preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
E' frutto di una falsa ed erronea religiosità la smania di leggere la vita come un cammino verso la fine e gli eventi del mondo sempre in chiave catastrofica. Tali pensieri non corrispondenti alla verità, ingenerano una falsa idea di Dio. Lo facciamo apparire come un dio vendicativo verso di noi e distruttivo del suo bel creato. E' vero che accadono ogni giorno eventi tristi e funesti, è vero che le disgrazie ci accompagnano e molti timori ci assalgono, ma Gesù ci ripete ancora che, per la forza del suo amore e per l'opera della sua redenzione, tutto converge ad un fine prestabilito e voluto dal Padre ed è la salvezza universale. Le stesse persecuzioni, ormai la storia stessa ce lo conferma, hanno offerto in passato e ancora ci offrono la magnifica occasione di dare la nostra testimonianza di fedeltà: "Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime". Tutto dobbiamo leggere alla luce della croce e della risurrezione di Cristo altrimenti tutto affoga in un sepolcro di morte e nulla si risolve delle vicende umane. Un sano ottimismo deve pervadere la nostra esistenza. Dopo che la redenzione è entrata a correggere tutti gli errori umani e a dare un senso a tutte le nostre assurdità è Cristo stesso a farsi garante della nostra salvezza: "Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e metteranno a morte alcuni di voi; sarete odiati da tutti per causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo perirà". Costatiamo che ancora ai nostri giorni molti vedono la "fine" identificandola con la morte fisica: è l'inevitabile fatale errore di chi non spera nella risurrezione e non sa dare le ali al proprio spirito alimentandolo con la fede.
L'Abba Hor disse al suo discepolo: Bada di non portare mai in questa cella le parole di un altro.
NORME PER L'ACCETTAZIONE DEI FRATELLI Allora se, dopo matura riflessione, promette di osservare tutto e di obbedire a ogni comando che riceverà, sia accolto nella comunità, ben sapendo che anche l'autorità della Regola stabilisce che da quel momento non gli è più lecito uscire dal monastero, né scuotere il collo dal giogo della Regola che in sì lungo periodo di riflessione era libero di rifiutare o di accettare.
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