Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)

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I Santi del giorno

Lunedì 12 luglio 2004

San Giovanni Gualberto

Abate (Memoria facoltativa)

BIOGRAFIA

Morto nel 1073. Fiorentino di nascita, membro dela nobile famiglia Visdomini, durante la gioventù fu dedito ai divertimenti mondani fino a che in un Venerdì Santo, dopo aver perdonato gli assassini del fratello, vide l'immagine del crocifisso curvarsi miracolosamente sul suo capo in riconoscimento della bontà del suo atto. Allora Giovanni divenne benedettino nell'abbazia fiorentina di San Miniato al Monte, ma, a causa del nuovo abate simoniaco Uberto, lasciò il monastero e si ritirò a Vallombrosa ("Vallis Ombrosa") presso Fiesole, sotto la Regola di san Benedetto. Presto il suo cenobio diede origine ad una grande congregazione, che si diffuse soprattutto in Toscana ed in Lombardia; san Giovanni morì a Passignano, uno dei monasteri che aveva fondato, e fu canonizzato nel 1193.

MARTIROLOGIO

A Passignano in Toscana, san Giovanni Gualberto, abate, che, soldato fiorentino, perdonò per amore di Cristo l'uccisore di suo fratello e, vestito poi l'abito monastico, desideroso di condurre una vita di maggior rigore, gettò a Vallombrosa le fondamenta di una nuova famiglia monastica.

DAGLI SCRITTI...

"Lettere sulla carità" di san Giovanni Gualberto, abate.
Giovanni abate, a tutti i confratelli a lui uniti nella carità fraterna, salute e benedizione. Essendo io già da lungo tempo gravemente infermo, attendo di giorno in giorno che Dio accolga al mia anima e che la terra del mio corpo ritorni alla terra da cui fu tratta. Non c'è da meravigliarsene, perché l'età stessa, anche senza il peso di una così grave malattia, mi ricorda ogni giorno di vivere in questa attesa. Veramente pensavo di passare da questa vita in silenzio, quasi di nascosto; ma riflettendo al nome e alla carica che, benché indegno, ho dovuto occupare in questa vita transitoria, ho giudicato utile dirvi qualcosa sul vincolo della carità, non già come cosa nostra e nuova, ma ripetendo brevemente e come di corsa quel che già ascoltate ogni giorno intorno a questo argomento. La carità è, senza dubbio, quella virtù che ha spinto il Creatore di tutte le cose a farsi creatura. È la virtù che egli ha raccomandato agli apostoli come sintesi di tutti i comandamenti, dicendo: "Questo è il mio comandamento, che vi amiate gli uni gli altri" (Gv 15, 12).
Di essa parla l'apostolo Giacomo dicendo: "Chiunque osservi tutta la legge, ma la trasgredisca anche in un punto solo, diventa colpevole di tutto" (Gc 2, 10). Di questa virtù l'apostolo Pietro afferma: "La carità copre una moltitudine di peccati" (1Pt 4, 8).
Da tutto questo possiamo concludere che se possediamo la carità, possiamo coprire tutti i peccati, mentre per quelli che credono di avere tutte le altre virtù, nulla vale senza di questa. Chi è superbo e disubbidiente, sentendo questa mia affermazione, pensa di possedere la carità per il fatto che rimane corporalmente insieme con i fratelli. ma ecco che il beato Gregorio lo disinganna da questa falsa opinione e indica giustamente il fine della carità dicendo: Ama perfettamente Dio chi non lascia per sé nulla di sé.
Ma non so come parlare in particolare sulla carità, conoscendo che tutti i precetti emanano da questa radice. Se molti sono i rami delle opere buone, una sola è la radice: la carità. Nel suo ardore i cattivi non possono perseverare a lungo, come ci dice il nostro Signore e Salvatore: "L'amore di molti si raffredderà" (Mt 24, 12). Sopra costoro che si sono raffreddati nell'amore e si sono separati dall'unità, l'apostolo Giovanni piange e sospira, dicendo: "Sono usciti di mezzo a noi, ma non erano dei nostri; se fossero stati dei nostri, sarebbero rimasti con noi" (1 Gv 2, 19).
Se le cose stanno così, anzi proprio perché stanno realmente così, ogni fedele deve sempre considerare come potersi unire ad un bene così grande e cercare con impegno di trarre con sé verso di esso anche i suoi compagni nella via del Signore. Come i reprobi, abbandonando la carità, si separano dal corpo di Cristo, così gli eletti, abbracciandola con sincerità si uniscono stabilmente allo stesso corpo di Cristo.
Per custodire poi inviolabilmente questa virtù, è immensamente utile la comunione dei fratelli raccolti insieme sotto il governo di una sola persona. Come infatti il fiume si prosciuga nel suo letto se si divide in tanti rigagnoli, così l'unione fraterna è meno utile ai singoli, se si disperde qua e là.
Perciò, affinché questa carità resti a lungo inviolabile tra voi, voglio che dopo la mia morte la vostra cura e direzione siano affidate al padre Rodolfo, almeno nella stessa misura in cui dipendevano da me durante la mia vita. Addio.



 

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