preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
Ultimo dei padri latini, sant'Isidoro venne sempre riguardato come il più illustre dottore della Chiesa di Spagna. Ebbe i natali a Siviglia verso il 560. Morto suo padre, fu educato dal fratello Leandro. Eletto vescovo della sua città, scrisse con grande erudizione molti libri intorno ai più svariati argomenti. Presiedette in Spagna molti concili ch'egli stesso aveva riuniti e nei quali furono prese sagge disposizioni per il bene della Chiesa. In mezzo a tante fatiche del ministero, non trascurò mai le pratiche di pietà e l'esercizio della vita interiore: con la preghiera, la meditazione e la penitenza avvalorava tutte le azioni della giornata. La sua morte avvenne nel 636.
Sant'Isidoro, vescovo e dottore della Chiesa, che, discepolo di suo fratello Leandro, gli succedette nella sede di Siviglia nell'Andalusia in Spagna; scrisse molte opere erudite, convocò e presiedette vari concili e si adoperò sapientemente per il bene della fede cattolica e per l'osservanza della disciplina ecclesiastica.
Dai «Libri delle sentenze» di sant'Isidoro, vescovo
La preghiera ci purifica, la lettura ci istruisce. Usiamo dell'una e dell'altra, se è possibile, perché tutte e due sono cose buone. Se ciò tuttavia non fosse possibile, è meglio pregare che leggere. Chi vuol stare sempre con Dio, deve pregare e leggere continuamente. Quando preghiamo, parliamo con Dio stesso; quando invece leggiamo è Dio che parla a noi.
Ogni progresso viene dalla lettura e dalla meditazione. Doppio è il vantaggio che riceviamo dalla lettura della Sacra Scrittura. Essa illumina il nostro intelletto, e conduce l'uomo all'amore di Dio, dopo di averlo strappato alle vanità del mondo.
Doppio è anche il fine che dobbiamo prefiggerci nella lettura: innanzi tutto cercar di capire il senso della Scrittura, in secondo luogo adoperarci per proclamarla con la maggiore dignità ed efficacia possibile. Chi legge infatti cerca prima di tutto di capire quello che legge. Il bravo lettore non si preoccupa tanto di conoscere quello che legge, quanto piuttosto di metterlo in pratica.
Nessuno può penetrare il senso della Sacra Scrittura, se non la legge con assiduità, secondo quanto sta scritto: Amala e ti porterà in alto; quando l'avrai abbracciata, essa sarà la tua gloria (cfr. Pro 4, 8). Quanto più si è assidui nel leggere la Scrittura, tanto più ricca è l'intelligenza che se ne ha, come avviene per la terra che, quanto più si coltiva, tanto più produce.
Vi sono alcuni che hanno una buona intelligenza, ma trascurano la lettura dei testi sacri, sicché con la loro negligenza dimostrano di disprezzare quello che potrebbero imparare con la lettura. Altri invece avrebbero desiderio di sapere, ma sono impediti dalla loro impreparazione.
Come chi è tardo di intelletto riesce col suo impegno a raccogliere il frutto della sua diligenza nello studio, così chi trascura il dono dell'intelletto che Dio gli ha dato, si rende reo di condanna, perché disprezza un dono ricevuto e lo lascia infruttuoso.
Se la dottrina non è sostenuta dalla grazia non giunge sino al cuore anche se entra nelle orecchie. Fa strepito al di fuori, ma nulla giova alla nostra anima.
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