandezza Gesù l'identifica con la semplicità e l'innocenza di un bambino e con la capacità di accoglierlo. È davvero sconvolgente per noi, spesso affascinati da manìe di grandezza, sentirci dire che «il più piccolo» è davvero grande agli occhi di Dio. Dobbiamo allora concludere che per essere grandi, bisogna essere capaci di amare e di servire gli altri nella gratuità completa. Bisogna dotarsi della virtù dell'umiltà, che ci rende semplici come bambini. Nell'ultima cena Gesù offrì un luminoso esempio di grandezza ai suoi discepoli: si prostrò dinanzi a tutti per lavare loro i piedi, come fa lo schiavo con il suo padrone. Poi pronunciò la sua sentenza: «Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato infatti l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi». In altra occasione ci darà la misura più sublime dell'amore che è il dono della vita. L'umiltà del cuore e la semplicità dei bambini ci liberano anche da assurde gelosie, come quella che nutre Giovanni nei confronti di quell'anonimo, che scaccia i demoni nel nome di Cristo, senza appartenere alla schiera dei discepoli. Gesù conclude: «non glielo impedite, perché chi non è contro di voi è per voi». Probabilmente quell'esorcista aveva solo ascoltato e preso sul serio quanto Gesù aveva affermato: «Qualunque cosa chiederete nel mio nome, il Padre celeste ve lo concederà».
L'abate Giovanni ha detto: «Questa parola è scritta nel Vangelo: "Quando Gesù chiamò Lazzaro fuori dal sepolcro, le sue mani e i suoi piedi erano legati e il suo viso cinto da un lino; Gesù lo sciolse e lo congedò. Noi dunque abbiamo le mani e i piedi legati e il nostro viso è stato coperto con un lino dalle mani del nemico? Se dunque ascoltiamo Gesù, Egli ci slegherà da tutto questo e ci libererà dalla schiavitù di tutti questi cattivi pensieri. Saremo allora figli del Signore, riceveremo le promesse in eredità e saremo figli del Regno Eterno».
SE I FRATELLI USCITI DAL MONASTERO DEVONO ESSERE ACCETTATI DI NUOVO Se un fratello, che per propria colpa ha lasciato il (o è stato espulso dal) monastero, vorrà rientrare, prima prometta di emendarsi totalmente del difetto per cui è uscito; e allora sia accettato, ma all'ultimo posto per provare così la sua umiltà. Se poi uscirà di nuovo, potrà essere riammesso alle stesse condizioni fino alla terza volta; ma sappia che in seguito gli sarà negata ogni possibilità di ritorno.
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