preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
Isaia denuncia la falsa autenticità di comportamenti superficiali di preghiera e di astinenze in cui l'esteriorità e la superficialità non esprimono un vero desiderio di Dio, e nascondono ingiustizie sociali. Occorre sensibilità nei confronti dei poveri e degli indigenti per essere esauditi dal Padre: "Allora la tua luce sorgerà come l'aurora, la tua ferita si rimarginerà presto. Davanti a te camminerà la tua giustizia, la gloria del Signore ti seguirà Allora lo invocherai e il Signore ti risponderà; implorerai aiuto ed egli ti dirà: Eccomi, se toglierai di mezzo a te l'oppressione, il puntare il dito e il parlare empio".(Isaia 58, 9). In questa prospettiva si canta il ritornello del salmo 50: "Tu capisci, Signore, il cuore penitente". Dio è sempre vicino al penitente umile, coraggioso e leale, che invoca: "Signore, sciogli le mie catene inique" (Isaia 58, 6). La Quaresima invita al coraggio della verità degli atti e delle scelte. Il testo di Matteo asserisce indirettamente la presenza del Messia; pertanto i discepoli non possono essere imprigionati dal digiuno giudaico; Cristo infatti ha inaugurato la "nuova giustizia". La comunità ecclesiale capisce il vero significato del digiuno e delle pratiche ascetiche, con un riferimento cristologico e un orientamento di solidarietà. Tale è la prospettiva di una santità evangelica, che si alimenta della Parola di Dio. Il legame con Cristo Salvatore è il punto di partenza per un impegno morale autenticamente evangelico, ispirato dallo Spirito di verità, che nutre anche il comportamento sociale e suscita tanti gesti eroici, per esempio: Teresa di Calcutta, Massimiliano Kolbe, fino ai tanti altri odierni martiri e testimoni che non hanno esitato a scegliere sempre i valori essenziali.
Come pregare? «Alcuni chiesero al padre Macario: "Come dobbiamo pregare?". L'anziano rispose loro: "Non c'è bisogno di dire vane parole, ma di tendere le mani e dire: - Signore, come vuoi e come sai, abbi pietà di me. Quando sopraggiunge una tentazione, basta dire: - Signore, aiutami!. Poiché egli sa cosa è bene per noi e ci fa misericordia".
L'UMILTÀ Il dodicesimo gradino dell'umiltà si sale quando il monaco non solo è umile nel suo cuore, ma anche nell'atteggiamento esteriore dà sempre prova di umiltà a chi lo osserva; e cioè: durante l'Ufficio divino, in chiesa, all'interno del monastero, nell'orto, per via, nei campi, dappertutto insomma, stando seduto o camminando o in piedi, tiene sempre il capo chino e lo sguardo fisso a terra; ritenendosi sempre colpevole per i suoi peccati e i suoi vizi e vedendosi già comparire di fronte al tremendo giudizio di Dio; e ripete continuamente in cuor suo ciò che, con gli occhi fissi a terra, diceva il pubblicano del vangelo: «Signore, non sono degno io peccatore di alzare gli occhi al cielo» (cf. Lc 18,13); e ancora col profeta: «Mi sono curvato e umiliato fino all'estremo» (Sal 37,9 Volg.).
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