Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)

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Commento alle Letture

Giovedì 09 febbraio 2006

"Per questa tua parola va', il demonio è uscito da tua figlia".

Il Vangelo di oggi ci suggerisce un confronto che sembra improponibile. Alla Parola di Dio si confronta la povera parola umana. Oltretutto è la parola di una donna pagana, che quindi sembra esclusa anche dal messaggio del Signore, esclusa dalla sola possibilità di rivolgersi a Gesù. All'azione di Dio si presenta la supplica e la domanda di una madre. È un confronto molto serrato che si svolge su una precisa traiettoria, che lo stesso Gesù Cristo propone. Cosa mai può legare il Dio che sembra lontano ed inaccessibile a questa donna che domanda e chiede con insistenza? La misericordia e la compassione di Gesù Cristo, certamente; il Mistero dell'Incarnazione ci insegna proprio questo: il desiderio di Dio di diventare come noi. È Dio che si china con il suo sguardo di amore, come una madre verso il suo bimbo. Senza questo Mistero d'amore questa donna non avrebbe potuto riconoscere in Gesù il Cristo Salvatore. È proprio qui allora l'altro punto che il Vangelo ci insegna: la fede. Solo tramite essa possiamo parlare veramente con il Signore; solo con la fede possiamo attingere al suo infinito mistero di amore. Il messaggio di oggi è l'invito alla salvezza; contiene quella grande consolazione che ci rende evidente come la misericordia di Dio non ha confini; ma è anche l'appello vero alla nostra fede. La salvezza è reale e concreta solo con la nostra conversione in una fede pura.


Apoftegmi - Detti dei Padri

«Abba Poemen ha riportato queste parole di abba Ammone: "Un uomo passa tutto il suo tempo a portare la scure e non riesce ad abbattere l'albero; c'è un altro invece che è esperto nel tagliare e con pochi colpi lo fa cadere". E diceva che la scure è il discernimento».


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

L'UMILTÀ

Quindi, fratelli, se vogliamo toccare la vetta della più grande umiltà, se vogliamo giungere velocemente alla esaltazione celeste a cui si sale attraverso l'umiltà della vita presente, dobbiamo innalzare, ascendendo con le nostre azioni, quella scala che apparve in sogno a Giacobbe e per la quale egli vide angeli che scendevano e salivano (cf. Gen 28,12). Per noi quel discendere e quel salire stanno senz'altro a significare che con la superbia si discende e con l'umiltà si sale.


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