preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre mio, per quale di esse mi volete lapidare? In un breve pensiero il Signore svela una grande verità: la vera identità di Gesù è quella di essere "Figlio di Dio", mandato dal Padre a salvare il mondo. Ma la prova più evidente della sua innocenza e della verità sono i suoi miracoli: il Padre non compirebbe tali opere per mezzo di lui, se Gesù fosse un bestemmiatore. I giudei comprendono bene le sue parole. Sanno che Dio non opera con i peccatori. Lo hanno capito ma lo respingono. Sono increduli e tentano di lapidarlo. Gesù in un primo momento non si sottrae alla loro rabbia... ma deve aver fatto balenare il fascino della sua personalità, se le pietre restarono nelle mani dei giudei. Con una acutezza tagliente egli propone ancora alla loro considerazione l'unità tra la sua parola e le sue opere: le opere compiute incontestabilmente con la potenza del Padre confermano la legittimità delle sue affermazioni. Anche noi, qualche volta mostriamo questo atteggiamento di "incredulità" nei confronti di Gesù, dimenticandoci che Dio lo incontriamo definitivamente e veramente solo in Cristo. Chiediamo dal cuore questo incontro personale, che si compie in modo tutto speciale nei sacramenti, nella confessione e nella santa comunione. Avviciniamoci a lui con fede e speranza ed egli ci accoglierà dandoci la veste nuova dei figli di Dio.
L'abba Antonio predisse all'abba Amun: «Tu farai molti progressi nel timore di Dio». Poi lo condusse fuori dalla cella e gli mostrò una pietra: «Mettiti a ingiuriare questa pietra», gli disse, «e colpiscila senza smettere». Quando Amun ebbe terminato, sant'Antonio domandò se la pietra gli avesse risposto qualcosa. «No», disse Amun. «Ebbene! anche tu», aggiunse l'anziano, «devi raggiungere questa perfezione».
SE I MONACI POSSONO AVERE ALCUNCHÉ DI PROPRIO Nel monastero bisogna estirpare fin dalle radici soprattutto questo vizio: che nessuno ardisca dare o ricevere qualcosa senza il permesso dell'abate; né avere alcunché di proprio, nulla nel modo più assoluto: né libro, né tavolette, né stilo, proprio niente insomma; dal momento che ai monaci non è lecito disporre nemmeno del proprio corpo e della propria volontà. Tutto il necessario invece lo devono sperare dal padre del monastero; e non sia lecito avere alcuna cosa che l'abate non abbia data o permessa. Tutto sia comune a tutti - come sta scritto - e nessuno dica o ritenga qualcosa come sua proprietà (At 4,32). E se si scoprirà un fratello che asseconda questo pessimo vizio sia ripreso una prima e una seconda volta; se non si corregge, sia sottoposto alla disciplina regolare.
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